All Apologies

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Ricordo che al cimitero c'erano: Thomas, Andrea, Jemi, Picchio, Mauro e Zac. Spaccarono qualche croce, buttarono a terra le scale, distrussero lampadine e aprirono a calci le porte delle casette. I bidoni della spazzatura volavano di qua e di là. Si misero a giocare con le scope e ad accendere e spegnere i contatori.  Erano completamente ubriachi. Ridevano per tutto. Picchio salì su una tomba e disse: “Sono Elvis, guardatemi!”
Thomas continuò staccando vasi di fiori, rompendoli e calpestando la terra sotto la quale erano sepolti i defunti. Si coricorono anche dentro alcuni loculi vuoti e urlarono parolacce e bestemmie. 
Più tardi, quando fece buio, entrarono anche i metallari, Andrea Tosi, Lo Zio e Checco Collu. Ogni tanto uscivano al parco, con noi. Portarono birra e un altro bottiglione di vino che, appena finito, ovvimente spaccarono sui tombini; lo trovarono esilarante, divertentissimo. Checco Collu camminava lungo le file, guardando con l'accendino le foto dei defunti, e li prendeva in giro: “Che brutto questo, meno male che è morto”.
Thomas faceva di peggio. Li sputava.
“Smettila!” gli dicevano tutti quanti. Jemi rideva come un idiota. Aveva tutti i denti macchiati di vino. Il biondino era contento di vederlo sballato. Andrea vide sua nonna: “Mia nonna!” esclamò sorpreso. Stava per raccontare qualcosa di lei, ma lo zio di Andrea Tosi la sputò. E così si pisciarono sotto dalle risate. “Tua nonna era una troia!” strillava Thomas con gusto. “Una volta mi ha fatto una pompa”. I suoi occhi erano piedi d'odio per lei, e nemmeno l'aveva mai conosciuta. Come souvenir si presero un altro vaso di fiori. Nel buio sentirono dei passi. Si avvicinavano velocemente. Tutto cessò di essere divertente. 
“Ho sentito dei passi!” disse Picchio, spaurito. 
“Cosa state facendo?” urlò un uomo. Loro se la diedero a gambe. Fu una vera avventura, degna dei migliori film. Il guardiano correva ma era troppo anziano per riuscire ad afferrarli.
“Coglione!” gli urlò Jemi, qualcuno lo imitò. C'è chi invece urlava e basta, solo per fare baccano e rendere tutto più spassoso. Non erano urla di paura, ma di divertimento, di pura adrenalina. Scavalcarono il muretto. Thomas gli strillò l'ultimo: “Figlio di puttana!” e poi corsero tutti all'anfiteatro. Non avevo mai sentito parlare di una notte così brutta e così bella. Ha sempre giocato con incoscienza e spensieratezza. All'anfiteatro lui e Jemi ripresero le chitarre che avevano nascosto prima di entrare in cimitero e fecero pezzi di Elvis, Chuck Berry e Creedence.
Andra Tosi non riusciva ad alzarsi. Suo zio e lui bisticciavano sempre. I loro litigi facevano ridere. Andrea vomito, poi finalmente riuscirono ad andare via. Thomas era l'unico a non avere orario. I suoi non si accorgevano mai quando usciva o quando rientrava. Sembrava che lo avessero dimenticato al piano terra. Viveva tra il cortile, il garage e camera sua. 
Desirée se la prendeva sempre con tutti: “Possibile che questo ragazzino sia così abbandonato a se stesso?!” diceva.
“Insomma, a volte mi sembra che non viva nemmeno qui. L'altro giorno mi sembrava un cadaverino, da quanto era pallido...” Era trascurato, completamente. Si ricordavano di lui solo quando sentivano il suo Marshall pompare al massimo. 

Nell'album c'era una foto di un suo compleanno. C'era Mauro, due suoi compagni di scuola dell'epoca e lui, che sputava acqua dentro un bicchierino di carta. In un altra, invece, era a un raduno di vecchi ciclomotori. Sedeva su un vespino. Dietro di lui c'erano Celeste, la sorella più piccola, Desirée e suo padre. Li aveva i capelli a caschetto e come al solito era triste. L'unico triste della foto. In un altra era con l'acustica nera, e qui finalmente sorrideva.  Un sorriso spensierato, di chi ha tutta la vita davanti.
Quelle foto mi facevano un bell'effetto. Mentre le guardavo, lui ed Hemil, seduti sul divano, traducevano testi di canzoni. Poi prese la chitarra. Un filo debole debole di luce faceva capolino dalla porta e gli illuminava il viso, i capelli un po' glielo coprivano. Il sole era appena andato via.
Hemil si era sdraiato, un po' in coma per lo spinello appena fumato. E questa è l'immagine che più mi ritorna in mente. Tutto era lento, quieto. Era un arpeggio rilassante. Guardavo le sue mani muoversi sicure sulla tastiera. Dall'amplificatore, una volta tanto, non usciva la solita distorsione.
D'improvviso iniziò “Lithium”, una, purtroppo, delle canzoni più sputtanate della nostra band preferita. E così la cantammo tutti assieme. Ricordi del lontano novantasei, che però nel cuore non si possono mai perdere.
E li me ne sono andata. L'immagine nella mia mente si sposta e viaggia, partendo dal viale alberato fino agli alberi del cimitero e poi all'anfiteatro e su al parco fino alla pineta, per poi perdersi a nord, per centinaia di miglia, gettando anche uno sguardo sul ponte e un altro ad un loculo appena costruito, nella zona nuova del cimitero.

un giorno si mise a saltare su un tombino delle fogne. Non aveva alcun senso, solo perchè era ubriaco. Jemi rideva. Aveva i denti ancora una volta macchiati di vino e la bocca spalancata. Thomas cadde a terra e sbattè anche la testa. Quel giorno aveva degli occhiali viola, da mignotta. Andrea in terra si agitava e urlava fortissimo, usando una voce da donna. E ridevamo come scemi. C'erano Andra Tosi, lo zio e Checco Collu. Si dicevano solo cazzate, tra urla, bottiglioni di vino, forti pennate di chitarra e gente che vomitava; stavamo sul cazzo a tutti. Si parlava a vanvera: “Guardate quella bambina, ora vado e me la scopo” disse Thomas. “No, escono pezzi di carne” rispose jemi, e risero tutti. Con gusto. Poi pomiciava con elena sulla panchina, e gli altri continuavano a fare baccano. 
Una volta passò Giovanni, un amico di Nicola. Aveva una maglietta dei Metallica, famosa band Trash Metal americana. 
Thomas gli fece: “Metallica, io li conosco” poi gli chiese una sigaretta e Giovanni gentilmente gliene offrì una, conseguentemente ne offrì una anche a Jemi. “Grazie” gli dissero.
“Quel ragazzino è troppo bravo, la prossima volta gli faccio un pompino” disse Jemi. Con noi da poco usciva anche un ragazzone un pò grasso, Checco. Anche lui era vittima delle loro stupide frasi. “Tu sei fortunato” gli disse un giorno il solito Jemi. “Perchè quando ti masturbi, ti puoi toccare le tette di lardo”. Il biondino mi sputò addosso del vino, però poi mi chiese scusa. Non era riuscito a trattenere le risa.

Sai, mi rivolgo a te che leggi, ieri l'ho visto salire al parco con una maglietta dei Ramones dal colletto strappato, seppure siano passati anni, l'ho rivisto ieri. Nicola lo vide mentre si apprestava ad entrare all'anfiteatro, con la sua chitarra classica, insieme a Jemi. 
Thomas l'ha salutato, e a lui ha fatto piacere. Chissà quanto avrebbe voluto stare un po' con loro, o magari bere in sua compagnia, parlando di rock, perchè anche Nicola, nel suo piccolo ne sapeva. A scuola, nel bagno, si erano messi a parlare. Thomas quel periodo passava molte più ore fuori dalla porta anziché dentro. Fumava una sigaretta e sputava acqua dalla finestra. Comunque se ne andò quasi subito. Per il corridoio buio della scuola media, stava con Mauro Mei in II D. E se lo osservavi in quel banco, potevi vederlo mentre si faceva male con i propri pensieri. 
All'uscita rimanevano un po' seduti sul muretto sotto l'albero: Roberto Cara, Mauro, Zac, Elena, Michi e Thomas... facevano un paio di tiri di spinello che scroccavano a qualche conoscente. Zac era quello che rimaneva quasi sempre a secco. “Lasciatemi un tiro”. “No, basta!” Nicola li guardava da lontano, con malinconia, ma anche affascinato da quel gruppo. Mentre tornava a casa si voltava più e più volte, fino a che non li vedeva più. Ogni ricordo è importante, ora che il tempo è passato. Livori era il paese dei sogni, sogni di gioventù. Anche attraversare il ponte vicino a casa sua era bello, qualsiasi cosa facevi era irripetibile, perchè eravamo noi a farla. 

Alla saletta della falegnameria mi divertivo ad ascoltare i suoi riff.  C'era un pezzo che alternava rabbia e silenzio. Un altro hard rock con sfumature punk. Altri, psichedelici rievocativi dei Velvet Underground e Jefferson Airplane. E ancora vie di mezzo tra i Melvins e i Sonic Youth degli esordi. Altri, difficilmente incasellabili in una sola corrente. Diciamo sperimentali, originali. Roba che si avvicinava all'universale. 
Connubi perfetti fra Alice In Chains, Nirvana e Pearl Jam. Come i Silverchair, oppure alla Love Battery, e quindi vicino alle sonorità di Screaming Trees.
Riusciva a fare cose fichissime, tipo pezzi strumentali da dieci minuti, con sei di assoli. Cazzeggiava parecchio, ma le sue influenze grunge, alla lunga rispuntavano sempre. E ballate rock “n” roll! Era in grado di parlarti di Elvis per ore e ore, e così di molti altri artisti solisti o gruppi. Leggeva, si informava, scriveva sui tabulati, registrava cassette dai suoi cd per il walkman, andava alle casermette insieme a Mauro a lezioni di batteria, e visto che Andrea lasciava il basso spesso a casa sua, era bravino anche con quello. Diceva sempre che da grande sarebbe andato a vivere insieme a lui. Erano molto amici loro due. A volte bastavano solo quattro accordi per farlo sorridere, anche stonati. Si agitava, si buttava in terra e faceva assoli incasinatissimi. Dava colpi con la tastiera della chitarra al microfono, un po' alla Kurt Cobain, e urlava con tutto se stesso. 
Urlò anche un giorno che stava coricato sul tappeto, mentre la chitarra a finco a lui fischiava. Un tuono fece mancare la corrente, la luce si spense, la chitarra si zittì. Salì al piano superiore e si affacciò alla finestra. Pioveva forte, quel tuono aveva risvegliato in lui un brutto ricordo, sentì un tuono identico un giorno più brutto di quello. Un giorno in cui morì un ragazzino di nome Pero Romeo. Si addormentò mentre beveva un bicchiere di latte. Nessuno l'aveva mai calcolato. Ogni tanto, un po' insicuro, si avvicinava alla nostra cricca con la scusa che Zac era in classe con lui. Non aveva amici, ma noi l'accettavamo. Sì, magari si faceva qualche stupida battuta da Mauro e da qualcun altro, ma non per cattiveria. E poi, neanche noi eravamo perfetti, anzi!
Thomas gli offriva del vino ogni tanto e quando vedeva che gli altri non gli parlavano si avvicinava lui: “Ciao Romeo” gli diceva. Oppure, lo chiamava in mezzo alla cricca. Cercava sempre di farlo sentire accettato. Non sapeva niente di musica, ma questo non importava al biondino. Non era neanche una pecora. Le rare volte che uscì al parco, un po' timido, parlò con noi di tutto e di niente. Ma era bello perchè eravamo sinceri. 
Thomas lo venne a sapere la sera. Dopo che aveva finito di suonare nello scantinato di Zac. C'era ancora un po' di luce. A Livori faceva buio prima, un po' per via del continuo cielo nuvoloso e delle montagne. Ma si vedeva ancora bene. 
Così la gente vide questo bel ragazzino entrare in cimitero con una chitarra. Passò fra alberi e tombe, nella magica atmosfera che la sera si creava la dentro. Anche l'effetto dell'erba fumata era finito, ma si sentiva ancora un po' scombussolato. Strappò il necrologio e lo accartocciò stringendo il pugno. Chinò la testa, credo che abbia pianto, non me l'ha mai voluto dire. 
Quella sera Roberto e Zac avevano allestito una batteria di fortuna che lui aveva distrutto con un calcio. 
Andrea alla fine di un pezzo slacciò la cinghia e fece cadere il suo basso per terra. Io e Roberto facevamo finta di pogare. Eravamo solo noi, in quello scantinato, la sera. Ma ci eravamo divertiti, con Luca camellino che picchiava su quella specie di batteria. 
Ma tutto passò in secondo piano. Era morto Pero Romeo. E non era una pecora. Le immagini sfilano, mentre lui si allontana, come i ricordi che non fanno rumore. 
Scrisse una canzone per lui, e la intonavo nella mia mente per boschi grandi e scuri. 
Non era il solito testo rock, maschilista e rozzo. Ogni tanto vado per i boschi, da sola. Mi piace stare li, all'aria aperta. Ti siedi su un tronco e pensi a tante cose. La suonò davanti a me, accompagnato da Andrea al basso, in quella stanza di tanti momenti. Aveva un coro bellissimo, e poi partiva un giro che chiudeva i conti col pop e sprigionava una sorta di grunge smidollato. Che però la rendeva perfetta. Oppure no. Ma cosa importa? In cortile, nel periodo che morì Pero Romeo, l'aiutai a seppellire la sua prima chitarra elettrica. Proprio in quel momento uscì un filo di luce dalle nuvole e fece capolino da noi, illuminando la polvere.

Pero Romeo.
Sventurato paese di tombe fanciullesche
Restare giovane e divertirmi 
È sempre stato questo il mio sogno di mezza estate
però c'è chi non può farlo più
E allora sento
Che un po' devo gridare anche per lui
così mi sentirò meglio 
Io vi sfido stelle
Grido contro ciò che c'è di irrimediabile nel corso della vita
comincia sempre a piovere, lo so
ma nel sole ti sentirai unico e paelerò di te
perchè quaggiù non ti senta più sepolto, dimenticato.
L'aveva rotta per lui, con rabbia, finendo il pezzo. “Addio Pero”

 “Addio Pero”

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Echi Di Squarciagola Where stories live. Discover now