Polly

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1999/2000/2001/2002/2003

In quest'arco di meravigliosi anni lui perse tre chitarre, una a San Gavino, quando rincorse insieme a: Jemi, Mauro, Zac, Hemil e Andrea il treno per la vecchia ferrovia per poi svoltare in quei campi pieni di stupidi fiori, come li descrisse lui. La chitarra gli era caduta sulle rotaie rompendosi in due.
Jemi si lanciò di spanciata sui fiori ma beccò una pietra proprio nello stomaco. Una la perse una notte che rientrava a casa, si era dimenticato le chiavi del cancello, così appoggiò la chitarra sul muretto e scavalcò, poi e ne andò dentro lasciandola sul muretto, e l'indomani non c'era più. Una non ricordo, forse la ruppe cadendoci sopra mentre saltava dal letto. Mio padre gestiva un agenzia funebre, a volte Thomas mi aspettava giù nelle scale, vicino alla stanza delle bare e alla porta d'ingresso, io andavo da mia zia perchè lei abitava al piano di sopra, era sicura di trovarci mio padre li, a cui cercavo di sfilare sempre qualche lira. E Thomas suonava la chitarra classica, come per lasciare un sorriso alla povera gente, ai morti. Io scendevo e lo vedevo preso dai suoi accordi, scendevo più calma, più felice, ogni volta che lui arrivava nella mia vita era come quando se ne vanno le nuvole, e non ricordo bene, vorrei ricordare di più.
Perchè a volte la gente mi chiede di lui e io non so abbastanza.
Una sera invece stavamo dentro il carro funebre, mise una cassetta degli Screaming Trees.
"Ma sei scemo? Spegni!" gli dissi "che figura ci fa mio padre?"
"Ma tanto non passa nessuno, sta per piovere" rispose, era la mitica ballata Dollar Bill, di Sweet Oblivion prodotto da Don Flaming. Mio padre era a giocare a carte col guardiano del cimitero e andammo a farci un giro. Felici come sempre quando è vita. Con noi vennero gli immancabili amici di sempre, Giue compreso, mitico batterista dei Maya di Mauro.
Venne persino Nicola, lo incontrammo vicino alla statua della rotonda, ci guardò timidamente ma sapevamo che voleva venire con noi, Andrea e Jemi aprirono il cofano e gli urlarono:
"Vieni!" Lui rispose no con la solita vergogna e così urlammo tutti: "Vieni!"
"Vieni, cazzo!" urlò Mauro, lui con un sorriso incredibile si gettò dentro con tutti che lo afferrarono e gli diedero pacche sulle spalle, e ripartimmo.
"È qui dietro che mettono le bare, vero?" ci domandò Zac. "No, sul tetto, coglione!" gli urlò Mauro sarcasticamente.
"Il giorno che muori ti metto una Pattedda sulla bara" l'informò Zac. "Perchè non la metti nel culo di tua madre troia?" ribatté Mauro; Nicola era divertito dai loro litigi, come tutti del resto.
"Troppo Togo!" tuonò Jemi.
"Dove stiamo andando?" domandò poi al biondino, lui con una voce cupa e comica rispose:
"Al cimitero". Ciò provocò una fragorosa risata di pura pazzia. Giravamo e discutevamo tranquilli come se niente fosse, ci fermammo anche all'anfiteatro a bere qualche birra. Mauro disse che il demo appena inciso con i Maya l'avrebbe chiamato Living Flowers, Nicola ne uscì con:
"NRDR":
"Che cazzo è?" domandai.
"Noi ragazzi del rock" disse con lo sguardo rivolto a terra.
...
Ci fu la rissa al parchetto numero due. Ricordo quella rissa come se fosse accaduta ieri. Thomas si picchiò con un uomo di quarant'anni; tutto cominciò per aver rotto una bottiglia di vino su una pietra in mezzo all'erbetta. Prima litigò con un altro tizio che gli faceva una ramanzina, ma il bel biondino non ascoltava neanche. "Non me ne frega un cazzo, zitto!" strillava. La Panda di Picchio, ormai patentato, era parcheggiata dietro di noi col cofano aperto. Un uomo stronzo, stanco delle parolacce che Thomas gli aveva rivolto, lo prese per i capelli facendolo saltare giù dal muretto con la chitarra. Nell'autoradio della Panda c'era Elvis, in questi ultimi anni idolo ancor più confermato di tutti e sopratutto di Thomas. Tanto che una volta al parco disse scherzosamente, in piedi, con sfondo la fila d'alberi:
"Se muoio, voglio la sua foto sulla bara". Bevvy, la sua nuova ragazza, gli disse: "Vaffanculo!" Non voleva sentire simili cazzate.
La storia con Giulia finì nel novantanove e così come con Elena anni prima, io persi un altra amica. Litigarono di brutto nel bar vicino a Sant'Antonio.
"Fottiti stronza!" gli urlò il biondino; non conosco il motivo, lei andò via piangendo, e anche a Thomas dispiacque, lo vidi con gli occhi lucidi e non uscì più di casa per un po' di giorni. Il tipetto in grado di creare atmosfera non veniva più al parco, e infatti il parco era morto, quando lui non c'era non funzionava più niente, anche le battute non facevano ridere più. Se un rockettaro e un trendyno s'incontravano non si scambiavano nient'altro che una smorfia ma niente di più, non c'era nenache più la guerra.
Un po' come Peter Pan quando era assente dall'isola che non c'è. Il fiume era spoglio, nel salice piangente non si sentiva la sua chitarra e non c'erano le impronte dei suoi piedini bagnati che lasciava quando si lanciava nel river. Le sue parole, la sua risatina, l'anfiteatro era completamente abbandonato.
In quest'arco di tempo, verso il novantanove, si era tagliato i capelli, erano lunghi circa tre centimetri e li aveva tirati su con la gelatina. Fu incredibile quando andai a chiamarlo e lo vidi uscire così; gli stavano comunque benissimo, si potevano finalmente vedere bene le sue piccole orecchie.
"C'era troppo caldo" mi disse.
"Ti tanno davvero bene" l'informai.
"Grazie, tu non hai caldo?"
"Un po' sì... andiamo al river?"
"No, andiamo da Hemil".
Poi ricordo che due mesi dopo Nicola si comprò il basso, non riuscivamo ad accordarlo, io stirai troppo il re e lo ruppi. Così dopo averlo ricomprato da Ignazio Piga, l'unico che in paese aveva un negozietto di strumenti musicali, chiamai Thomas al telefono e lo andai anche a prendere col mio Zip.
I capelli ora gli stavano ricrescendo, li aveva a funghetto, tutti glieli strapazzavano e spettinavano chiamandolo padellino, padellino stronzo, diceva Jemi.
Prese il basso di Nicola e lo accordò subito. Io, Nicola e mia madre, che era venuta a vedere, ridemmo.
"Scommetto che voi ci avete provato per un sacco di tempo?" ci domandò. Io annuii. Fece un po' di pezzi, mia madre tornò alle sue faccende e lui ne aprofittò per alzare l'amplificatore, il vicino bussò al muro lamentandosi, lui si girò e fece due ghigni. Riusciva sempre a fare da cattivo ed era bello vederlo non cambiare mai, rimanere sempre quell'eterno bambino rockettaro. Nessuno fuori dalla fantasia era in alcuni casi più Peter Pan di lui, quante cose combaciavano con lui nello stupendo saggio di Milli Dandolo, pubblicato nel libro "Peter Pan" del millenovecentosessantuno da Valentino Bombiani. Del grande, unico, inarrivabile James Matthew Barrie, lo scozzese di Kirriemuir.
...
la giornata più bella di Nicola fu quando io e Thomas entrammo in camera sua mentre scriveva.
"Ciao Nicola" gli disse il biondino, in modo così socievole come non lo era mai stato. "Facciamo un gruppo" aggiunse. Thomas aveva in mente una formazione con me alla batteria e Nicola al basso; si inchinò a guardare l'amplificatore di Nicola, un Yamaha da trenta.
"Cazzo, questo è troppo piccolo!" esclamò.
"Mi dispiace" disse Nicola, ma Thomas lo rassicurò:
"Se hai questo, che ci puoi fare?" Restammo un po' a parlare, fece qualche pezzo col basso, poi lo passò a Nicola e ascoltò quel che sapeva fare.
"Che genere vuoi fare?" gli domandò Nicola. Lui senza neanche pensarci rispose:
"Pazzia".
"Tipo Melvins?"
"Sì, va bene".
Timidamente nicola, per la prima volta, riusciva a parlare con lui come un amico, ma non si allargava troppo. Ricordavo tanto tempo fa, o recentemente, che una notte che andammo a trovarlo a casa sua, Nicola vide un gatto nero passare davanti a lui.
"Porta sfiga un gatto nero" disse. Thomas gli rispose: "Non dire cazzate". Nicola ci rimase malissimo, poi si accorse che quel gatto nero era Attila, il gatto della famiglia Junior, nonché il preferito di Thomas che l'accarezzava sempre, e lo accarezzò anche quella notte. Un altra volta alla giornata dell'arte, in cui erano soliti esibirsi tanti gruppi, Nicola appena lo vide fu preso dalla solita voglia di far colpo su di lui. Ciò che voleva era il suo rispetto, venire accettato da quel ragazzino di sempre che lui ammirava da anni, ammirava, ammirava, amava e odiava.
L'immagine per lui del rockettaro perfetto, il ragazzo più vero del mondo in questo.
Si lanciò su di lui con due bottiglie di vodka gridando: "Ne vuoi, Thomas?" "No" rispose lui. Nicola si inginocchiò, come se fosse d'innanzi a un Dio e cominciò a dirgli:
"Thomas, Thomas, grande Thomas!"
Il biondino gli tirò un calcio: "Alzati, coglione!" gli disse infuriato; anche qui Nicola ci rimase molto male, anche se cercò di nasconderlo con una risatina amara. Thomas pensò che lo stesse prendendo per il culo, dopotutto lo capii, tutti l'avevano sempre picchiato e preso in giro. Il suo carattere ultimamente era completamente irascibile, come se stanco di subire si fosse trasformato in un demone, lo videi nella rissa al parchetto delle casermette. Un altra volta ancora, invece, eravamo a San Gavino. C'erano dei tipi che suonavano un pezzo dei Metallica, The Unforgiven, ma Nicola insisteva che era Enter Sandman.
"Sì, sì, è Enter Sandman".
"Non dire cazzate, non è quella" gli disse Thomas. Fu la stessa volta che tornammo in auto con lui da San Gavino, perchè si era fatto la patente. Il giorno che la prese lo vidi tornare a casa col Taifun di Desirée, lo scaraventò a terra ancora acceso e lanciò le chiavi chissà dove. "Sono il re del mondo!" urlò, tipica frase dei film cazzoni americani, ma questa era la realtà. Celeste si affacciò dalla porta per il fracasso udito dentro le mura di casa. "Guarda che ora devo usarlo io" gli disse. Thomas entrò nella sua stanza, che nonostante i tanti anni passati non era cambiata affatto; ora aveva una Ephifon con un amplificatore Marshall valvolare da cento e una bianca batteria jazz. Ormai da cinque anni lavorava nelle serre del padre, dove confezionavano frutta e verdura, che poi distribuivano a vari supermercati. Entrò a quindici anni li, ora ne aveva venti, si era comprato tante cose in passato grazie a quel lavoro. Quando Donald battè il suo ultimo km, si comprò un altro Sì rosso che chiamò Ludovico. Spaccò pure quello, finendo con Picchio, in un sorpasso, addosso ad una motoretta. Cercò di evitarla ma la colpì frontalmente. Nonostante i tanti rimproveri di sua madre e di Bevvy, guidava il 70% delle volte ubriaco. Pestò nuovamente la faccia, aveva un occhio viola e un cerottino sul naso. Quello fu l'incidente più famoso dei suoi sedici anni.
Anche Desirée s'incazzò parecchio: "Guarda che tu finisci male!" tuonò.
La stessa frase che lo perseguitò per tutta la sua affascinante, triste, felice vita. I pomeriggi ora dormiva di più, a causa del lavoro, e ogni tanto io lo svegliavo. Si mise a vendere cd, quelli che aveva doppi (a volte ne comprava non sapendo che Desirée li aveva già) oppure quelli che conosceva fino alla nausea. Ricordo un ennesimo aneddoto: io lo svegliai, lui si stizzì un po' ma appena gli dissi che ero venuta a comprargli un cd, si alzò contento.
"Quale vuoi?" mi domandò con quel sorrisetto beffardo, in quel periodo era un po' al verde.
Dopo il motorino rosso ci fu il mitico vespone, che aggiustò insieme al padre, era tutto colorato e molto buffo, arrivava al parco come il più felice della terra. Tutti ne parlavano, in paese.
"Hai visto il vespone di Satana?" dicevano i soliti stronzi di sempre.
"È troppo bella la vespa di Thomas" dicevano i soliti ragazzini che lo ammiravano (che erano molti di meno).
Sì, era molto bella e lui si divertiva un sacco a girare dappertutto: con Hemil, con Jemi, con Mauro, con Zac, con Michi, Andrea, Bevvy e tutti gli altri. Su un do e un sol, nel silenzio delle strade e con il cinguettio degli uccelli sulle cime degli alberi. Col sole che ti accompagnava e con le solite, immancabili nuvole.
E chi li prende in giro, anche se lui continua a ridere con Picchio dietro, divertito come sempre a stargli accanto, perchè era un suo vero amico, come Jemi e gli altri. Tutto questo è vita, ed è eterna, sì, cazzo. Picchio gli mise le mani intorno alla pancia, forse per reggersi forte o forse perchè voleva abbracciarlo, voleva stare con lui in quel momento a divertirsi, fermare la vita quando è divertente e non permettergli di tornare mai di nuovo triste. È la nostra aspirazione, eravamo odiati un po' da tutti, per questo il nostro rapporto di amicizia era forte.
...
Uno dei tanti pomeriggi che giravo in scooter con Nicola, passai per caso più giù di Sant'Antonio, vicino a casa di Bevvy, e vidi la bianca C.L.X (la sua auto). Feci il giro e lo vidi uscendo dalla porta, discuteva con la madre di Bevvy. Thomas ci aveva detto che saremmo dovuti andare a provare, col nostro futuro gruppo, in una vecchia casa in campagna, insieme a Marisa, la sorella di Bevvy, e a qualche ragazzino falso ribelle. Ce ne aveva parlato quella volta in camera di Nicola. La bianca CLX era piena di cartone e scatole di uova. Thomas quella mattina era andato per fabbriche a raccimolare, ci metteva molto impegno. Mi fermai, lui si accorse di noi, ci indicò e disse: "Voi seguitemi". Salutò la madre di bevvy e salì in macchina con Marisa. Ne aveva parlato molto bene di quella casa, gli stavamo dietro. Scendemmo più giù di casa sua, superammo i fantastici alberi del chilometro sotto, poi imboccammo una stradetta di campagna larga solo una corsia, ma asfaltata. Una Jeep prolungò il nostro arrivo alla vecchia casa, dovette tornare un po' indietro e accostare. Poi ripartimmo, ci guardava dallo specchietto: indossava i suo RayBan alla John Lennon. Dopo una curva e un piccolo rettilineo arrivammo. Era bellissima la vegetazione in mezzo ai campi. Lui scese; Livori non ricorda una giornata più solare di quella, si girò verso di noi e disse:
"Il centro del mondo" e lo ripetè: "il centro del mondo". Come se volesse darla al vento quella frase, per portarla sulle cime dei piccoli alberi e tenerla eterna. Aprì il cancello e così entrammo.
"Yuuuuuuuuuuuuuuh!" urlò e parcheggiò la C.L.X. vicino alla porta. La casa dentro era orrenda, ma lo consideravamo il nostro piccolo mondo: mobili antichi, un televisore non funzionante, un paio di materassi e nell'altra stanza la piccola saletta. Non c'era ancora niente, solo qualche cartone già attaccato nei giorni prima, così ci mettemmo a lavorare. Cioè, più che altro lavoravano Thomas e Marisa, attaccavano cartoni al muro mentre parlavamo. Attaccati alla finestra c'erano due piccoli alveari, infatti non si poteva neanche aprire. Parlammo degli Exploited.
"L'ultimo album è più veloce, ora sono molto Hardcore" spiegai.
"Vabbè anche prima erano parecchio veloci" rispose Thom.
"Wittie (il cantante), dice che non riesce a vivere con i soldi che prende con gli Exploited, deve lavorare anche in scozia" fece presente Nicola.
"Minchia... ma io non ci credo" ribattè Thomas.
"Ma io ho lo stereo, che cazzo stiamo facendo?" aggiunse poi. Andò in macchina e prese un portatile con cd, ci mettemmo ad ascoltare I Giardini Di Mirò.
"Io non li reggo I Giardini Di Mirò, arrivo alla terza canzone e cambio sempre cd" ci raccontò.
"Forse perchè devi ascoltarli dalla terza in poi" gli suggerì Marisa; lei si era affezzionata in modo indicibile a Thomas, Thomas aveva un buon rapporto anche con la madre di Bevvy e andava a trovarla qualche volta. Si mise a petto nudo e continuò il lavoro così. I Giardini Di Mirò erano un gruppo perlopiù strumentale, solo tre canzoni erano cantate.
Riuscimmo pure ad aprire la finestra e ci fu un applauso generale, poi Thomas mise una casetta degli Hives. Tirava vento fresco, il mio preferito, lo stereo s'incantò e per farlo riprendere gli tirò un calcio. Fu una bella giornata pure quella, in ultimo disse le mitiche frasi che non scorderò mai; mise i Nirvana, Nicola gli domandò se aveva qualcosa dei Mother Love Bone.
"Sì" rispose. "Dovrei avere qualcosa in macchina, ma ora voglio ascoltare i Nirvana".
Dopo mise "You Know You're Right". "Ora mettiamo la canzone più conosciuta del momento" lo disse con un tono di disprezzo.
"Però peccato che l'abbiano sputtanata così" disse Nicola.
"Ma tanto chi vuole capire capisce" rispose lui. Entrò una ventata. Poi s'arrabbiò con un tipo del parco, Davide, un ragazzino che usciva con Marisa e che ogni tanto si avvicinava alla cricca:
"Come cazzo fa a dire che i Nirvana sono delle merde, sono il gruppo più sensato del mondo, li difenderò per sempre". Notai un altra dolce ventata entrare dalla finestra, accarezzargli e muovergli i capelli. Chiudemmo la casa e andammo via, noi dovevamo tornare a casa nostra, lui scese dalla bianca C.L.X. Per chiudere il cancello, ci girammo e lo vedemmo allontanarsi in quella strada di campagna, mentre lo Zip andava, lasciandolo un ragazzino di ieri.

Donald💙

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Donald💙

Echi Di Squarciagola Where stories live. Discover now