L'arrivo

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L'aereo atterrò puntuale senza troppi problemi e Mia come scritto sull'ennesimo biglietto anonimo ricevuto, si stava apprestando a scendere e affrontare l'orda di gente che si raggruppava intorno al check out.
Recuperò la sua minuta valigia, che consisteva solamente un logoro zaino nero e uscì come previsto dall'aereoporto di Milano Malpensa cercando con lo sguardo le persone che in teoria dovevano venire a prenderla.
Era sempre la solita routine che si ripeteva all'infinito, come un grande cerchio che ogni volta Mia doveva completare senza sbagliare, tutto era lineare e piatto come le sue emozioni.
Anche questa volta riuscì ad individuare quelli che per i prossimi due mesi si sarebbero finti suoi genitori. Li riconobbe dalla spilla a forma di serpente piumato che portavano con orgoglio appuntata al petto, come se fosse una medaglia al valore ricevuta per aver vinto e combattuto una guerra.
La donna era puttosto minuta, con la corporatura decisamente troppo grossa per la sua altezza, portava i capelli corti di un colore scuro striati di bianco, doveva avere all'incirca una sessantina di anni, l'età che aveva anche la sua vera madre.
L'uomo al contrario della moglie, era alto e snello, portava i capelli lunghi e mossi, color castano dorato, che teneva legati in una coda bassa.
Mia si avvicinò e senza nemmeno salutare, porse lo zaino all'uomo che come sempre era accuduto con tutti gli altri finti genitori, si piegò in un rapido inchino
- Benvenuta in italia Esperimento numero 666- la salutò l'uomo.
- Siamo onorati di poterla ospitare- continuò invece la donna
Mia li osservò per qualche istante prima di parlare - qual'è la mia prossima meta? Sul biglietto non è indicato il luogo dove svolgerò il mio prossimo incarico- chiese Mia con voce neutra.
L'uomo rispose anticipando la moglie - Non ci è stato permesso rivelarglielo Esperimento 666, avrà i dettagli che cerca solo una volta arrivati-
- va bene, ma ora sbrighiamoci sono passate quasi otto ore dall'ultima volta che il mio corpo ha ingerito qualcosa, devo nutrirmi al piu' presto- ammise Mia cominciando a dirigersi verso la autovettura parcheggiata proprio dietro la coppia.
Mia non fece in tempo ad aprire lo sportello, che venne anticipata dalla donna - Esperimento 666 lasci che pensi io a quasto - disse la donna aprendo lo sportello.
Mia la lasciò fare e appena lo sportello le venne aperto, montò sul sedile posteriore guardando dritta davanti a se, senza nemmeno ringraziare la gentilezza della donna, non perchè fosse maleducata, ma per il semplice fatto che ormai tutti quelli che portavano la spilla e che la incontravano la trattavano in quel modo, come se fosse un oggetto di cristallo che potrebbe rompersi in mille pezzi da un momento all'altro.
Il viaggio in macchina fu piuttosto breve, dopo nemmeno venti minuti infatti l'auto arrestò la sua corsa e si fermò proprio di fronte a una di quelle ville che solo in pochi si potevano permettere.
La casa era circondata da un'immenso giardino arricchito da piante di origine tropicali. Ad entrambi i lati del giardino erano posizionate due splendide piscine circondate da sdraie e ombrelloni, dove fra un incarico e l'altro, Mia avrebbe potuto prendere il sole, cosa che comunque non avrebbe mai fatto.
Entrò nella villa, dove, una decina di servitori, vestiti tutti di grigio con la solita spilla a forma di serpente piumato appuntata al petto, la stava attendendo. Appena la videro varcare la soglia, all'unisolo i servitori si piegarono in un profondo inchino, porgendole così il loro formale benvenuto.
Mia si guardò attorno, l'interno della villa era esattamente come in tutte quelle che aveva alloggiato negli ultimi sei anni : i muri erano interamente ricoperti di affreschi che raffiguravano strane forme di uomini stilizzati e animali , tra cui i piu' frequenti erano pantere, cervi e serpenti. La villa era stracolma di vasi riccamente decorati con colori dorati e argentati, posizionati su piedistalli di marmo.
Mia venne raggiunta dalla coppia, che durante il viaggio l'avevano informata sui loro nomi, ovviamente falsi come tutti gli altri. Da ora in poi li doveva chiamare Maria e Marco, che rispettivamente ricoprivano il ruolo di madre e padre.
- Esperimento 666 venga con me, il suo pranzo è gia stato servito in tavola- annunciò Maria facendo strada.
Mia la seguì, sentiva chiaramente il suo stomaco emettere strani rumori, che erano chiaro segno che aveva urgente bisogno di cibo.
La tavola era elegantemente apparecchiata, le posate erano in argento e il servizio di piatti era chiaramente in porcellana antica. Mia si sedette al posto riservato a lei, che come sempre era a capotavola.
Tutti attesero che lei si sedesse, prima di imitarla e sedersi anche loro. Il rispetto che le portavano era qualcosa di inumano, ma piu' che rispetto a volte il loro comportamento era dettato dalla semplice paura che provavano nei suoi confronti.
Mia cominciò subito a mangiare, nel piatto aveva un piatto di pasta, ma non si curò del gusto, qualsiasi cosa ingerisse non aveva alcun sapore per lei, tutto era uguale, potevano mettergli persino una suola di una scarpa che il gusto che avrebbe provato nel mangiarla sarebbe stato sempre lo stesso.
Nessuna parola spense il silenzio durante il pranzo, solo il tintinnio delle posate giungeva alle orecchie di Mia, finchè ad un certo punto, una cameriera irruppe nella sala da pranzo, portando fra le mani un vassoio in oro su cui era posata una busta bianca con i bordi decorati da strani simboli antichi.
La cameriera si avvicinò cauta a Mia, le sue mani tremavano leggermente e il vassoio continuava a tremolare a destra e a sinistra senza sosta.
Mia non fece caso, prese la busta con fermezza e la mise sul tavolo senza aprirla o degnarla di uno sguardo. Sapeva già di cosa si trattava e per quello c'era tempo.
Terminato il pranzo, Mia di punto in bianco si alzò in piedi, imitata subito dopo da Maria e Marco.
- Dove si trova la mia stanza?- domandò Mia fissando la donna
- Esperimento 666 lascia che l'accompagni- rispose la donna
- Me la so cavare benissimo da sola, dimmi dove si trova e basta- disse Mia abbassando la voce di un tono
La donna allarmata da quel cambio di tonalità nella voce di Mia, tremò leggermente - Oh..esperimento 666 so che se la sa cavare, non era mia intenzione mancarle di rispetto- ammise Maria
- Mia- annunciò Mia guardando entrambi i suoi finti genitori
- Come?- chiese maria corrugando la fronte
- Dovete chiamarmi Mia. Se volete fingere bene di essere i miei genitori imparate da subito ad utilizzare il mio nome non quello che sono. Ora ve lo richiedo, dov'è la mia stanza?- replicò Mia
- Primo piano, terza porta a destra- intervenne Marco, dato che Maria apriva e chiudeva la bocca ripetutamente senza che le parole riuscissero a uscire libere.
Mia annuì, prese la busta che aveva depositato prima sul tavolo e lasciò la sala da pranzo.
Durante il breve tragitto per la sua stanza, incontrò ben quattro servi che prontamente appena la incrociavano, provvedevano a lasciargli libero il passaggio ed a inchinarsi.
Mia, se solo avesse potuto si sarebbe infastida da tutti quei gesti, ma visto che le sue emozioni non esistevano piu', le continue attenzioni degli altri non le facevano alcun effetto.
Entrò in quella che per i prossimi due mesi sarebbe stata la sua camera, notò subito che il suo vecchio zaino era stato depositato con cura sull'elegante scrivania di legno scuro che si trovava in fondo alla stanza accanto ad un'enorme porta-finestra che portava ad un largo balcone.
Al centro della stanza era posizionato un grande letto di forma circolare, costellato da molti cuscini ricamati con le stesse immagini degli affreschi che aveva visto al piano inferiore. Sul lato della stanza compariva un armadio, che sicuramente era già stato accuratamente riempito con vestiti di moda della sua taglia. Non si prese la briga di aprirlo, qualsiasi cosa indossasse che sia stato un lussuoso abito da sera o un rozzo sacco di juta per lei non faceva alcuna differenza.
Il suo interesse volse direttamente al suo zaino, tutto quello di cui lei aveva bisogno era custodito gelosamente al suo interno, tutto ciò che gli rimaneva della sua vecchia vita era lì. Aprì lo zaino, rovesciandolo e versandone il contenuto sulla scrivania.
Una catasta immensa di lettere, una foto stropicciata e un braccialetto, ecco quello che rimaneva della sua vita. La foto ritraeva le persone che un tempo avrebbe chiamato famiglia e che in teoria avrebbe dovuto voler bene, sua madre, suo padre e suo fratello con in braccio una bambina di nemmeno un'anno, sorridevano felici.
Mia prese in mano il braccialetto di legno, ormai troppo stretto per il suo polso e rilesse le parole incise accuratamente, le aveva lette un'infinità di volte, si ricordava del giorno in cui suo fratello Samir gli e lo aveva regalato, era il suo tredicesimo compleanno, l'ultimo che aveva festeggiato.
Molte volte Mia, aveva tentato di riportare a galla le emozioni che quell'ultimo giornò provò, ma puntualmente ogni volta che ci provava, qualcosa nella sua mente gli e lo impediva, non sapeva cosa le avessero fatto di preciso, sapeva soltanto che da quella notte, in cui venne sottoposta a quell'intervento, le sue capacità di provare qualcosa erano scomparse.
Le avevano strappato le sensazioni, ma non i ricordi, era per quello che ubbidiva ciecamente agli ordini che riceveva, Mia si aggrappava con forza a quei ricordi per poter andare avanti e rivedere un giorno la sua famiglia, misteriosamente scomparsa nel nulla.
Fra le numerose lettere, ormai sparse su tutta la scrivania, Mia prese la busta color avorio, quella era stata la prima che aveva ricevuto dopo il suo risveglio ed era sempre quella che le spiegava in modo molto vago quello che le era successo e quello che doveva fare per riuscire a sopravvivere.
Portò con se la busta a letto e senza nemmeno rileggerla, la infilò sotto in cuscino, come ogni notte faceva e rimase li in attesa che il suo corpo esaurisse le ultime energie, permettendole così di chiudere gli occhi e addormentarsi.
Fu lo stesso sogno a comparire, come tutte le volte che Mia cadeva nel sonno, il sogno della notte in cui all'età di tredici anni appena compiuti si risvegliò completamente diversa, sola e abbandonata da tutti, fatta eccezzione per la stessa lettera che tutt'ora lei teneva sotto il cuscino e che all'epoca le era stata accuratamente infilata tra le mani, e il braccialetto di suo fratello affiancato dalla foto di famiglia, della sua famiglia, posati su un un misero tavolo d'acciaio,accanto al suo letto, illuminato dalla fioca luce di una candela consumata...

Esperimento 666Where stories live. Discover now