capitolo 6 destino

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L'impatto fu tremendo.
Nonostante il tentativo di frenata da parte della moto di grossa cilindrata, Mia venne scaraventata a diversi metri di distanza dal punto in cui si trovava.
La moto perse la propria capacità di tenuta sull'asfalto, cedendo alla forza di gravità, che di consenguenza cominciò a cadere inesorabilmente girando su se stessa e catapultando il guidatore lontano sotto lo sguardo inorridito di tutti gli automobilisti presenti.
Mia subì una colpo atroce; la sua testa picchiò con forza contro il grigio asfalto e il suo corpo si depose al suolo in maniera scomposta. In quel momento la sua incapacità di provare sensazione fu un toccasana per lei, se così non fosse stato propabilmente si sarebbe contorta per l'atroce dolore.
Un scontro del genere sarebbe bastato ad uccidere una persona sul colpo, ma quel giorno la fortuna era dalla parte di Mia, che nonostante la botta alla testa rimase cosciente, ma soprattutto viva.
Le sue iridi ambrate si muovevano in cerca di qualsiasi cosa; che sia stata una persona o un aggetto non faceva la differenza, l'unica cosa che le interessava era ruscire a capire se quello che vedeva era la realtà o il frutto della sua mente nei suoi ultimi istanti di vita.
Vedeva il cielo, quel giorno coperto da nuvoloni minacciosi, grigio e spento come le sue emozioni, vedeva i tetti coperti di un piccolo strato di muschio scuro di alcuni edifici vecchi e vedeva le antenne, frutto della nuova tecnologia, scagliarsi con rabbia verso il cielo, lo stesso cielo che da bambina, osservava mutare da un sorprendente celeste a un blu talmente scuro da rasentare il nero, costellato da tanti puntini luminosi da sembrare delle lucciole fossilizzate.
Successivamente le giunsero alle orecchie delle voci, tante voci, avvicinarsi caute, come se avessero paura della scena che si apprestavano a vedere.
Sentendo il rumore dei passi sempre piu' vicini ed incapace di provare dolore, Mia, provò ad alzarsi con il solo risultato di scoprire che momentaneamente il suo corpo umano sembrava decisamente ed irrimediabilmente ancorato con forza al suolo.
Provò una seconda volta, riducendo il suo fiato ad un rantolo soffocato ed a dei versi agonizzanti privi di qualsiasi significato, senza però riuscire nel suo intento.
Alla fine si arrese comprendendo che al suo corpo erano stati provocati danni troppo profondi per essere ignorati. Ad un certo punto un urlo che le giunse alle orecchie per poi penetrare in profondità fin dentro le ossa, la colse di sorpresa accelerandole vertiginosalmente il battito cardiaco.
Solo una persona in quel momento avrebbe potuto lanciare un urlo di quel genere e quell'individuo doveva per forza essere il suo investitore ovvero il motociclista che al contrario suo percepiva il dolore in maniera molto netta e chiara.
Ruotò molto lentamente la testa su un lato, lasciando che la propria guancia si impregnasse di un liquido denso e scuro; solo allora si accorse di avere una profonda ferita alla testa.
I suoi occhi vagarono sulla strada, oltrepassando le gambe di molte persone che da quella posizione parevano giganti e andandosi a posare sul motocilclista che distanziava da lei di parecchi metri.
Dopo una rapida occhiata, Mia dedusse che doveva essere un ragazzo per via della forma fisica ben definita che nascondeva sotto la tuta da motociclista. Si contorceva senza tregua, come se fosse stretto fra le spire di una gigantesca anaconda, che con il suo corpo costituito interamente da muscoli, lo stritolasse fino a farlo incontrare con la propria morte prima di divorarlo per intero senza via di scampo.
Il rumore assordante delle sirene dell'ambulanza sopraggiunse alle orecchie di Mia, nascondendo per qulache istante le continue urla del ragazzo, prima di sentire chiaramente le sue ultime forze scivolare via dal suo corpo insieme al sangue costringendola a perdere i sensi e cadere nel buio piu' lungo della sua vita.

Nonostante fosse priva di sensi Mia colse tratti di diverse conversazioni fatte dai soccorritori, ma le arrivavano alle orecchie lontane e ovattate come se lei fosse stata rinchiusa in una scatola di metallo.
Poi le sirene tuonarono di nuovo, senza sosta, con lo stesso monotono ritmo, avvertendo tutti la loro urgenza di passare e superare gli altri in una corsa contro un tempo che si ostinava a non voler mai rallentare, nemmeno in situazioni delicate.
Ad un certo punto tutto tacque per qualche istante, niente sirene, niente porte che venivano aperte con ferocia o richiuse di fretta, niente voci od urla, niente rumori assordanti, solo un silenzio innaturale, che come spesso accade era la calma che preannunciava una tempesta apocalittica.
Poco dopo, come preannunciato, il caos cominciò senza preliminari, la confusione, i rumori assordanti, la frenesia, la velocità, le porte sbattute, il rumore di ruote di carrelli spinti con forza ricominciarono a tempestare le orecchie di Mia, che priva di sensi, rimaneva immobile ad ascoltare tutto come un disinteressato spettatore.
Sprazzi di conversazioni vennero colti, tra cui le parole codici rossi e camere operatorie prime di rilasciare il posto di nuovo ad un glaciale silenzio.

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