Lo stesso sogno..

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Mia aprì lentamente gli occhi, la stanza in cui si era risvegliata non era la sua. Tutto era celato dall'oscurità, fatta eccezzione per una piccola e consumata candela che emanava una fievole luce in un'angolo.
Mia non percepiva alcun tipo di dolore, così, appena i suoi occhi si adattarono al buio della stanza, si tirò su' a sedere. Quello che vide era lei, seduta su una lettiga di ospedale, attaccata a innumerevoli tubicini che le si inserivano nel braccio, pompando, all'interno del suo corpo, uno strano liquido tendente al blu e una lettera, chiusa in una busta, accuratamente posata tra la sua mano destra.
Sentì qualcosa premerle sulla testa, così dopo aver verificato di riuscire a muovere le braccia correttamente, posò la lettera sul lenzuolo bianco e si tastò la nuca, scoprendo di avere un'enorme e ingombrante fasciatura tutta intorno alla testa. Non sapeva cosa pensare, forse era caduta e aveva battuto la testa, forse era morta, o forse quello doveva essere un sogno, doveva per forza esserlo, se fosse stata la realtà avrebbe dovuto percepire almeno del dolore o provare anche una qualsiasi emozione, cosa che in quel momento non provava.
Abbassò le braccia e cominciò a strappare tutti quei tubi uno ad uno, non curandosi delle possibili conseguenze. Al contrario di come pensava non avvertì nulla, così con una leggera spinta del bacino, si spinse giu' da quel lettino, valutando le sue capacità di equilibrio.
Tutto sembrava a posto, le gambe reggevano perfettamente il suo peso, nessuna perdita di equilibrio e nessun dolore.
Provò a fare il primo passo, accorgendosi solo allora che alzare un piede per portarlo davanti all'altro, le creava  delle difficoltà, le pareva che le sue gambe fossero fatte di puro piombo.
Facendo parecchia fatica, trascinò i piedi, avanzando verso l'unica fonte di luce, evitando di andare a sbattere contro qualche oggetto di cui vedeva solamente la sagoma.
Raggiunse quel tavolino metallico su cui era posata la consumata candela e vi si appoggiò sopra con entrambe le mani, sentendo che le sue gambe cominciavano a tremare, chiaro segno che avrebbero ceduto da un momento all'altro.
Sostenendo il suo peso con una sola mano, Mia, cercò a tentoni una sedia, o qualsiasi cosa potesse essere usata con il fine di sedersi e riposare. Con la mano sfiorò un oggetto, non sembrava proprio una sedia, non aveva braccioli o schienale, ma continuando a tastare, scoprì che l'oggetto che aveva trovato doveva essere anch'esso di metallo a giudicare dalla freddezza del materiale e sembrava una specie di sgabello, di quelli con le gambe alte.
A fatica riuscì a sedersi e ad alleviare leggermente il tremolio delle sue gambe.
Tutto le sembrava strano, di solito avvertiva la stanchezza, sentiva i muscoli affaticati, sentiva la spossatezza, invece ora se non fosse stato per il tremare dei suoi arti inferiori non si sarebbe accorta di nulla e molto probabilmente sarebbe caduta a terra.
Tornò a concentrare la sua attenzione sul tavolo posto dinnanzi a lei e alla candela che inesorabilmente stava andando incontro alla sua fine. La piccola fiamma arancione era l'unica fonte di luce in tutta la stanza e catturata dal suo caldo bagliore, Mia, si accorse della presenza di altri oggetti posati con delicatezza sul quel tavolino freddo. Uno lo riconobbe subito, era il braccialetto che suo fratello Samir le aveva regalato un paio di giorni prima, per il suo tredicesimo compleanno.
Appena formulo' quel pensiero, i ricordi riaffiorarono nella mente, tuttavia, in lei non insorse nessun tipo di sentimento, cosa che normalmente sarebbe dovuta accadere, data la cattiveria e la velocità con cui l'avevano strappata dalle braccia dei suoi genitori.
Prese quel braccialetto in legno tra le mani, facendo scorrere lentamente e delicatamente le dita su quelle banali lettere incise con amore, sperando di riuscire a far riaffiorare i sentimenti che aveva provato nel ricerverlo, ma come già sospettava non seccesse nulla.
Scosse lievemente la testa e riposò il bracciale, prendendo questa volta tra le mani un'altra lettera, questa volta chiusa in una busta bianchissima. La aprì con frettolosità e cominciò a leggerne il contenuto. La scrittura la riconobbe all'istante, era scritta a mano con una caligrafia precisa ed elegante, come solo suo padre sapeva fare, inoltre era scritta in una lingua diversa da quella che normalmente Mia e la sua famiglia parlavano, ma che tuttavia lei sapeva leggere perfettamente.
Fin da bambina i suoi genitori e lo stesso Samir si erano preoccupati di insegnargli la vecchia grafia del popolo da cui loro dicendevano e da cui lo stesso sangue puro scorreva nelle loro vene , i maya.
Cominciò a scorrere con lo sguardo quelle parole, rivelando cose di cui lei ingnorava ancora l'esistenza.
"Cara Mia, è con mio profondo dolore che ti scrivo queste poche parole, in quanto se i tuoi splendidi occhi da bambina stanno leggendo queste frasi vuol dire che ti hanno portato via da me, da noi, da quelli che prima erano parte della tua famiglia.
Mi è stato concesso di scriverti una breve lettera per poterti informare a grandi linee su quello che ti è accaduto, quindi non perdo altro tempo: Tu, mia piccola bambina, sei una prescelta dagli dei, gli stessi dei che il nostro popolo segretamente continua ad adorare. Prima ancora della tua nascita, gli dei avevano previsto la tua venuta e ti hanno scelto per riportare il nostro popolo alla gloria di un tempo. Tutto quello che ci circonda, dal piu' umile oggetto a quello piu' tecnologico, è stato creato da noi, con il nostro ingegno e le nostre capacità intellettive, di gran lunga superiori agli altri esseri umani. Chi non appartiene al nostro popolo ha fatto sue le nostre idee, arricchendosi alle nostre spalle e portandoci all'estinzione. Ora gli dei si sono espressi e il loro volere è che tu riporti alla luce la nostra civiltà, restituendo ciò che ci appartiene e portando il nostro popolo al dominio assoluto.
Bambina mia per il momento non mi è concesso dirti altro, anche mentre scrivo sono sorvegliato e non posso svelarti altri dettagli, saranno loro o piu' correttamente sarà Lui a dirti quello che devi fare.
Mia, l'intervento a cui sei stata sottoposta è un'esperimento che ti impedirà di provare qualsiasi tipo di emozione, sia bella che brutta, non percepirai ne la fame, ne la sete, ne il dolore, ma non è permanente, esiste un modo per togliere questo effetto, ma ahimè io non sono in grado di dirti quale sia questo rimedio.
Ti prego con tutto il cuore di perdonarmi, non sono stato un buon padre, non sono riuscito a nasconderti ed a proteggerti ed ora ti hanno portato via.
Segui le istruzioni che ti manderanno e forse un giorno, ad incarico completato, potrai tornare ad essere la ragazza di un tempo e riunirti a noi.
Non sono nella posizione di poterti ordinare qualcosa, ma sappi che noi stiamo soffrendo tutti per la tua sparizione, tua madre non mangia piu', tuo fratello ti sta cercando ovunque ed io non so come fare, viviamo nella speranza che un giorno tu possa tornare da noi per completare i nostri cuori spezzati a metà dalla tua assenza.
Non so esattamente cosa vogliono che tu faccia e in che modo figlia mia, ma sta attenta.
Ti voglio bene."
Dopo aver letto le ultime righe, Mia non riuscì a provare nulla, solo distacco. Si rialzò dallo sgabello su cui era seduta, e come aveva fatto per l'andata, strascinò i piedi fino al misero lettino su cui poco prima si era svegliata, portandosi dietro quella misera candela e ricordandosi della presenza della lettera che aveva lasciato sul lenzuolo.
Appena arrivata al lettino, si mise a sedere, posando la candela consumata sul materasso, in un modo che non potesse cadere e prese in mano la lettera. La aprì con cura e ne lesse il contenuto con la stessa indifferenza con cui lesse quella del padre.
'Le porgo un buon risveglio Esperimento 666, questo è il suo nuovo nome per un tempo ancora da definirsi, tutto dipende dalla sua capacità di obbedire dagli ordini impartiti.
Come lei stessa potrà notare, le sue capacità emotive e ricettive sono state azzerate, per tanto come prima cosa le devo chiedere di apprendere nuovamente il significato degli stimoli che il suo stesso corpo le inviano. L'intervento a cui io, l'ho sottoposta, ha richiesto molte mani e molte ore di lavoro, senza contare gli anni di studio per rendere una cosa del genere possibile, perciò la invitò cordialmente a rimanere stesa sul letto per il tempo necessario, in modo di dare alla ferita che ha sulla nuca il tempo di rimarginarsi correttamente.
Nelle prossime ore la raggiungeranno degli addetti, che si preoccuperanno di sorvegliare la sua salute e di ragguagliarla sul primo incarico da svolgere.
Le comunico inoltre, che se non obbedirà alla lettera sugli ordini, sarò costretto a prendere provvedimenti contro di lei e contro la sua famiglia. Sono sicuro che nonostante la sua incapacità di provare emozioni, non desidera che accada qualcosa di irreparabile a sua madre o suo padre, ma in particolae modo a suo fratello Samir.
Cordiali saluti,
Il serpente piumato.'
Mia venne estirpata dal sogno in cui era caduta, da una voce femminile, probabilmente quella della sua finta madre    - Esperimento 666, per favore si svegli!-
Mia aprì lentamente gli occhi, volgendo subito dopo lo sguardo verso quella donna - Cosa vuoi?- domandò ancora assonnata
La donna, che nel frattempo che lei dormiva, si era pericolosamente avvicinta, indietreggiò in preda alla paura - Mi scusi Esperimento 666, ma è l'ora di alzarsi e di iniziare con la missione- ammise pacatamente la donna.
Mia si accrucciò, era errivato il momento di entrare in azione..

Esperimento 666Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz