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– Per piacere aiutami a rialzarmi

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– Per piacere aiutami a rialzarmi.

– Ma come ti sei conciato? Perché hai messo la camicia? Questo non è posto da musica house. Guardati intorno, guarda gli altri come sono vestiti. Lo sanno persino le pietre che il dresscode qui deve essere total black.

– Non è questo il motivo per cui sono ridotto così. Dai ora dammi una mano.

Un occhio era coperto nel fango e l'altro al livello del terreno vedeva sfilare caviglie, tacchi, sneakers e sandali di quelli che erano stati rimbalzati dal buttafuori del Berghain. Stefano non era pienamente cosciente di trovarsi steso per terra nella fila d'uscita.

– Mi chiamo S...Stefano e tu?

– Come chi sono, Stè svegliati, sono Anna.

– Ah già scusa Anna

– Hai bisogno veramente di tornartene a casa se non mi riconosci.

– Certo...Certo che ti conosco, sei Anna. Scusami è che sono un pò...

– Ma che ti è successo?

– Di sicuro sono stato picchiato. E poi...poi ho detto la verità. Io dico sempre e solo la verità.

– Oddio ma di che verità stai parlando?

– Parlo di quella che ci circonda. Guarda...Guardati intorno. Cosa vedi? Avanti dimmi.

– Tralasciando un ragazzo ubriaco che ho appena rialzato dal fango, vedo delle persone in fila, una giornata tipicamente berlinese col cielo coperto, un paio di buttafuori molto selettivi che lasciano entrare nel locale solo una persona su dieci.

– Non è solo questo, guarda più lontano, più a fondo.

Anna sbuffa, dalla bocca caccia fuori alito caldo che condensa subito col freddo mattutino.

– Vedo un giorno di festa, tanti arcobaleni, oggi è il gaypride. Ci sei passato per Alexanderplatz? Hanno costruito un villaggio con tanto di torre radiofonica mobile e di campi da pallavolo...

– Ecco! Brava, ci siamo quasi.

– Fai prima a dirmelo tu. C'è qualcosa che ti da fastidio?

– Più o meno...insomma penso che se fossi omosessuale, alcune cose che hanno messo in piedi mi avrebbero dato un gran fastidio. Ecco tutto.

– Tipo?

– Tipo guarda lì dove ci sono tutti quei ragazzi con le bevande in mano.

– Sono carini i bicchieri arcobaleno...mi sorprendi Stefano, non è che per caso sei...

– No, non sono omofobo. Ecco qua la facilità con cui oggi le persone giungono a conclusione. Etichettato, tutto etichettato. Sto solo dicendo che queste multinazionali....ecco lì vedi...vedi hanno fatto anche le bevande arcobaleno e le vetrine nei grandi centri commerciali come fosse una festività centenaria.

– Oddio ma cosa ci vedi di male in tutto questo? Tappa quella bocca.

– Di male ci vedo che le multinazionali ne approfittano. Colgono la palla al balzo per lucrarci sopra. A questi qua non interessa niente dei diritti gay. E mi sentirei preso per il culo...se fossi gay intendo...ecco tutto.

Anna tiene Stefano sotto braccio. Lo aiuta a stare in piedi e un passo alla volta lo conduce verso la fila per il bagno chimico.

– Non devo pisciare Anna...Andiamo verso l'ostello.

– Bhe io si, dovrai aspettarmi un attimo.

– Va bene...va bene...Io però, giusto per concludere il discorso di prima, al Berghain ci sono entrato...Insomma voglio dire che non sono stato ridotto così dai buttafuori...Stavo dentro ti dico e ballavo sulle note dei Brutalismus2000...Sono stato punito per aver detto la verità, la stessa che ora sto raccontando a te.

Così dicendo Stefano è scaricato tra le braccia di un'altra ragazza.

– E lei chi è? Giuro che non ti avevo visto. Insomma tu sei Anna ma lei penso di non averla mai vista in vita mia.

– Sei messo davvero male caro il mio protomartire per scemenze. Eleonora, ti dice niente questo nome?

– Giuro che non scherzo, io questa Eleonora non l'ho mai vista. Non ho amiche col septum al naso. Anzi, a dire il vero e mi scuso in anticipo per la sincerità, mi fanno schifo le persone in generale col septum. Lo trovo sporco e una mia compagna di studi in Italia mi ha detto che quando si sveglia al mattino col septum storto e lo raddrizza, si sente puzza di pelle morta. Perché alla fine se ci pensi è un foro e il corpo lo associa a una ferita che cerca di rimarginare continuamente e si accumula la pelle morta... Eleonora, a te non è mai accaduto che...

Stefano non ha il tempo di concludere la frase. Percepisce una stretta al braccio diversa dalla precedente. Non è più accomodante e di sostegno bensì una scossa violenta lo accompagna in avanti e si ritrova con la faccia sul bordo del bagno chimico. Non ha il tempo di ridestarsi per protestare che si ritrova davanti la mano smaltata di Anna che gli infila lesta un bello strato di carta igienica arrotolata in bocca. Eleonora intanto gli mantiene la fronte  e il collo, si gira a controllare che non abbiano destato sospetti e poi sussurra:

– Vedi bene nelle tasche davanti.

– Sta passando qualcuno?

– No, vai tranquilla...preso?

– Sto coglione ha solo un ventino nella tasca dei jeans e una poste pay. Dici che ci può servire?

– Con così poco non ci fai niente a Berlino e si penso che la carta ci possa servire a meno che questo puzzato di fame non ci ha caricato sopra una cifra simile.

– Svegliati...ho detto svegliati...oh dammi il codice della carta, altrimenti giuro che ti ammazzo.

– No, denunciamolo alla polizei. Diciamo che ci stava stuprando.

Stefano ha il dorso delle mani al petto come se fosse un portiere in attesa del tiro su calcio di rigore. Prende bene il primo colpo di tacco numero dieci ma subito dopo gliene arriva un altro dritto al volto. È così rapido che realizza solo in un secondo momento di essere stato ferito. Le mani allora sono tese al volto che nel buio del cesso di plastica berlinese censurano il sangue.

– Brutto stronzo omofobo, il buco del septum te lo faccio io e vedrai che non puzza. Tu al contrario odori di merda.

– Forse si è anche cagato addosso. Che schifo...andiamocene.

– Mh già andiamocene, qualcosa da bere ci esce.

– Chiudilo dentro uscendo.

La carta igienica in bocca si è spugnata e Stefano la riversa nel gabinetto insieme ai noodles del wok cinese mezzo digerito infine si siede e con la luce che penetra dagli spiragli si da una controllata al corpo. La camicia bianca che indossa è del tutto ingiallita. Come uno straccio, ha assorbito tutto il piscio degli europei che non hanno centrato il vaso.

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