Capitolo 41 (IV). Una voce

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Qualche giorno prima, sapendo che Anna e Marco sarebbero andati dal don a fissare la data e prendere accordi per il corso, Sara si era confessata a Don Benedetto e, in confessione, gli aveva detto dell'amore fra Marco e Ilaria, non per allarmarlo, ma per chiedergli consiglio e gli aveva detto:

«Per favore don, ovviamente non gli dica che l'ha saputo da me, ma. . . provi a interrogarlo sulle sue vere motivazioni del matrimonio con Anna. Se la ama e se. . . per caso. . . ami anche un'altra donna e, se sì, quale. Marco è un uomo sincero: non credo che le mentirà se gli farà la domanda diretta. Io. . . non è che non mi fidi di lui, forse sì, ma ho paura, al contrario di Luigi: per lui Marco è la salvezza di Anna. Forse lo è, ma lei sa che Anna ha molto sofferto per Luca: non voglio che lo debba fare un'altra volta. . . per cosa poi? Per una sorella?»

«Amare. . . nel senso proprio di. . . "amare"?», le aveva chiesto il don.

«Oh, don, come posso dire? Amare sì, ma. . . senza fare nulla: come fratelli, ma anche non come fratelli: è stranissimo, io stessa non ci capisco. Quando li vedo assieme a volte è come vedere una coppia, lei ha un'adorazione per lui e non riesce a nasconderla, lui. . . non è parte proprio attiva, si vede che comunque le attenzioni della sorella gli fanno piacere; ma poi, effettivamente, non hanno mai consumato, e di questo ne siamo certi tutti, io per prima.»

Il prete aveva giunto le mani, improvvisamente serio:

«Vedrò di interrogare questo fidanzato quando Anna me lo porterà; non dirò che so questo segreto da lei detto in confessione ma. . . sentirò cosa mi dice. Ovviamente se c'è un reale impedimento per il matrimonio è mio dovere sacerdotale avvisare Anna, è da parte mia impossibile celebrare un matrimonio nullo in partenza. Secondo il Diritto Canonico questo fidanzato deve assolutamente aver chiaro il vincolo dell'unità coniugale e non simulare il consenso pensando di usare il matrimonio con Anna come copertura della sua relazione che intende avere con questa sorella una volta sposato. Il fatto che comunque non abbiano consumato mi induce a credere che sia solo un amore fraterno molto forte diventato amore platonico da parte della ragazza; può capitare: ho sentito dei casi. Io non li conosco, ma vedrò di cavarne qualcosa.»

Con questo ricordo nella mente Don Benedetto ritornò dietro la scrivania, guardò Marco e gli disse:

«Bene bene, Marco, scusa se ti ho separato da Anna, ma. . . avrei piacere di fare due parole con te», e, senza aspettare risposta, indicò la finestra: «ti dispiace se apro un po'? Non c'è più tanto sole. . . »

«No, si figuri, don, faccia pure.» 

Il don scavalcò la cyclette e aprì la finestra: entrò un lieve rumore di traffico nella stanza, ma non troppo fastidioso, unito a qualche vociare distante di ragazzi che giocavano nel cortile interno ma, anche, un'aria fresca odorante di mare che si faceva sentire fin lì; si risedette con altri cigolii, si tolse gli occhiali ponendoli sulla tastiera, si stropicciò gli occhi, tamburellò le dita sulla scrivania con l'espressione di chi cerchi di trovare l'incipit di una conversazione; alla fine giunse le mani e chiese:

«Tu dunque, Marco, sei stato scout per vari anni, mi ricordi per quanto tempo?»

Marco si sentì sollevato, almeno per il momento: aveva intuito che il suo essere scout l'aveva interessato, ma ancora non capiva il perché fosse stato trattenuto. Cercò di rispondere tranquillo, facendo anche un piccolo sorriso:

«Quasi dieci, don. . . da circa otto a circa diciotto.»

«E dove?» 

«Al "Genova primo", il reparto scout della chiesa di Oregina, la conosce, vero? Quella di "Nostra Signora di Loreto", ho cominciato come lupetto, avevo otto anni, credo, poi sono arrivato al primo anno di Clan, ma. . . ho smesso, perché poi avevo l'università che mi prendeva più tempo.»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Where stories live. Discover now