Capitolo 48 (VII). Un sogno che si avvera

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«Hai capito molte cose di me micia, senza che te le abbia dette. . . », Marco sorrise un poco amaramente, «quasi più di me stesso.»

«Sono tua moglie, gattino, non per caso: ti ho conosciuto in questi anni», Anna gli si appoggiò a fianco, gli diede un bacio sulla guancia, «so cosa hai fatto per tua sorella e per vivere voi tre insieme con un solo stipendio da cameriera, me lo raccontava la tua mamma; mi diceva che passavi i pomeriggi in biblioteca per non comprare libri. . . »

«. . . e a volte i libri in biblioteca erano di un'altra edizione o vecchi e studiavi solo sugli appunti, o comunque facevi più esercizi sulle dispense del professore, insomma, ti arrangiavi», Marco ammise, sorridendo sempre con quel retrogusto amaro, «non c'era da fare molto altro, quella era la situazione. Però, micia, non so. . . », Marco guardò la foto di Luca sorridente, «non è che provi invidia per Luca che si poteva permettere di studiare tranquillo e avere anche il resto. Questo no, anzi, forse ringrazio di aver avuto questa difficoltà: io a un certo punto — sai — l'avevo presa quasi come una sfida personale: volevo farcela, non era solo per permettere a Ilaria di studiare, era per me», Marco fissò Luca per qualche momento, cercò di scoprire dentro quello sguardo il mistero del perché Anna, una principessa, fosse diventata sua moglie; era solo per il dolore causato dalla sua morte e che l'aveva resa attratta da quello altrui, o c'era altro? «Però. . . », rimase il suo dubbio inespresso.

«Però cosa gattino?»

«Sono un po' triste per te, micia, per ciò che ti è successo, che è successo a lui. . . sareste stati felici, voi due, non avresti avuto bisogno di uscire dal palazzo per incontrare me; si può essere felici dentro al palazzo, no? Guarda Walter e Sabina, per esempio, due così dentro al palazzo non ce ne sono. . . », poi pensò che il suo discorso avrebbe potuto essere interpretato da Anna come: «se Luca non fosse morto tu ti saresti sposata con lui e io sarei stato libero con Ilaria. . . », ma che Anna sembrò non intendere.

«Ma tu non vuoi essere come Walter vero, gattino?», gli disse, invece; «tu non vuoi essere dentro al palazzo dopo che hai visto cosa c'è fuori ed essere sopravvissuto, questa è la cosa importante!»

«No, non credo micia. . . », Marco strinse le labbra, chissà perché in quel momento notò le scarpe da calcio di Luca, dall'aspetto professionale, probabilmente costate un quarto dello stipendio di sua madre, «per quanto io abbia vissuto diversamente da lui, con meno mezzi, con la solitudine, il dolore, so che la mia vita vale perché, sì. . . perché sono sopravvissuto. Ce l'ho fatta.»

«E ti ho trovato, gattino; ci siamo trovati; anch'io sono una sopravvissuta. Non lui però. . . », sfiorò il viso di Luca, «povero, per lui l'esperienza del dolore è stata fatale: era dentro al palazzo certo, e non sapeva cosa si perdeva: l'ha saputo solo per qualche minuto, chissà, nel tragitto con l'ambulanza, anche se mi dissero che probabilmente aveva perso subito conoscenza, grazie al Cielo, almeno quello. . . »

«E non rimpiangi nulla, micia?»

«E tu? Rimpiangi qualcosa gattino?»

Marco sospirò; quello era il punto nodale di entrambi; per uscire dal palazzo Anna aveva rinunciato al suo amore della vita; egli l'amore della vita l'aveva trovato quand'era già al di fuori.

«No micia, così come c'è ricchezza fuori, c'è ricchezza anche dentro. Si può dire che tu sia stata più forte di me; tu hai dovuto accettare di essere scagliata fuori e riprendere la tua vita; questo fa di te una donna che ammiro e che amo. Mi spiace che tu abbia dovuto così soffrire, ma sono felice che tu sia sopravvissuta per poi incontrare me.»

«Io la ringrazio adesso quella morte, gattino, ora», gli prese la mano; «questa è la mia via storta che ti chiedo di raddrizzare, è il rimpianto di una storia meravigliosa unito alla felicità di una gioia presente», si volse poi a Luca, arretrò di un passo, con la mano fece un gesto a Marco di girarsi e fronteggiarono entrambi la lapide, Anna si fece poi il Segno di Croce, e, tenendo la mano a Marco, recitò un "Eterno Riposo". Dopodiché disse rivolta a Luca:

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora