Capitolo 43 (V). Silvia Palestro, in Testino

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«Certo, Marco, tranquillo», Luigi lo interruppe, gli prese la mano sopra il suo ginocchio, lo scrollò un poco, «sono cose che sapevo già. . . », gli sorrise: prese il bicchiere, afferrò la falena per un'ala, la liberò sul tavolino, «Anna mi parla di voi: so del vostro patto, ho un buon dialogo con mia figlia; pensavi forse che non me ne avesse parlato?»

«No, certo, scusa. . . », Marco si intristì all'improvviso, come se con questa frase Luigi avesse voluto rimarcare un contrasto di relazione; quand'anche era vivo non si poteva dire che egli avesse un buon dialogo con il papà. 

«Il fatto è che voglio averlo anche con te adesso, Marco», Luigi disse, quasi leggendogli nel pensiero, la falena salvata era rimasta immobile, aspettando di poter di nuovo volare; «voglio andare a fondo di questa cosa, ma non possiamo farlo se tu non cominci ad aver fiducia. Io ce l'ho in te, ma tu?»

«Io. . . penso di sì, Luigi», sospirò, «è solo che. . . »

«Hai paura, lo so», Luigi gli sorrise, spense la luce dell'ombrellone, prese i bicchieri vuoti, si alzò, «facciamo due passi?», gli tese la mano, cominciò a camminare, Marco lo seguì, «e sai perché hai paura?», gli disse, una volta che Marco gli fu accanto, «è semplicemente perché sai che non stai facendo nulla per evitare che Ilaria caschi e tu con lei e, per di più, che ti accorgi che non sai far nulla per evitarlo», oltrepassarono il cancelletto della terrazza, «Laky? Vieni?», Luigi la chiamò; il cane alzò un poco le orecchie, ma non si mosse, aveva trovato una posizione comoda, malgrado il caldo, «dai su, vieni, che chiudo il cancello, non farti pregare; pigrona. . . »; Laky al sentirsi chiamare "pigrona" decise che fosse il momento di muoversi, sbadigliò e pensò di ritornarsene nella sua cuccia sicuramente un po' più fresca di quel cotto in terrazza, che aveva trattenuto il calore del giorno; si alzò e raggiunse i due, scodinzolando un poco, «Marco, mi puoi poggiare i bicchieri sulla colonna, per favore?, poi li prendiamo al ritorno», «certo. . . », Luigi li diede a Marco, chiuse il cancello, diede una carezza al cane che era arrivata nel frattempo, «brava, va' a dormire, per oggi hai fatto il tuo dovere. . . » disse, chiudendo il cancello, il cane gli volle leccare la mano per riconoscenza, contenta di quest'ultima lode, scodinzolando più allegra, «sì, sì. . . brava Laky, hai fatto la guardia e ci hai fatto compagnia, ora vai a cuccia», Laky non se lo fece ripetere due volte e si avviò per le scale lieta di poter finalmente dormire senza aspettarli, Luigi, invece di scendere e seguirla, salì verso la seconda terrazza, «non è così, Marco?», gli chiese, dopo qualche gradino.

«Sì, è così Luigi. . . non so cosa fare in effetti. Dovrei parlare con Andrea?», stette un poco in silenzio, salì qualche gradino, «ma no. . . , lui fa sempre battute su me e Ilaria, non ci ha mai capiti nel nostro amore tra fratelli, non mi ascolterebbe. . . », storse la bocca pensando a tutte le ironie che aveva espresso sul loro conto, pensò ancora un poco, «cercherò di parlare a Silvia, allora. . . forse con me si apre, ultimamente avevano anche un po' discusso, non dico che fossimo diventati amici ma parlavamo di libri e romanzi, se togliamo l'aspetto di Emanuele dove. . . è . . . — tra virgolette — "folle", è una donna di cultura e ci si parla bene. Vedrò cosa posso fare, tu che dici, Luigi? Potrei, no?», Marco si girò con lo sguardo speranzoso, come Laky, di una carezza da parte di Luigi, se non di una lode.

«Vuoi che ti dica la verità, Marco?», Luigi svoltò nella seconda terrazza, sovrastante la piscina, dove si trovavano alcune piante da frutto, «tu provaci, certo, non dico di no, ma dubito otterrai qualche risultato», si avvicinò alla seconda, un susino a frutti gialli, «e sai perché?»

«No, dimmi.» 

Luigi non gli rispose subito, «mh, in pochi giorni sembrano maturate, sarà il sole di ieri e oggi», aveva un tono gioviale, ne toccò qualcuna, «devo dire a Emiliano di venire a raccoglierne un po'», ne prese una, la divise in due, «direi proprio matura al punto giusto, le hai mai assaggiate?», Marco scosse il capo, «provala, sono di una qualità un poco aspra ma buonissima», le tolse il nocciolo, gliela diede, se ne prese un'altra per sé; Marco la mise in bocca, acidula e dolce allo stesso tempo, «buona!»; «lo immaginavo», Luigi mangiò la sua e ne prese altre sei toccando quelle migliori, indicò verso l'alto, «c'è un altro albero di una qualità ancora più buona che matura di solito a metà luglio ma è nella terrazza più sopra e ci si può andare solo a piedi passando da dietro la piscina. . . », si sedette a terra, «ma stasera ci faremo bastare queste, che ne dici?», gli sorrise con una strizzata d'occhio, gli fece cenno di sedersi a fianco a lui, gliene diede tre, «rinfreschiamoci la bocca, intanto, è una serata calda, poi parliamo. . . »

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)On viuen les histories. Descobreix ara