8. Occhiaie

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Quel lunedì mattina gli occhi di Suguru erano pieni di occhiaie. Tanto che ha pensato di intrufolarsi nel bagno di sua madre per un po' di correttore. Non erano mai stati così brutti, ricordavano quasi il suo occhio nero della settimana prima.

Era stato sveglio tutta la notte a preoccuparsi. A ripetere ciò che Bug Boy aveva detto al ballo e chiedersi perché da allora non avesse detto niente a lui o a nessun altro. Come se non bastasse, aveva ripetuto la conversazione sullo stagno ancora e ancora, fissando il tintinnio del ventilatore sul soffitto.

Si aggrappò al bancone del bagno, costringendosi a distogliere lo sguardo dal proprio riflesso abbastanza a lungo da sentire il suono del clacson di Satoru dall'esterno. Dato che sua madre era all'ospedale ora, non doveva più prendere l'autobus, e anche se Suguru era grato, non poteva fare a meno di desiderare di salire ancora sull'autobus. Le circostanze erano tutte sbagliate.

La corsa verso la scuola fu normale, tranquilla ma non troppo, mentre guidavano nella tarda mattinata autunnale. Fu solo quando raggiunsero i loro banchi durante la lezione di biologia che Suguru iniziò a rilassarsi, la tensione dell'insonnia di quella notte si dissolse come nebbia alla luce del sole.

"Ho fatto un sogno su di te la scorsa notte, Sugu" disse Satoru mentre si voltava verso il suo banco, scarabocchiando nell'angolo dei compiti non consegnati di Suguru prima della campanella.

"Dev'essere stato per questo che non riuscivo a dormire" disse, osservando attentamente Satoru che disegnava una medusa con la sua matita. Se avesse dovuto colorarlo, Suguru pensava che sarebbe stato azzurro come Satoru. La immaginò nuotare come fanno le meduse dalla sua carta e fuori dalla finestra, con tentacoli fibrosi che gli scorrevano dietro come onde.

Satoru alzò lo sguardo, alzando un sopracciglio. "Che cosa vuol dire?"

"Se non riesci a dormire, significa che sei sveglio nel sogno di qualcun altro. Non ne hai mai sentito parlare?"

Si strinse nelle spalle, disegnando una faccina sorridente sulla medusa. "No, non l'ho fatto. È piuttosto bello però, non è vero?"

"Suppongo. Vorrei solo che tu smettessi di sognarmi così potrei dormire" disse, sospirando. Osservò le mani di Satoru e il modo in cui i suoi tendini si muovevano mentre disegnava, desiderando di poterli seguire con il dito.

Satoru sorrise, mettendo l'estremità della sua matita tra i denti. "Vuoi sapere cosa stavamo facendo nel mio sogno?" chiese.

Il cuore di Suguru partì, svolazzando rapidamente dietro la cassa toracica. "Fluttuando insieme nel vuoto, spero", disse, cercando di ignorare il suo cuore. Perché lo faceva?

"Non esattamente..." disse, sorridendo.

Suguru sorrise, combattendo il rossore sulle sue guance. "Cosa indossavo?" chiese solo mezzo sarcastico, disegnando una medusa abbinata accanto a quella di Satoru per distrarsi.

"Non molto" disse Satoru con una risata mentre picchiettava leggermente la matita contro le nocche di Suguru. "Niente di niente, in realtà"

Suguru alzò gli occhi al cielo e sorrise. "Pensi di essere divertente, vero?"

Satoru alzò lo sguardo, i loro occhi si incontrarono. Suguru era iper consapevole del ginocchio di Satoru contro il suo, lottando contro l'impulso di divincolarsi. Pensava di star sudando. Stava sudando? Si sentiva accaldato. Molto accaldato-

"Stai arrossendo di nuovo, Sugu" disse Satoru. "Accidenti, sei così facile da far eccitare"

Eccitare? Dio, cosa significava? Suguru non era eccitato... per niente...

"Mimi ti ha mangiato la lingua?" chiese Satoru, ridendo della sua stessa battuta.

"Non è divertente" disse Suguru.

(WHEN FACING) THE THINGS WE TURN AWAY FROM ─ stsgWhere stories live. Discover now