15. Ferite aperte

477 34 62
                                    

Satoru dormiva sul letto di Suguru. Erano passare ore ormai.

Suguru chiuse il suo libro di testo e appoggiò la testa sulla scrivania, guardando la schiena di Satoru alzarsi e abbassarsi con respiri assonnati. I suoi arti erano aggrovigliati con la trapunta di Suguru, la sua faccia sepolta nel cuscino.

Anche se sua madre li aveva chiamati per la cena dieci minuti prima, non riusciva a svegliare Satoru.

Erano passate due settimane dalla morte di sua madre, e Satoru era più distaccato che mai, parlava a malapena o sorrideva. Non piangeva mai, esisteva a malapena in compagnia di Suguru. L'intorpidimento aleggiava su di lui come una fitta nebbia accecante, ma nonostante ciò, si aggrappava ancora sottilmente a Suguru. Chiedeva sempre di restare la notte, solo per infilarsi nel letto di Suguru e addormentarsi.

Suguru desiderò che non gli importasse. Avrebbe voluto che vedere Satoru così non lo colpisse così tanto. Era estenuante, lasciandolo a chiedersi, nonostante le sue convinzioni passate, se Satoru sarebbe mai più stato lo stesso. Pensare troppo era naturale per Suguru, quindi era inutile cercare di fermarsi.

Decise di lasciare Satoru da solo nella sua stanza e si diresse verso la cucina. Sua madre era seduta da sola al bancone della colazione con una scodella di zuppa di pollo e un bicchiere d'acqua, scorrendo distrattamente sul telefono.

"Dov'è Ren?" chiese Suguru, prendendo due ciotole dall'armadietto.

"È in viaggio d'affari per il fine settimana"

Suguru annuì e si sedette accanto a lei dopo aver messo la ciotola di Satoru nel frigo. "È bello andare in giro per casa senza avere paura di lui"

Lei sospirò, sfoggiando un sorriso. "A volte può essere duro, ma si prende cura di te, Suguru. Questo non può essere discusso''

Lui scrollò le spalle, "Immagino"

Rimasero in silenzio per un po'. Il silenzio si riempì con il riscaldamento che si accendeva e si spegneva, facendo tintinnare le prese d'aria.

"Suguru?" disse, voltandosi a guardarlo.

"Sì?"

"Come sta Satoru?"

Suguru non sapeva come rispondere a quella domanda. Il suo terrore peggiorava man mano che cercava di inventarsi qualcosa, quindi sbottò la verità, incapace di costruire una bugia convincente. "Non sta bene, e non so cosa fare", disse, guardando dolcemente sua madre. "Non mi parla quasi più"

Lei sospirò, abbassando le spalle. "Il tempo guarisce tutte le ferite", ha assicurato. "Guarirà anche le sue"

Suguru scosse la testa. "Non ne sono così sicuro"

"Perché?"

Non voleva parlarne, ma ne aveva bisogno. Non c'era nessun altro a cui potesse dirlo se non a lei. "Pensavo di conoscere Satoru, tipo lo conoscessi davvero", ha spiegato. "È spaventoso per me vederlo così, e mi chiedo se l'ho mai davvero conosciuto"

"Ha perso sua madre", disse, facendo scivolare di lato la ciotola vuota. "Sta male. È normale che stia così"

"Ci sono due versioni di Satoru, mamma" disse Suguru, avendo bisogno che lei capisse. "Una prima che sua madre morisse e una dopo, e le due non si somigliano per niente" deglutì il groppo acuto in gola. "Non voglio perderlo, sai?"

"Sii paziente", disse, scostandogli dolcemente i capelli dalla spalla. "È ancora Satoru"

"Lo so" disse, con il respiro tremante. "È l'unica persona con cui mi sento a mio agio e so di darlo per scontato. Lo uso per... sentirmi bene con me stesso. E io ho bisogno di lui"

(WHEN FACING) THE THINGS WE TURN AWAY FROM ─ stsgWhere stories live. Discover now