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KENNEDY

Questo posto non mi piace. Sono a casa di Chandler da poche ore e non vedo l'ora di andarmene, ho percepito subito un'energia negativa entrando qui dentro e non è perché so che sua sorella si è suicidata qui, è qualcosa di viscerale che nasce da dentro.

 Una sensazione, un campanello d'allarme. Seguo Chandler lungo il corridoio e lo afferro per la maglietta, strattonandolo.

«Aspetta» sussurro. «Hai dei guanti?»

Mi fissa come se fossi pazzo.

«Dei guanti?»

«Non sappiamo cosa ci sia lì dentro, ma non credo che dovremmo toccare qualcosa».

Se questa stanza è stata chiusa in questo modo, significa che c'è qualcosa che quell'uomo non vuole che venga scoperta e il mio radar per la negatività suona impazzito adesso. Chandler scuote la testa e indica il bagno di servizio a due porte di distanza, mi dice di cercare sotto il lavandino e mi ritrovo così a frugare nel mobile del bagno più grande che io abbia mai visto. Torno da lui con due paia di guanti in lattice, li indossiamo e lui infila la chiave nella serratura. Armeggia un po' e impreca.

«Non si apre?»

«No, ma abbiamo infilato dentro altre chiavi la notte del Ringraziamento. Forse abbiamo rovinato la serratura» borbotta.

Lo allontano e lui mi fulmina con lo sguardo. Non l'ho mai visto così agitato, il sudore gli imperla la fronte e gli tremano le mani, come se temesse di trovare il corpo di sua sorella lì dentro. 

Ruoto la chiave nella serratura e spingo con forza quando incontro un po' di resistenza, il rumore inequivocabile di quando si sblocca provoca un'imprecazione a tutti e due. Mi volto e lo guardo negli occhi.

«Sei pronto?» domando. «Abbiamo la chiave, possiamo entrare domani se ti serve tempo».

Scuote la testa con decisione.

«Non esiste, entriamo adesso».

Spinge la porta e allunga il braccio per cercare l'interruttore della luce. La finestra è stata murata, quindi è buio pesto qui dentro. 

Quando la lampadina sfarfalla al centro della stanza, chiudo la porta alle mie spalle e mi guardo intorno. Inarco le sopracciglia e fisso le pareti spoglie, il letto perfettamente fatto e la scrivania con alcuni libri scolastici impilati.

«Ma cosa...»

Chandler si guarda intorno e sbatte le palpebre in preda alla confusione.

«Dov'è la sua roba?» farfuglia. «Che cazzo è successo?»

In questa stanza non c'è niente. Le pareti sono spoglie, gli scaffali sono vuoti e pieni di polvere. Chandler mi ha parlato della passione di sua sorella per la pittura, ma non c'è nemmeno un disegno qui dentro. 

Sembra la camera di un dormitorio studentesco. Mi avvicino alla cabina armadio identica alla sua e accendo la luce, i vestiti sono perfettamente sistemati sugli scaffali e io sono confuso tanto quanto lui. Mi raggiunge e stacca una maglietta da una gruccia, se la porta al naso e inspira forte. Barcolla come se si sentisse male.

«Cazzo, ha ancora il suo profumo» mormora.

«Ho controllato il bagno, è vuoto anche quello. C'è solo una piastra per capelli, una spazzola e uno spazzolino da denti».

Stringe la maglietta tra i pugni e se la infila nella tasca posteriore dei jeans.

«Non ha senso, Amy era un'accumulatrice seriale. C'erano disegni appesi ovunque, conservava anche gli scontrini».

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora