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KENNEDY

Chandler mi raggiunge e l'acqua gelida continua a scrosciare intorno a noi, sto tremando nella mia felpa e ho il cappuccio incollato in testa. Stringo i pugni lungo i fianchi e lo guardo mentre si chiude la porta della serra alle spalle, l'acqua ticchetta sul tetto e l'odore di terra umida mi sferza le narici. 

Ha i capelli neri appiccicati alla fronte, gli occhi scuri infuriati e i vestiti fradici che segnano le linee del suo corpo come le mani di un non vedente che cerca di tracciarne il profilo. 

Non riesco a staccargli gli occhi di dosso. Si avvicina e io indietreggio, ma dietro di me non c'è niente che mi fermi. Nessun muro come di solito accade nelle scene dei libri o dei film. 

Non posso fare altro che continuare a fuggire, tentare di difendermi da quello che ho appena visto e che non ho nemmeno idea di che diavolo sia.

«Io non...» borbotto.

«Sta' zitto, cazzo».

Chandler mi afferra la nuca e preme le sue labbra sulle mie, zittendomi. Mi spinge contro il tavolo al centro della serra, l'impatto produce un rumore assordante in mezzo a quello della pioggia. 

Lo urto con la schiena e lui mi spinge sopra in modo che mi ci ritrovi seduto, poi mi divarica le cosce stringendomi forte. Si infila tra le mie gambe e spinge la lingua tra le mie labbra, le sue mani sono sul mio viso adesso e mi sfila il cappuccio con uno strattone mentre continua a divorarmi le labbra. 

Mi afferra i capelli e mi morde, io tiro la sua maglietta e mi ci intrufolo al di sotto con i palmi gelidi. Sento le linee definite dei suoi muscoli sotto le mie mani, ai miei polpastrelli. Sento il suo respiro infrangersi addosso a me. 

Chandler mi bacia ancora, si deve chinare un po' ora che sono seduto sul tavolo e io aggancio le gambe alle sue tirandolo verso di me. Improvvisamente, la mia pelle scotta e mi sento come se avessi la febbre. 

Sto ansimando quando ci fermiamo per recuperare fiato, non ho più freddo anche se sono ancora fradicio e gocciolante. I miei vestiti sono zuppi, rivoli d'acqua mi scivolano sul viso e sulle labbra. Chandler li raccoglie con la lingua. 

Quando mi tocca, è come se premesse un interruttore e il mio corpo si accendesse. Sto tremando, lui lascia una scia di baci e morsi dalla mia mandibola al mio collo. Succhia piano la pelle umida, come se si stesse abbeverando dalla mia carne.

«Chan...»

«Channy, cazzo. Chiamami ancora Channy».

Gemo quando mi morde più forte e chiudo gli occhi.

«Channy, cosa diavolo stiamo facendo?»

«Non lo so, ma non mi dire di fermarmi. Ti prego, Kennedy, sto tornando a casa».

Non è quello che voglio dire, ma so che le cose tra di noi sono troppo tese per permetterci di stare così vicini. Però io non riesco a stare lontano da lui, non sono in grado di dirgli di no quando mi tocca in questo modo. 

Mi bacia di nuovo e mi strattona la felpa, me la faccio togliere e l'aria fredda mi fa rabbrividire ancora di più dato che non indosso altro sotto. Sono uscito indossando la prima cosa che ho trovato nell'armadio, ignorando il diluvio che stava squarciando il cielo.

«Chi era quello? Rispondimi».

«Uno stronzo che non si farà mai più vedere» sussurra.

«Dimmi chi è, che cazzo vuole da te?»

Mi sento corrodere dalla gelosia ed è un sentimento che mi destabilizza. È così forte che mi fa male lo stomaco, che non riesco a mettere a fuoco nient'altro dentro di me. 

Love, KennedyWhere stories live. Discover now