12 - IL PIANO (2)

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Si erano incontrati solo un'altra volta, una settimana dopo, e la guardia gli aveva spiegato per due volte come avrebbero agito. Dovevano attendere solo la serata giusta e Fabio l'avrebbe avvertito con un segnale convenuto.

Saputo il piano del vecchio e di Fabio, NC360 aveva cominciato a pensare al suo. Se la fuga fosse andata in porto, opportunità insperate si sarebbero spalancate davanti a lui e non aveva intenzione di sprecarle. Sarebbe rimasto qualche giorno da quel vecchio per sentire cosa avesse da dirgli, più per curiosità che per altro, poi se ne sarebbe andato. Doveva rivedere sua moglie e sua figlia, parlare con loro, soprattutto con la sua bambina, che tanto bambina ormai non era più. Non la vedeva, né sentiva da cinque anni e meritava delle spiegazioni. Probabilmente non avrebbe voluto nemmeno vederlo, ma doveva tentare. Dopodiché si sarebbe costituito, giustificando la sua evasione solo con lo scopo di denunciare l'abbazia e le terribili cose che succedevano all'interno. Avrebbe raccontato tutto quello a cui aveva assistito e avrebbe fatto arrestare quella donna e la sua falange armata, a partire da quello stronzo di Masi, tenendo fuori dalla storia Fabio. A prescindere da tutto, quel ragazzo gli era sempre piaciuto. Non aveva nulla da perdere: più dell'ergastolo non potevano dargli; avrebbe, anzi, guadagnato una detenzione certamente più leggera. Ma sarebbe rientrato! Su questo, non poteva farsi sconti. Aveva capito ormai da un po' che l'unico modo per sopportare l'enorme e gravoso peso delle sue terribili colpe, era espiarle per tutta la vita. Non aveva mai pensato di farlo così duramente, come erano stati gli ultimi cinque anni, ma se questo il destino voleva da lui... beh, lui lo accettava. La sera del primo incontro con Fabio, rientrato in cella, aveva rimuginato sulla cosa e aveva quasi deciso di rifiutare l'allettante proposta. In quell'abbazia, nonostante le pene e le fatiche che era costretto a sopportare giorno dopo giorno, aveva ritrovato un qualcosa che si avvicinava alla pace interiore. Sapeva bene che era uno dei massimi controsensi della storia, ma per lui era reale. Stava pagando i suoi errori nella maniera giusta, e questo smorzava le urla, e annebbiava i ricordi, tremendi e dolorosi, che vivevano dentro di lui. Ma i successivi incontri, Fabio l'aveva quasi implorato: il vecchio si era raccomandato infinite volte, dicendo che avrebbero reso un favore all'umanità, che era una questione della massima importanza... e ancora, lui non voleva deluderlo. A NC360 sembrava tutto un tantino esagerato, ma le lacrime che erano scese dagli occhi di quel ragazzo lo avevano intenerito, e alla fine aveva accettato. Inoltre, e non meno importante, c'era sua figlia, che in qualche modo, stava pagando anche lei per le colpe del padre. E questo era intollerabile. Sua figlia... Moriva dalla voglia di vederla, a volte sentiva quasi mancargli il fiato. Pensava continuamente a lei e al destino, crudele fino all'inverosimile, che li aveva separati. Certo, dare la colpa al destino, dopo quello che aveva fatto, rasentava l'assurdo, eppure sapeva, e solo lui lo sapeva, che non era stata solo colpa sua. Il fato gli aveva confezionato un bel po' di regalini interessanti nella sua vita e glieli aveva recapitati un po' alla volta, nei momenti giusti. Un bel tumore a ventidue anni, per cominciare. Poi quando ormai aveva perso ogni speranza, quando ormai aveva abbandonato tutto e tutti, preparandosi all'inevitabile, ecco che spunta fuori quel tizio che, chissà come, riesce a guarirlo, affibbiandogli però quell'altro problema che, volenti o nolenti divenne la causa di tutto quello che successe dopo. L'aveva voluto lui, tutto questo? O era stato il destino? E adesso era lì, separato dalla famiglia che, inaspettatamente, era riuscito a costruirsi. Pensava spesso che quel giorno, il giorno in cui l'abisso si aprì sotto di lui, forse avrebbe potuto riflettere un po' di più, cercare di calmarsi e non lasciare che la disperazione si impadronisse totalmente di lui, come era successo. Forse avrebbe potuto scoprire il brutto scherzo che la sua mente gli stava giocando e, soprattutto, le conseguenze che avrebbe pagato. Ma non l'aveva fatto. Aveva ucciso degli innocenti e il conto era arrivato, salatissimo. Nelle interminabili notti carcerarie aveva imparato, faticosamente, a isolare i suoi pensieri, focalizzandosi solo su quelli non dolorosi e chiudendo in un baule gli altri che, subdolamente, facevano capolino soprattutto mentre dormiva. Aveva usato una tecnica di meditazione che aveva appreso anni prima, durante un corso organizzato dall'azienda in cui lavorava; milioni di volte si era chiesto perché non l'avesse usata prima, quando gli sarebbe stata più utile! C'erano voluti mesi e notti insonni in cui si svegliava sudato, dopo aver udito lo sparo e aver visto piccoli cadaveri insanguinati su una strada, ma alla fine c'era riuscito. E migliorando la qualità del sonno era migliorata anche la vita lì dentro, per quanto possibile.

VuEffe (parte 2) - L'abbaziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora