14 - UN UOMO SOLO (2)

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Il fratello di René aveva preso posto nella guardiola, preoccupato soprattutto dal fatto che i tre fuggiaschi si erano portati via anche il giaccone che teneva appeso lì. Quello che aveva addosso, portato da casa, era più leggero e sapeva già che avrebbe battuto i denti per tutto il giorno. Del fatto che due ergastolani se l'erano filati e una guardia li avesse aiutati, non sembrava interessargli molto. E che suo fratello fosse stato licenziato, ancora meno. Negli ultimi anni erano stati d'accordo solo sulla distribuzione dei due turni di sorveglianza. Per tutto il resto era un continuo litigio, per cui avevano tacitamente deciso di non parlarsi più. René era uscito non appena lui era entrato, buttando una fugace occhiata a Masi, mentre gli passava accanto. Era salito sulla sua auto ed era partito sgommando.

Il capitano e le due guardie uscirono, proprio mentre arrivava l'auto con gli altri tre sorveglianti.

«Che cazzo è successo?» sbraitò Masotti non appena sceso. «Come hanno fatto quei due stronzi a scappare?»

«Franco, zitto! Abbiamo già perso troppo tempo. Antonio, vai dentro. Vignoli ti sta aspettando. Voi due venite con noi.»

Si avviarono verso il limitare del bosco.

«Ma da che parte sono fuggiti? Non c'è nemmeno un'impronta.» disse una delle due guardie.

«Le hanno cancellate!» rispose Masi, raccogliendo la scopa abbandonata vicino a un tronco. «Puerile tentativo di farci perdere altro tempo.»

«Sono andati per di qua.» disse Peri, indicando le tre file di orme che si perdevano nel folto degli alberi. «Ma dove se ne vanno?»

«Al fiume, quasi sicuramente.» grugnì il capitano, guardandosi intorno. «È basso per un buon pezzo. Potrebbero camminarci dentro per non lasciare altre orme.»

«E arrivare a valle. Ci sono molti sentieri che potrebbero utilizzare.» disse Masotti. «Ma dove hanno intenzione di rifugiarsi?»

«Ovunque. Sfruttano il fatto che non possiamo denunciare la loro fuga. E hanno quel ciccione di merda di Santini che li aiuta. Facile che abbia un qualche aggancio.» Masi sputò per terra.

«Fabio Santini li ha aiutati?» Masotti sgranò gli occhi per la sorpresa. «Allora andiamo a casa sua. Andranno là o ci sono già...»

«È ciccione, ma non stupido!»

«Capitano, è meglio muoverci.» disse una delle due guardie, facendo l'atto di avviarsi sul sentiero ricoperto di orme.

«Enrico, aspetta! Tu e Karl venite con me. Peri e Masotti, seguite quelle impronte. Avvertitemi di qualsiasi cosa troviate, che sia strana o normale. Voglio sapere tutto!» Sorrise. «Li prenderemo. Hanno ore di vantaggio, ma un ciccione e due galeotti che spaccano pietre per undici ore al giorno non corrono veloci.»


Alberto aveva detto addio al suo amico e senza ulteriori indugi era partito, dirigendosi verso la pianura che l'attendeva pochi metri sotto di lui. Aveva ancora metà borraccia piena, ma prese anche quella dell'amico, piena tranne l'unica sorsata che aveva dato.

Sbucato dagli alberi lo spettacolo che si presentò ai suoi occhi lo lasciò senza fiato, pari solo al senso di inquietudine che metteva. Il cielo, ancora nero come la pece, era puntellato da una miriade di brillantini gialli, con una mezza palla a far loro la guardia e che intanto illuminava, timidamente, un infinito mare bianco, srotolato a perdita d'occhio al di sotto. A sinistra incombeva la catena di montagne, che, come nere e minacciose sentinelle, scortavano la piana a valle. Il bosco proseguiva sotto la catena, facendole da orlo. Per quanto, Alberto non riusciva a capirlo. Le prima luci dell'alba gliel'avrebbero chiarito. Stando alle parole di Fabio, là sopra, da qualche parte, scorrevano vecchi binari, ormai forse arrugginiti, sopra i quali, da lì a poche ore, sarebbe passato un piccolo treno che l'avrebbe portato verso la libertà, o, per come la vedeva lui, verso una seconda occasione. Non sapeva dire se la meritasse, ma gli si era presentata senza che lui la chiedesse e non aveva intenzione di lasciarsela scappare. Doveva arrivare al ponte, là dove in quel momento i suoi occhi non potevano vedere, vuoi per l'oscurità ancora densa del cielo, vuoi per i chilometri che lo separavano dall'obiettivo. Non sapeva se avrebbe veramente trovato il treno e questa Monica incaricata di attenderli. Poteva anche non esistere lo stesso ponte. Avrebbe potuto camminare per chilometri e chilometri prima di rendersi conto che era stato imbrogliato. Dopotutto non poteva veramente dire di conoscere bene Fabio e di potersi fidare di lui. Era una guardia e lui un prigioniero, un carcerato che aveva stuprato e ucciso due donne innocenti. Perché doveva credere che lui volesse aiutarlo? "Ricordati che è morto per farvi uscire..." Beh, su questo non ne era certissimo. Magari, se arrivo al ponte, me lo ritrovo là. "Sai benissimo che non è così! L'urlo era suo!" Si rese conto di far dei pensieri per poi smentirseli subito dopo. La cosa gli accese un piccolo sorriso sul volto, che, vista la situazione in cui si trovava, era una gran cosa. La vocina tramutò poi in quella di Fabio. "Perché dovrei farti evadere per poi ingannarti? E comunque, non lo faccio per te. Lo faccio per quel vecchio, a cui devo tanto." gli avrebbe detto, se fosse stato lì. Ma perché questo vecchio vuole aiutarmi? Si ricordò però che era NC360 che voleva liberare; lui era lì solo perché il suo amico l'aveva scelto. S'impose di smetterla. La storia aveva molti aspetti oscuri, come il cielo sopra di lui e, giungere a quel treno, quasi sicuramente, avrebbe chiarito tanti punti.

VuEffe (parte 2) - L'abbaziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora