[ III ] ↬ silenzio

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“Cerco parole  mentre tu te ne vai, ma questo silenzio

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“Cerco parole 
mentre tu te ne vai,
ma questo silenzio

non si rompe mai”

Inaudito, improvviso, maestosamente aggressivo il dolore gli colpì la gola. Proprio lì, tra il pomo d'Adamo e le clavicole, sembrava quasi un pugnale amaro che fremeva dalla voglia di vederlo piegato e spezzato come una foglia autunnale, una di quelle che presentano un colore simile a quello del sangue.

Sembrava quasi una corda, che stringeva forte in attesa di soffocarlo e strappargli la voglia di fare qualsiasi cosa, dalle più banali.

Ed era lì, il dolore con la sua maestosa criniera, che felino e vigile girava con lentezza estenuante ed eleganza forbita intorno a Hyunjin, ma ancora non ringhiava, non emetteva rumore.

Era spaventosamente silenzioso.

Ci sono tante persone nel mondo, ognuna diversa dall'altra, e ciascuna possiede qualcosa che le altre non avranno mai.

E, stranamente, ognuno ha la sua paura.

C'è chi teme il buio, chi ha il terrore del minimo rumore che l'oscurità nasconde, chi ha paura del ronzio nascosto degli insetti e chi ha paura del boato dei tuoni nel temporale. Ma Hyunjin non era tra questi.

Hyunjin aveva paura del silenzio.

Sapeva che è nel silenzio che si nascondono le cose peggiori, quelle che se chiudi gli occhi non potrai mai vedere, quelle che ti uccidono e non lasciano traccia per nessuna ragione.
Quelle che ti torturano, mute, erte nella loro estrema pseudo-debolezza.
Quelle false, che si fingono moscerini innocenti, ma che in realtà sono vespe sanguinarie.

Eppure, del silenzio era l'amante più caro. Ci giocava, grazioso, in uno svago doloroso quanto sadico. Lo rincorreva, lo cercava, lo custodiva con cura, lo difendeva trito e attonito, e soffocava in esso tutto quel che provava.

Amava rimanere da solo, solo con la consapevolezza che con lui ci sarebbe sempre stato quel silenzio tossico che lo faceva stare bene per quanto male gli procurava, quel male a cui era legato, quel male che era la sua più grande certezza, un calore che scottava così tanto da non voler farne a meno e che lasciava la pelle deliziosamente ustionata.

E proprio il silenzio era lo scrigno che conteneva tutto ciò che costernava il ragazzo ogni giorno, tutto ciò che lo rendeva una bambola stanca che si abbandonava alle sue debolezze soffocando le lacrime nel cuscino per non farsi sentire.

Proprio nel momento in cui calavano le luci, il sipario si chiudeva, la maschera cascava: il sorriso spariva. E cadeva la voce dei suoi pensieri, che spogli di ogni cosa, si dirigevano desti nei meandri di un'anima che man mano si spegneva perdendo colore.

Chiudeva gli occhi, logorato, e lasciava che le immagini dei momenti trascorsi ogni giorno scorressero sul nero delle sue palpebre chiuse.

"Com'è andata oggi?" gli aveva chiesto distrattamente sua madre, e come ogni giorno dalle sue labbra era scivolato il solito "Come sempre". Ed era vero, non stava mentendo, era andato tutto come sempre.

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