5. Zac

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Lo sapevo che non dovevamo venire.

Non vengo mai ascoltato.

La filosofia di vita di Natalie è: "perché dare retta a Zac quando posso dare retta a me?" e questa sua massima la applica abbastanza spesso.

Se avesse fatto caso al sottoscritto a quest'ora ce ne stavamo nel nostro appartamento a fare l'albero di Natale e invece no, guarda un po' dove ci troviamo. E saperne il motivo, poi, sarebbe un lusso. Ancora nessuno ci ha voluto spiegare cosa cercano. Soldi? Gioielli? Ceramiche (ce ne sono alcune che sembrano molto costose)? Servizi in argento? Non ci è dato saperlo.

Siamo qui oramai da tre ore e sono tutto indolenzito, soprattutto alle braccia che se ne stanno legate dietro a una colonna. Non sento più il sangue scorrere...

«È incredibile», commenta Emily. «Come avete potuto non accorgervi che eravate in macchina con un malvivente?»

«Non lo so, mamma, magari perché non aveva un cartello appeso al petto con scritto "sono un rapinatore"».

Sua madre la guarda male. «Potresti accantonare il tuo pessimo senso dell'umorismo per un attimo? Non mi sembrano le circostanza adatte per scherzare».

«Che vuoi che ti dica, mi sembrava un tassista, tutto qui. Non mi sono messa a fargli il quarto grado. Aveva una macchina e ci sono salita».

«E guarda che fine hai fatto. E solo perché ti sei rifiutata di accettare l'auto familiare. Molto brava, Natalie, ci avresti evitato tutto questo».

«Vorresti dire che è colpa mia, adesso?»

«Ehi, ehi, ehi», cerco di calmare gli animi delle due duellanti. «Non è colpa di nessuno. Steve si è presentato come un tassista attento e gentile. Avrebbe potuto ingannare chiunque».

Emily dà una scrollata alle spalle e Natalie gira la faccia in direzione opposta a quella di sua madre. In questa casa ogni diverbio viene sempre affrontato in maniera piuttosto matura.

Owen non ha detto nulla, si è limitato ad assistere al battibecco come uno spettatore passivo. Probabilmente non ha capito nemmeno lui che cosa ci faccia qui.

Il tempo passa, lento, interrotto da qualche sospiro di noi poveri ostaggi.

Mi sembra di essere qui da dodici giorni e invece sono passate sì e no quattro ore da quando il portone si è chiuso, intrappolandoci qui dentro.

Non avendo poi molto da fare potrei provare a pianificare qualche via di fuga, ma, a essere sinceri, non ho voglia di mettermi a giocare a Kevin McCalliste di "Mamma ho perso l'aereo" con dei tizi muniti di pistole. Quindi me ne resto qui senza pensare a nulla, sperando che trovino qualsiasi cosa stiano cercando e ci lascino liberi.

Prevedo che sarà una giornata ancora molto lunga.

Natale sotto sequestroWhere stories live. Discover now