Lame a doppio taglio

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Estraggo il coltello dalla piccola insenatura nella quale l'avevo lasciato un paio di giorni prima, ancora al sicuro da occhi e mani indiscreti. Il contatto con il manico mi fa tremare la mano per un instante, insicura di quello che sto facendo.
"Un'arma? Sul serio?" mi chiede Niko all'improvviso, alzando troppo il tono della voce.
"Sssh" lo canzono "non possiamo rischiare di farci trovare impreparati con quei tipi...e neanche dopo".
"Dopo quando arriverai al due per chissà quale miracolo e ti renderai conto che se vi hanno mandati qui è perché non c'era più posto per voi?" le sue parole escono fuori di getto e fanno male, perché prima d'ora non avevo mai pensato a quest'eventualità.
"Nella nostra famiglia ci sarà sempre posto per noi" gli ringhio contro, arrabbiata e delusa.
"Perché non siete lì allora...stai rischiando tutto per ritornare in un posto in cui non potrai neanche restare. Potevano affidarvi a dei parenti, potevano mettervi al loro posto e invece siete qui. Non sono morti per cause naturali suppongo."
"No" è l'unica cosa che riesco a dire, anche se non era una vera e propria domanda.
"Fatti due domande Selena invece di tentare imprese impossibili, c'è chi darebbe di tutto semplicemente per tirare avanti in questo posto".
La verità mi spiazza ed è un dolore che fa male come una vera e propria lama. Per la prima volta dopo tempo mi concedo di accasciarmi a terra con le lacrime che prendono il sopravvento su tutto il resto. Improvvisamente ho di nuovo sei anni e sono tra le braccia di mia mamma che mi consola per quella lite avvenuta a scuola col mio compagno sempre scorbutico; ma sono le braccia di Niko che tentano di stringermi perché si sente in colpa per la sua – troppo – onesta opinione. È un pianto che si porta via tutto il dolore che ho accumulato dentro o che gli rende quantomeno giustizia, gli da la forma che non avevo ancora permesso che prendesse. Sempre troppo orgogliosa, sempre troppo pronta a dover essere costantemente forte e in allerta. Il mio pianto è quasi più intimo di qualsiasi rapporto, gli mostra le ferite che prima d'ora non avevo permesso a nessuno di esplorare.
"Non voglio arrendermi a questo posto", sussurro talmente piano che dubito mi abbia sentita.
"Le alternative non sono molte, non quelle che ti garantiscono di restare in vita".
"Come fa ad andarti bene tutto questo?" chiedo, con le ultime lacrime che si stanno ormai asciugando sul mio viso.
Ho perso troppo per la sola idea di riuscire a lasciare questo posto. Ho perso Winona, ho perso l'accesso ai sotterranei, ho perso ormai tutti i nostri ultimi risparmi. Per non parlare di tutti i casini in cui mi sono infilata e dai quali probabilmente non riuscirò a uscire neanche per i prossimi cent'anni.
"Mi sforzo di trovarne gli aspetti positivi", risponde semplicemente.
"Non torneresti mai indietro?" la mia domanda è una lama a doppio taglio.
"Neanche un singolo giorno finché non avrò la certezza che il mio ritorno avrà uno scopo"
"Quale?" chiedo, di getto.
Il mio scopo l'ho bene in mente, ma vale davvero la pena? Inizio a pensare che forse non ci sarà nessuno ad attenderci a braccia aperte per ricominciare da dove ci eravamo lasciati. Inizio a pensare che potrebbe essere seriamente un'impresa a vuoto. Cosa faremmo in quel caso...senza un posto dove andare e nessuno ad aiutarci.
"Estinguere questa gerarchia, farli cadere come pedine grazie alle loro stesse mani", dice Niko.
"È una cosa difficile", gli rispondo.
"È una cosa impossibile", rettifica lui.

Non so quanto tempo è passato quando finalmente mi convince ad alzarmi, abbiamo perso già troppo tempo e il sole è ormai alto nel cielo. Ci restano ancora sei delle quarantotto ore a disposizione ma avvicinarci in quella zona senza incorrere in ulteriori problemi non sarà facilissimo. Il mercato è nel pieno della sua attività e la lama che porto nascosta dentro lo stivale si fa pesante a ogni passo, come se qualcuno potesse improvvisamente chiedermi di togliermi una scarpa nel bel mezzo della strada.

ATYPICALWhere stories live. Discover now