Capitolo 10

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Oh l'effetto della morfina! Mi stava facendo impazzire quasi quanto un alienato in manicomio. Battevo le mani contro la testa e buttavi giù sul pavimento tutti gli oggetti posti sopra i mobili e cadevano,cadevano come stelle cadenti.

Vorresti dirmi che tutto quello che era successo era falso? Non ero andata sulla Luna e il piccolo pianeta? Non esisteva? Oh quanta furia cresceva nel mio animo,lo riscaldava e mi faceva vivere come un cane in gabbia e ringhiavo contro tutto e tutti.
L'effetto aumentava sempre più e il cervello si spegneva pian piano,cedendo il posto al cuore,desideroso di sfogarsi contro la mia preda e mi catapultai di getto in cucina,con un pugnale nelle mani seguivo quell'orrendo essere: chiedeva pietà,voleva essere risparmiato.... Giammai! Non l'avrei permesso! Mi aveva spezzato le ali della giovinezza e mi catapultai di getto nella mia città nativa, vedendo quello scriteriato di mio padre: chiedeva pietà la preda, chiedevano di essere risparmiate e d'un tratto li vedevo insieme,io ero lì in piedi,con uno sguardo vendicativo e angosciante e quanto mi sentivo potente! Sentivo delle piccole scosse attraversarmi il corpo,ma queste non erano di contentezza,erano di una furia animale che il mio animo aveva risvegliato dal nulla e li feci morire nel modo più atroce,provocando ad ambidue gli uomini dei tagli sull'addome: ringhiosi,fugaci e distratti,i miei tagli erano notevolmente da principiante. Notai il mio braccio, anch'esso sanguinava di un rosso scarlatto e il sangue sgorgava dai loro tormentati involucri in maniera assai fluida che provocava un certo sentimento sublime. Era così bello uccidere? Provocava così tanta serenità all'animo umano? Volevo continuare a sterminare vite e mi guardai allo specchio,il mio buon senso si era spento con il mio cervello e senza rendermene conto i miei lunghi e scuri capelli, scuri come la mia psiche, si erano trasformati in corti,così corti che giungevano sino sotto il mento e mi guardai un'altra volta allo specchio... Cosa avevo provocato? Cosa,cosa,cosa? Ero costantemente fuori di me, trafissi con il pugnale i cuscini della camera da letto e le piume d'oca parevano sangue,impazzivo,impazzivo,correvo per la casa afflitta con i miei arti impregnati di sangue assieme al mio volto,con macchie e schizzi sanguinolenti,il cervello non si degnava di svegliarsi e rimanevo indemoniata. Ti stai divertendo? Come osi divertirti, demone! Non sono io...ma sto impazzendo? Voglio il buio totale! Il cervello si stava distruggendo autonomamente e il cuore stava adempiendo alla stessa brutale fine,mi misi le mani tra i capelli,i pochi che mi rimanevano e all'improvviso luce.

Vidi una luce,la candela era più luminosa del solito e...mi ero addormentata? "Non ti sei addormentata,moglie scellerata! Eri preda di quella sostanza che stai assumendo per curare quell'isteria che voi donne avete ogni due per quattro!'' cosa?... Era ancora vivo? Non ci potevo credere! Iniziai a piangere e piangere e rimasi sola nella stanza,quell'uomo era davvero senz'anima! Sentivo un male alla testa e quanto soffrivo! Il mio buon senso era di nuovo con me, anche se appariva strano ai miei occhi,io amavo quella pericolosità che le mie illusioni mi avevano provocato, solo che l'uomo che avevo maritato aveva chiesto di cambiare medicinale per l'isteria che avevo come malattia.

Dopo vari giorni continuai a fare uso della morfina che mi era avanzata e mi sentivo in paradiso, volevo stare ancora più serenamente,quindi presi un'altra metà pillola ma non mi resi conto di una cosa: il dottore era appena entrato nella stanza e sapeva che l'isteria,se proprio la possedevo, non durava poco più di alcuni giorni,non settimane come stavo facendo credere all'uomo che avevo sposato. Mi beccò proprio mentre abusavo della sostanza e i miei occhi erano solcati dalle lacrime,mi stesi sul letto e fissai la soffitta, senza rendermi conto della presenza del medico nella stanza,che assistendo a questo increscioso spettacolo pianse,perché sapeva che non avevo nessuna isteria:l'avrebbe già saputo da molto tempo prima.

Piangeva il piccolo John,piangeva come un bambino cresciuto,era a conoscenza dei rischi che correvo e dopo quella volta in cui stavo oltrepassando i limiti della vita pensò che non mi fossi spaventata del gesto che avevo compiuto. Tuttavia,lui non poteva farci nulla,sapeva che vivevo con un uomo terribile e gelido,ma non sapeva che oltre a lui,mi stavo anche rovinando per mano mia,oramai da anni. "Cosa stai facendo,cara?'' ero in preda alle illusioni,non lo sentivo,stavo semplicemente fissando la soffitta,sperando che cambiasse,ma niente,rimanevo dentro quelle pareti e impazzivo, urlavo, sbraitavo quando sentii una voce tremolante abbracciarmi e rimasi sconvolta: era il dottore,non mi ero resa conto della sua presenza fino a che non mi sussurrò dolcemente "Tranquilla,cara. Sono qui con te,non avere timore!'' e piansi lagrime,come se fossero una pioggia di stelle cadenti,i miei occhi erano diventati rossi come rose. Il dottore era talmente provato dal mio egoismo che si ricordò della sua amata moglie: in qualche modo gli riportavo alla mente Lizzy,difatti iniziò a soprannominarmi come la sua defunta compagna "Lizzy,cara,stai tranquilla,non temere! Insieme riusciremo a farcela!" risposi subito al medico "Si sta sbagliando,non sono Lizzy,sono la figlia del suo migliore amico! Cosa le sta succedendo e ora perché dopo anni sta nominando Lizzy?''. Il medico mi guardò, rimase pietrificato e pianse ancora "Ah,chiedo perdono se ti avevo scambiata per Lizzy...tu piuttosto,cosa stai provocando alla tua salute? Rimembri che eri ad un passo dalla morte? Non ti sei spaventata abbastanza quella volta che hai abusato che ti prescrissi per quella terribile febbre?! Sono a conoscenza del tuo malumore, è percettibile senza la visita di uno specialista o un laureato,tuttavia non ti giustifica all'uso illecito di morfina!...''. Rimasi perplessa,non sapevo cosa dire perché il piccolo John aveva intuito il dolore che provavo dal matrimonio,dalla mia vita, dalla mia vita,dalla mia mente,dal giorno in cui nacqui: quel 31 gennaio di ventisei anni fa! Ah che sia maledetto! Speravo di andare all'inferno, poiché lo meritavo per tutte le azioni disumane che avevo compiuto nella mia futile esistenza,anche perché trovavo noioso il paradiso,con numerose regole da seguire assiduamente. Vedevo la vita cristiana come un ricatto,ovvero 'Se ci si comporta bene,si va in paradiso'. Tutto ciò faceva scaturire delle domande retoriche nel mio animo: "E se non mi comportavo in modo eccelso e volevo sbagliare? Se avevo commesso un peccato Dio mi avrebbe mai perdonata per un attimo impuro in una vita piena di purezza e luce?". Ma queste erano domande che non mi riguardavano,di mia scelta ero predestinata al male e sarei morta nel cielo del mio cuore,rincongiungendomi all'oscurità della mia psiche all'inferno,come un essere diabolico guidato dall'anima nel compiere atti impuri,sempre se ne possedevo una. Avevo già sperimentato la perdita della ragione,tipica di un essere malefico,quando qualche giorno fa ammazzai i due uomini di ghiaccio con il calore della mia furia,anche se non avevo commesso alcun omicidio: era tutto nella mia testa. Impazzivo di nuovo,il dottore era lì con me,mi teneva stretta in preda ad un'altra crisi d'isteria e piangevo,battevo le mani contro la testa,il cervello si spense di nuovo e buio,vedevo solo buio.

La sua luce si era spenta.

Lo guardai con occhi stanchi,pallidi e con occhiaie viola scure,vedendo per l'ennesima volta Morfeo: 'Ti sei resa conto di quello che hai fatto? Le nostre mani sono rosse come rose,le stesse che John amava! Come ci siamo permessi di commettere questo gesto così tanto impuro!' ma la sua voce stava tremando,i suoi occhi erano insediati nei miei e le sue mani avevano preso possesso delle mie e lentamente il "gesto impuro" che avevo compiuto diventava anche il suo: diventava il nostro "gesto impuro". "Non ho commesso alcun atto impuro! Stai prendendo il sopravvento sulla mia anima! Ti stai approfittando della mia debolezza!''. Il mio cuore piangeva straziato dal dolore che quel diavolo aveva insediato in me e mi sporcai nuovamente le mani di sangue, pugnalandomi alle spalle: il dio Morfeo cadde in un luogo sonno profondo e la sua luce si riaccese. Il piccolo medico John mi parlò e lo sentii "Calma,calma! Non ti agitare,sono qui con te,tranquillizzati!''. Al suon della sua voce,pareva un implorazione,lo guardai con occhi spalancati,rosse venature erano tracciate sulle mie sclere e pulsavano,come se dei piccoli aghi stessero penetrando nei miei occhi e piansi di dolore,pensavo di aver perso per sempre il medico,la mia figura paterna che sapeva consolarmi nei momenti peggiori e rallegrarmi nei momenti migliori. Aspettò il ritorno del mio buon senso e nel frattempo mi somministrò un sonnifero,dato che non dormivo da giorni e giorni: approfittò del mio sonno per sottrarmi tutte le dosi di morfina che avevo nei cassetti, nell'armadio e persino nella borsa che comunemente utilizzavo per le compere giornaliere. Dormii sonni tranquilli per tre giorni.

𝓛𝓪 𝓿𝓲𝓪𝓷𝓭𝓪𝓷𝓽𝓮 𝓭𝓪𝓰𝓵𝓲 𝓸𝓬𝓬𝓱𝓲 𝓭𝓲 𝓷𝓮𝓫𝓫𝓲𝓪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora