Capitolo 11

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Non avevo più ispirazione,non sapevo più cosa scrivere: le mie poesie parevano ripetitive e senza un senso specifico.

Scrivevo sempre di libertà e della Luna,di stelle e paesaggi,senza una fine,anche se era tutto ripetitivo,come nella mia vita. Otto anni fa pensavo che se fossi stata buona e diligente,con la mia "buona condotta" sarei stata libera e avrei visto paesaggi,panorami stupendi e cieli stellati e sarei stata nomade come un gabbiano,volando tra cotone e luce,tra oscurità e mare cristallino,tutti i luoghi che la mia anima sognava ardentemente che la mia mente aveva osservato attraverso libri,giornali e riviste. Mi sentivo più vuota che mai,volevo cambiare qualcosa in me,nel mio cuore,ancora sofferente per Morfeo: era l'unica ispirazione che possedevo,come una musa scrivevo di lui,tuttavia a lungo andare le mie poesie diventavano ripetitive,come tutto, però una delle tante "poesie a serie" mi colpì nel profondo:

'Io mi farò trascinare dal tuo cuore
Ma tu promettimi che non andrai via
Mi lascerò andare
E quando mi lascerai tu il tuo amore mi divorerà
Mi ucciderà e mi farà esplodere
Così come il mio amore ti farà da omicida
E saremo pari
Anche da lontano il nostro amore ci avvicinerà di nuovo'

Da questa poesia mi resi conto dell'intenso amore che provavo per lui,nonostante gli anni passassero,il mio cuore era ancora incatenato a lui e sentivo il suo cuore come una rosa: spinosa e stupenda appariva così la divinità, irraggiungibile e io,gracile come una farfalla, tentavo di raggiungere la luna,Oh quanta stoltezza! Ero davvero una stolta se pensavo ancora a quel traditore!.. Ma al cuore non si comanda e al cervello si,in tutti gli istanti in cui esigevo al mio cuore di dimenticarmi di quello scriteriato,lui agiva più furtivamente,in modo che il suo ricordo si facesse sempre più vivo,sempre più limpido,come mare cristallino nella mia mente,rendendomi il più vulnerabile possibile. Oh come poteva essere così egoista! Lo odio! Lo odio!

D'un tratto il mio organo vitale batteva più insistentemente che mai,sempre sempre di più,tanto da farmi quasi esplodere il petto e continuava, continuava,continuava a battere,battere,battere e sangue sgorgava dallo sterno e di punto in bianco mi ritrovai in una grande sala settecentesca: danzante e morente ero nel lusso più totale. La sala era vasta e dorata più che mai,sembrava come se mi fossi catapulta in qualche libro di fantasia e mi ricollegò alla mente una particolare sala, specificatamente la sala della reggia di Versailles,a soli diciassette chilometri dalla città parigina delle luci per eccellenza,con musicisti e artisti d'ogni dove, perfino dall'oriente con costumi e tradizioni,straniere alla mia mente,ma estremamente affascinante. Nella sala lo sfarzo regnava sovrano in ogni dove,anche nei dettagli più insignificanti e le porcellane: vasi,tazze da tè,teiere,tutte rivestite di fiori variopinti con sfondo bianco rendevano anche le ore di svago doviziose e indimenticabili. Ero vestita come una donna dell'epoca: parrucche bianche e ricciolute che parevano pelo di pecora,trucco pallido con due guance rosse come ciliegie scaldavano l'incarnato e il rossetto scarlatto che spiccava nel pallore del mio volto. I miei abiti erano fabbricati con una seta importata proprio dall'oriente,di un colore azzurro brillante e la mia vaporosa gonna rimbalzava ad ogni mio passo e il tulle vi fuoriusciva al mio sedermi. In qualche minuto mi sarebbe spettato un ballo e io,ignara nell'arte della danza,avevo il dovere di aprire il ballo con...un uomo.... Sentivo il mio animo in tumulto,avvolto da un'ansia e agitazione da farmi vomitare per i forti giramenti di testa e corsi al bagno: quasi non mi reggevo in piedi, volevo rimanere in quella stanza maleodorante di acidi gastrici del mio povero stomaco e lo scarlatto delle mie labbra sfumava via con un fazzoletto ricamato.

Il momento giunse e mi fiondai nella sala,facendo cominciare la ballata: nell'aria si sentivano vari strumenti musicali suonare una melodia moderna per l'epoca,ovvero il chiaro di luna di Beethoven,aiutandomi a ricollegare alla mente la mia inutilità in quella precisa epoca storica settecentesca. Danzavo,senza esperienza, al suon delle stelle che volteggiavano nel chiaro di luna e sentito il mio corpo come se si elevasse fino alla soffitta per il tulle della vaporosa gonna, tuttavia la realtà mi inchiodava al pavimento della grande sala e sentii una calda mano poggiarsi sulla mia spalla color cielo e guardai in alto... "Amore! Da quanto tempo! Vorresti concedermi questo ballo?''. Sei tu..sei ritornato un'altra volta e mi stai importunando di nuovo! Non voglio vederti più, pensarti più,però vederti in questa sala,con la tua mano protesa verso la mia invitandomi a ballare faceva brillare il mio povero fanciullesco cuore spezzato dalla luce solare che trasmetti semplicemente dal tuo petto e sono rimasta a guardarti infuriata per qualche minuto,senza proferire parola,con gocce lunari che scendono e solcano il mio invecchiato viso e con il tuo tocco la mia vecchiezza sparisce in un batter d'occhio. Mi prendi per mano in maniera decisa,con la tua stretta forte e le mie lacrime volano nel vento al nostro danzare,con empatia mi tranquillizzi e al termine scappiamo dalla sala,giungendo così nei giardini di Versailles, abbracciandomi dopo una incomprensibile quantità di tempo,le mie lacrime macchiano le tue vesti chiare come il sole e una botta mi riportò alla realtà.

La morfina era una sostanza paragonata al paradiso ed era così potente da creare illusioni irrealistiche ma affascinanti,di fatti sentii quell'abbraccio che Morfeo mi diede e sentii perfino lo schiaffo che l'uomo che sposai mi diede...mi fece cadere sul pavimento della camera da letto e il giorno dopo mi svegliai con un livido viola come glicine fiorito sul volto e sulle mie gambe,doloranti e stanche di reggermi in piedi. Corse John, arrivò di fretta e furia,dopo che quell'uomo l'aveva chiamato, spiegato la situazione e si infuriò,perché quell'uomo mi aveva alzato le mani, così giunse in camera da letto e vide il mio corpo dolorante giacere ancora sulla fredda superficie marmorea e la sua furia animale si trasformò,lasciando il posto alla tristezza.

Notò subito,dal mio colorito, usualmente di un candido pallore,in quel momento divenne di un malato pallore "Cara...sei più pallida del solito...oh'' disse il dottore bambino, piangendo e scrutando il mio corpo in maniera scientifica trovò la morfina che nascosi nella mia stretta mano,tuttavia mentre danzavo nella mia grande sala settecentesca,mi sfuggì dalle mani e cadde sul freddo marmo,sentendone il tintinnio del contenitore in vetro contro il pavimento,dove il mio fragile corpo giaceva "...Come hai potuto? Non hai mantenuto la nostra promessa! Ricordi quando ti successe la scorsa volta? Eri in fin di vita,come in questo momento... Sei così legata ad una sostanza nuova per te e così poco legata alla tua famiglia,all'uomo che sposasti e alle tue amicizie,che sono sempre stati per te,sempre disponibili ad ascoltare le tue esigenze e le tue preoccupazioni...non me l'aspettavo dalla mia più cara paziente,una figlia per me..''. Mentre il medico parlava e si sfogava,la mia mente sentiva a malapena le sue grida di disperazione...il mio cuore piangeva incessantemente quando realizzai che John era l'unica anima umana in questo freddo scellerato mondo a provare un sentimento di compassione e pena verso un essere così insignificante e futile come la figlia del suo migliore amico,che da sempre la considerava come figlia sua. Nonostante ciò,odiavo la sensazione del rappresentare un'aspettativa, un'idea, dal fatto che mi disse,come tutti,che non si aspettava da una persona buona come me, rompere una promessa assai importante come quella di non trovare alcun modo di togliersi la vita... ''John..nessuno in questo mondo vuole ascoltare la voce e l'anima dolente di una donna, soprattutto la mia famiglia e quell'uomo che stento a chiamare marito! Tutti si congratulano della bella vita in cui il tuo migliore amico mi ha posto,senza pensare prima ai miei sentimenti,nulli per quell'uomo,ma preoccupandosi solo della sua situazione economica,in altro modo cadeva in bancarotta e i suoi altri figli non avrebbero avuto un futuro brillante con la ricca professione come lui brama sin dalla mia azione 'scellerata'!..''. Il medico rimase in silenzio,senza proferire parola e mi guardò come un cane bastonato,dandomi un prodotto pericoloso per l'essere umano e velenoso,ovvero l'arsenico, riferendomi solamente alcune parole "...Sono un medico dopotutto,tieni cara,ti aiuterà con le sofferenze della tua vita...non voglio ricordarti con questo pallore malato e con quei occhi vuoti,senza vita che bramano per qualche pillola di morfina...'' aggiunse sull'uscio della porta "......,sei stata la figlia migliore che abbia mai potuto desiderare..'' e con le lacrime agli occhi,coperti dai suoi capelli scuri sovrastati con un cappello color sabbia,non lo vidi più.

𝓛𝓪 𝓿𝓲𝓪𝓷𝓭𝓪𝓷𝓽𝓮 𝓭𝓪𝓰𝓵𝓲 𝓸𝓬𝓬𝓱𝓲 𝓭𝓲 𝓷𝓮𝓫𝓫𝓲𝓪Where stories live. Discover now