Nel suo sguardo c'è pietà mista a complicità

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Era la vigilia. Mimmo aveva passato la notte in bianco, la camera era tornata fredda e si è nascosto sotto le coperte tutta la notte cercando un po' di conforto. Non negava che aveva sperato per parecchio tempo che Simone cambiasse idea e sgattaiolasse via dalla sua stanza per rintanarsi in quella che era ormai sua. Si era maledetto per tutta la notte perché, poteva anche non aver fatto niente, ma aveva comunque dispiaciuto Simone. Non lo avrebbe mai voluto, e se lo avesse saputo avrebbe rimediato a tutto.

Era in cucina con Virgilia da un po', con gli occhi per metà chiusi, perché da quando aveva cucinato gli gnocchi la signora si era leggermente approfittata della bravura del ragazzo. Gli andava bene, accennava dei sorrisi ogni tanto, ma sentiva la stanchezza nel suo corpo abbatterlo. Non aveva visto per niente Simone, solo a colazione per pochi minuti prima che l'altro se ne andasse di fretta. Per tutto il giorno il resto della famiglia pensò ai regali e lui fu l'unico che non li fece, non aveva abbastanza soldi per quello, ma Dante e Floriana cercarono di rassicurarlo per non farlo sentire in colpa.

Quindi per darsi da fare la cucina era il posto migliore, ma Simone non lasciava per un attimo la sua testa. Non riusciva a dimenticare le parole che gli aveva detto, ma nemmeno perché lo avevano offeso così tanto; lo aveva sorpreso che venissero da Simone, che lui continuava a non voler parlare con lui.
"Domenico mi ascolti? Ti ho chiesto se potevi buttare la pasta" Virginia gesticolava e rendeva la frase più semplice quando aveva il presentimento che Mimmo non la capisse, ma all'altro faceva solo ridere e ubbidiva ai suoi ordini.

Dopo aver fatto ciò che Virginia aveva chiesto, andò ad apparecchiare la tavola per bene e tutta ordinata, e nel mentre Dante e Floriana facevano ritorno dalle loro compere. Alcuni erano pacchi grandi, Mimmo aveva quasi 'paura' per la notte di Natale e come l'avrebbero passata.
"Oi Mimmo, tutto apposto?" chiese Dante, avvicinandosi e poggiando una mano sulla spalla del ragazzo, che nel mentre piegava i tovaglioli rossi come si deve perché lo trovava più adatto per quel giorno.

Comunque, non poteva scappare da Dante perché – se Floriana conosceva benissimo Simone – Dante era un esperto nel capirlo. Spesso Mimmo e Simone parlavano di Dante e quindi era inevitabile che avesse commesso tanti errori e che avesse tanti difetti, però Mimmo lo vedeva più di come un padre. Lui c'era sempre stato, probabilmente non sarebbe nemmeno lì se Dante non si fosse mai preoccupato per lui. Non poteva ignorarlo.

"Sì professò, è che non ho proprio dormito stanotte" ammise, non dicendo che il problema vero fosse Simone. Dante annuì e si mise a piegare i tovaglioli seguendo i movimenti che faceva Mimmo.
"Si vede, hai delle occhiaie. Ma oggi pomeriggio puoi dormire, non abbiamo niente da fare, ti ci manderei ora ma devi mangiare prima. Ti sei pure impegnato per sfamarci" cercò di rallegrarlo, e un po' Mimmo sorrise.

In realtà Dante aveva notato anche il comportamento di Simone, era inevitabile pensare che fosse successo qualcosa fra i due visto che stavano sempre assieme.
"Sì è il mio regalo per voi. E comunque professò, io in realtà il regalo non ve lo posso fare e lo sapete, però ho scritto una lettera. Ve la do ora perché mi imbarazza darla davanti a tutti, e non la leggete davanti a me" tirò fuori dei fogli piegati e li diede a Dante, mettendoli specificamente nella sua tasca di jeans.

"La smetti di darmi del voi? Dai, vivi a casa mia" Dante sorrise e si avvicinò a Mimmo per lasciargli un bacio sulla tempia, prima di andarsene perché la madre lo aveva chiamato. Mimmo era già un po' più sollevato e finì di apparecchiare in pace, mentre immaginava il suo professore leggere la sua lettera.

Professò, l'inizio con "Caro" è imbarazzante quindi non lo farò mai.
Io non sono bravo con le parole, però questa lettera ho voluto scriverla lo stesso perché niente di quello che penso riuscirei a dirvelo, anche se penso di dimostrarlo abbastanza.
Innanzitutto grazie, grazie e grazie per tutto quello che avete fatto per me, per avermi recuperato col cucchiaino ogni volta che volevo mollare tutto perché sapete bene che non mi sento mai abbastanza.
Grazie per tutte le volte in cui non volevo stare a casa, con mio zio che mi urlava appresso, e che non mi volevo sentire solo e quindi mi facevate mangiare e dormire qua. Non l'ho mai memorizzata la strada di casa vostra, però non ho mai dimenticato il calore che mi da.
Grazie per aver creduto in me, più di quanto lo abbia mai fatto io, così tanto che faceva credere anche a me di poter essere qualcosa, che non avrei dovuto compiere qualche crimine per dimostrare di saper fare qualcosa (solo perché la mia famiglia è così). Mi ha fatto trovare gusto nell'andare a scuola, ad appassionarmi a qualche materia, e ora sono quasi sicurissimo di cosa fare all'università.
Grazie per quella volta, per fortuna avevi già in mente di venire a casa di mio zio, e mi ci hai trovato tu a terra in quel bagno. Va bene così, mi dispiace che ha dovuto vedere quella scena, ma non avrei mai voluto che fosse qualcun'altro ad entrarci. Solo pensando questo non mi sale l'angoscia a vedere la cicatrice che ho sul braccio, perché intanto sono qua e con voi.
Non so che altro da dire, vi dico la verità, però è scontato che io provi un affetto incredibile per voi ed è bello vivere qua, questa davvero mi sembra casa.
Ciao ciao professò, Mimmo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 21 ⏰

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