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Il porto si affacciava su una piccola cittadina di marinai. Le case erano piccole, tutte vicine e incastrate sul lato della montagna. Molto carine, nonostante l'apparente mancanza di privacy. Appena entrammo nella cittadina Ersa imboccò la strada principale e diresse direttamente verso la banchina. L'aria carica di sale mi penetrava nel naso e mi scompigliava i capelli. Ersa si fermò a cercare un qualcosa e non appena la individuò mi afferrò per la manica della maglia e mi trascinò via con lei. Non mi sembrava necessario farlo ma non protestai, ero troppo impegnato a ammirare l'immensità del veliero sulla quale ci stavamo dirigendo. La nave era enorme. Fatta in legno massiccio si stagliava sulle altre con un fare arrogante. Sul lato del vascello, la scritta Stellam Matutinam contrastava con il colore scuro del legno. Il nome era scritto con caratteri d'oro ed una calligrafia elegante. Una palese dimostrazione di superiorità da parte del proprietario del veliero. Le vele erano candide, senza nessun graffio o buco.

Il capitano deve tenerci molto alla sua nave.

Ersa non si fermò un minuto. Si fece strada tra la gente del porto che lavorava, facendo uno slalom tra le casse piene di pesce e altre merci. La seguì come un cagnolino obbediente. La gente mi guardava male ma sinceramente non me ne importava. Potevano pensare quello che volevano. Non vuol dire niente che solo perché sono un uomo non devo aver paura. Ho ancora un minimo di istinto di autoconservazione, io. Non mi accorsi di essermi fermato fino a quando Ersa non mi tirò per un braccio.

"Sono qua." risposi alla sua domanda inespressa. Era agitata. Glielo leggevo negli occhi. Quelle pozze scure piene di segreti che diventavano sempre più intriganti man mano che cominciavo a decifrarli.

Lei annuì e salì sulla passerella di legno di quella enorme nave che mi ero fermato ad osservare prima. Non appena Ersa mise un piede all'interno della nave venne travolta da un orda di ragazzini corsi ad abbracciarla. I bambini ridevano e la salutavano urlando il suo nome e chiamandola di nuovo 'Campionessa' come fece il messaggero. Sorrisi apertamente vedendo tutti quei ragazzini inondare Ersa di affetto, ed ero ancora più felice di vedere che nemmeno Ersa era immune a tutta la loro tenerezza. Adoro i bambini. Sono l'epitome dell'innocenza e della spensieratezza. I bambini non sono mai cattivi o bugiardi. Lo diventano da grandi però.

"Forza ragazzi!"chiamò una donna vestita da marinaio "Lasciate un pace la Campionessa." La donna sorrise mentre si avvicinava a noi. Era davvero una bella donna. I capelli neri e mossi le cadevano sulla schiena, gli occhi verdi che mettevano in soggezione chiunque.Era molto alta e indossava un cappotto blu navy sopra una camicetta bianca e dei pantaloni neri. Legata la cintura c'era un una lunga sciabola intarsiata d'oro sull'elsa e si intravedeva una pistola legata dall'altro lato. Non appena Ersa la vide, chinò la testa.

"Lady Kalesi." salutò.

La donna, Lady Kalesi, sorrise e ricambiò il saluto.

"Campionessa. Vedo che hai ricevuto il mio messaggio."

Ersa le fece un cenno con la testa.

"Certamente, Lady Kalesi. Mi sono messa in viaggio il prima possibile."

"Lo vedo." disse Lady Kalesi. I suoi occhi verdi si posarono su di me. Il suo sguardo glaciale mi squadrò da capo a piedi.

"Vedo che hai compagnia, Campionessa, chi è il giovanotto con te?" chiese Lady Kalesi indicandomi con la testa. Ersa esitò a rispondere. Mi lanciò uno sguardo con la coda dell'occhio prima di rispondere: "Lui non è nessuno, Lady Kalesi. È solo merce. Prima del suo messaggio lo stavo portando ad Teleftanía per trovargli un'occupazione." OH GRAZIE AL SOLE! NON VUOLE VEDERMI!

"Capisco." Il tono di Lady Kalesi non sembrava molto convinto..

"Di cosa vuole parlarmi, Lady Kalesi?" chiese Ersa, impedendo la remota possibilità che la Lady potesse fare altre domande.

EclipseWhere stories live. Discover now