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Invece di ricevere quella lettera di scuse dal suo amico che Eli- zabeth in parte si aspettava che gli arrivasse, Bingley fu in gra- do di portare Darcy con sé a Longbourn prima che fossero pas- sati molti giorni dalla visita di Lady Catherine. I signori arriva- rono di buonora, e prima che Mrs. Bennet avesse il tempo di raccontargli di aver incontrato la zia, cosa che la figlia aveva momentaneamente temuto, Bingley, che voleva restare solo con Jane, propose a tutti di fare una passeggiata. Si misero d'accor- do. Mrs. Bennet non aveva l'abitudine di camminare, Mary non aveva mai tempo da perdere, ma i rimanenti cinque uscirono in- sieme. Bingley e Jane, tuttavia, lasciarono che gli altri li supe- rassero. Loro rimasero indietro, mentre Elizabeth, Kitty e Darcy si facevano compagnia l'un l'altro. Si dissero pochissimo; Kitty aveva troppa paura di lui per chiacchierare, Elizabeth stava ma- turando dentro di sé una decisione disperata, e forse lui stava facendo lo stesso.
Andavano verso i Lucas, poiché Kitty desiderava far visita a Maria; e dato che Elizabeth non vedeva il motivo di farla diven- tare una visita comune, quando Kitty li lasciò lei continuò a camminare audacemente sola con lui. Quello era il momento di mettere in pratica la sua decisione, e, mentre il coraggio era an- cora saldo, disse precipitosamente,
"Mr. Darcy, sono una creatura molto egoista; e, allo scopo di dare sollievo ai miei sentimenti, non mi preoccupo di quanto possa ferire i vostri. Non posso più fare a meno di ringraziarvi per la vostra straordinaria generosità verso la mia povera sorel- la. Da quando l'ho saputo, non vedevo l'ora di mettervi a cono- scenza di quanto vi fossi grata. Se lo sapesse anche il resto della mia famiglia, non avrei solo la mia gratitudine da esprimere."
"Mi dispiace, mi dispiace moltissimo", replicò Mr. Darcy, in tono sorpreso ed emozionato, "che siate stata informata di ciò che, in una luce sbagliata, può avervi turbato. Non credevo che Mrs. Gardiner fosse così poco degna di fiducia."
"Non dovete biasimare mia zia. È stata la sventatezza di Ly- dia a rivelarmi per prima che voi eravate stato coinvolto nella faccenda, e, naturalmente, non ho avuto pace fino a quando non ho saputo i particolari. Lasciate che vi ringrazi ancora una volta, a nome di tutta la mia famiglia, per quella generosa compassione che vi ha indotto a prendervi così tanto disturbo, e a soppor- tare tante mortificazioni, allo scopo di rintracciarli."
"Se volete ringraziarmi", replicò lui, "fatelo solo a nome vo- stro. Che il desiderio di rendervi felice possa aver rafforzato gli altri stimoli che mi hanno condotto a farlo, non tento di negarlo. Ma la vostra famiglia non mi deve nulla. Per quanto io possa rispettarla, credo di aver pensato solo a voi."
Elizabeth era troppo imbarazzata per dire una parola. Dopo una breve pausa, il suo compagno aggiunse, "Siete troppo gene- rosa per prendervi gioco di me. Se i vostri sentimenti sono an- cora quelli che erano lo scorso aprile, ditemelo subito. Il mio affetto e i miei desideri sono immutati, ma una vostra parola mi farà tacere per sempre su questo argomento."
Elizabeth, rendendosi conto di tutto l'imbarazzo e l'ansia del- la situazione di Darcy, si sforzò di parlare; e immediatamente, sebbene con un eloquio non molto scorrevole, gli fece capire che i propri sentimenti avevano subito un cambiamento così so- stanziale, dal periodo a cui lui alludeva, da farle accogliere con gratitudine e gioia le sue dichiarazioni attuali. La felicità pro- dotta da questa risposta fu tale che probabilmente lui non ne aveva mai provata una simile, e in quel frangente si espresse con la veemenza e l'ardore che ci si può aspettare da un uomo appassionatamente innamorato. Se Elizabeth fosse stata capace di guardarlo negli occhi, avrebbe potuto vedere quanto gli do- nasse l'espressione di vera gioia che gli si era diffusa in volto; ma, anche se non poteva guardare, poteva ascoltare, e lui le par- lò di sentimenti che, rivelandole quanta importanza lei avesse per lui, le resero il suo affetto ogni istante più prezioso.
Continuarono a camminare, senza sapere in che direzione. C'erano troppe cose da pensare, da provare, da dire, per prestare attenzione ad altro. Lei apprese presto che la loro intesa attuale era dovuta agli sforzi della zia, che gli aveva fatto visita a Lon- dra sulla via del ritorno, e lì lo aveva informato del suo viaggio a Longbourn, delle sue ragioni, e della sostanza della conversa- zione con Elizabeth, indugiando con enfasi su tutte le afferma- zioni di quest'ultima che, nella mente di sua signoria, denotava- no in modo particolare la sua malignità e la sua sfacciataggine, convinta che un tale resoconto avrebbe aiutato i suoi sforzi per ottenere dal nipote quella promessa che lei aveva rifiutato di fa- re. Ma, sfortunatamente per sua signoria, l'effetto era stato esat- tamente opposto.
"Mi ha indotto a sperare", disse lui, "come non mi ero mai permesso di fare prima. Conoscevo a sufficienza il vostro carat- tere per essere certo che, se foste stata assolutamente e irrevo- cabilmente decisa contro di me, lo avreste fatto sapere a Lady Catherine, con franchezza e apertamente."
Elizabeth arrossì e rise, mentre rispondeva, "Sì, conoscete a sufficienza la mia franchezza per credermi capace di questo. Dopo avervi insultato in modo così abominevole di persona, non potevo certo avere scrupoli nell'insultarvi di fronte a tutti i vostri parenti."
"Che cosa avete detto, che io non meritassi? Poiché, anche se le vostre accuse erano infondate, basate com'erano su false premesse, il mio comportamento verso di voi in quel periodo meritava la più severa delle condanne. È stato imperdonabile. Non posso pensarci senza provare ripugnanza."
"Non dobbiamo metterci a litigare su chi meriti la parte maggiore di biasimo per quella sera", disse Elizabeth. "La con- dotta di nessuno dei due, se la esaminiamo attentamente, risulte- rà irreprensibile; ma da allora, entrambi, lo spero, siamo miglio- rati quanto a cortesia."
"Non riesco a riconciliarmi con me stesso con tanta facilità. Il ricordo di ciò che dissi allora, della mia condotta, dei miei modi, del modo di esprimermi nel suo complesso, è adesso, ed è stato per molti mesi, indicibilmente penoso per me. Il vostro rimprovero, non lo dimenticherò mai: «se vi foste comportato più da gentiluomo.» Queste furono le vostre parole. Non sapete, non potete neanche immaginare, quanto mi hanno torturato; sebbene sia passato del tempo, lo confesso, prima che diventassi ragionevole a sufficienza per render loro giustizia."
"Ero sicuramente lontanissima dall'aspettarmi di provocare un'impressione così forte. Non avevo la più pallida idea che po- tessero colpirvi in modo simile."
"Non mi è difficile crederlo. Voi allora mi ritenevate privo di ogni sentimento, ne sono certo. Non dimenticherò mai come cambiò espressione il vostro volto, quando mi diceste che non avrei potuto rivolgermi a voi in nessun modo, tale da indurvi ad accettarmi."
"Oh! non ripetete quello che ho detto allora. Questi ricordi non servono a nulla. Vi assicuro che è da molto tempo che me ne vergogno di cuore."
Darcy menzionò la sua lettera. "Vi ha fatto", disse, "vi ha fatto subito pensare meglio di me? Leggendola, avete dato cre- dito al suo contenuto?" Elizabeth spiegò quale effetto aveva avuto su di lei, e di co- me avesse gradualmente cancellato i suoi passati pregiudizi.
"Sapevo", disse lui, "che ciò che avevo scritto vi avrebbe addolorata, ma era necessario. Spero che abbiate distrutto quella lettera. C'era una parte soprattutto, l'inizio, che mi spaventereb- be vedervi rileggere. Riesco a ricordare alcune frasi che potreb- bero giustamente farmi odiare da voi."
"La lettera sarà sicuramente bruciata, se credete sia essenzia- le al mantenimento della mia stima; ma anche se abbiamo en- trambi ragione di pensare che le mie opinioni non siano total- mente immutabili, spero che non siano così variabili come sem- bra."
"Quando scrissi quella lettera", rispose Darcy, "mi ritenevo assolutamente calmo e freddo, ma da tempo sono convinto che sia stata scritta in uno stato di terribile amarezza."
"La lettera, forse, iniziava amaramente, ma non finiva così. L'addio è in sé benevolo. Ma non pensiamo più a quella lettera. I sentimenti della persona che l'ha scritta, e della persona che l'ha ricevuta, adesso sono così totalmente diversi da come erano allora, che ogni spiacevole circostanza che le sia legata dev'es- sere dimenticata. Dovete imparare qualcosa della mia filosofia. Si deve pensare al passato solo quando il ricordo è piacevole."
"Non posso credervi capace di una filosofia del genere. I vo- stri ricordi sono così totalmente privi di possibilità di biasimo, che la soddisfazione che suscitano non deriva dalla filosofia, ma da una cosa molto più apprezzabile, dall'innocenza. Ma per me non è così. Si intromettono ricordi dolorosi, che non possono, che non devono essere respinti. Sono stato egoista per tutta la vita, nella pratica, anche se non nei principi. Da bambino mi è stato insegnato ciò che era giusto, ma non mi è stato insegnato a correggere il mio carattere. Mi sono stati trasmessi principi sani, ma mi è stato permesso di coltivarli nell'orgoglio e nella pre- sunzione. Unico figlio maschio, per mia sfortuna (e per molti anni unico figlio in assoluto), sono stato viziato dai miei genito- ri, che, anche se di per sé buoni (mio padre, in particolare, era tutto ciò che si può chiamare benevolenza e simpatia), mi hanno permesso, incoraggiato, quasi insegnato a essere egoista e arro- gante, a non curarmi di nessuno se non della mia cerchia fami- liare, a ritenere inferiore tutto il resto del mondo; o almeno, a desiderare di ritenere inferiore il buonsenso e il valore degli al- tri in confronto ai miei. Tale sono stato, dagli otto ai ventotto anni; e tale potrei ancora essere se non fosse stato per te, mia carissima, amatissima Elizabeth! Che cosa non devo a te? Mi hai dato una lezione, molto dura all'inizio, ma che mi ha procu- rato enormi vantaggi. Da te, sono stato giustamente umiliato. Venni da te senza alcun dubbio su come sarei stato accolto. Mi hai mostrato quanto fossero inadeguate tutte le mie pretese di piacere a una donna degna di essere amata."
"In quel momento eri convinto che avrei accettato?"
"Certo che lo ero. Che cosa penserai della mia vanità? Mi ero convinto che desideravi, che ti aspettavi la mia dichiarazio- ne."
"I miei modi sono stati sicuramente sbagliati, ma non inten- zionalmente, te l'assicuro. Non ho mai avuto intenzione di in- gannarti, ma il mio temperamento mi ha spesso portata a sba- gliare. Come devi avermi odiata dopo quella sera!"
"Odiarti? Forse all'inizio ero in collera, ma la mia collera ha presto cominciato a prendere la direzione giusta."
"Ho quasi paura di chiedere che cosa hai pensato di me, quando ci siamo incontrati a Pemberley. Ce l'avevi con me per essere venuta?"
"Assolutamente no; non ho provato altro che sorpresa."
"La tua sorpresa non può essere stata più grande della mia, quando mi sono accorta delle tue attenzioni. La mia coscienza mi diceva che non meritavo quella straordinaria cortesia, e con- fesso che non mi aspettavo di ricevere più di quanto mi fosse dovuto."
"Il mio scopo allora", rispose Darcy, "era di mostrarti, con tutta la gentilezza di cui ero capace, che non ero così meschino da essere risentito per il passato; e speravo di ottenere il tuo perdono, di attenuare la cattiva opinione che avevi di me, fa- cendoti vedere che i tuoi rimproveri erano stati ascoltati. Quan- do ha cominciato a farsi strada qualche altro desiderio non pos- so dirlo con esattezza, ma credo circa mezzora o un'ora dopo averti vista."
Poi le raccontò della gioia di Georgiana nell'aver fatto cono- scenza con lei, e della sua delusione per la brusca partenza, il che, conducendo ovviamente alla causa di quella partenza, le fece apprendere che la sua decisione di partire dal Derbyshire per cercare la sorella era stata presa prima che egli lasciasse la locanda, e che l'atteggiamento serio e pensieroso in quella cir- costanza non era dovuto a nient'altro che alle difficoltà che quella decisione avrebbe comportato."
Lei espresse di nuovo la sua gratitudine, ma era un argomento troppo penoso per entrambi per indugiarvi ulteriormente. Dopo aver camminato senza meta per diverse miglia, troppo occupati per rendersene conto, alla fine scoprirono, guardando
gli orologi, che era tempo di tornare a casa.
"Che ne sarà stato di Mr. Bingley e di Jane?" fu l'interrogati-
vo che introdusse la discussione sulle loro faccende. Darcy era felice del loro fidanzamento; il suo amico lo aveva informato per primo.
"Devo chiederti se ne sei rimasto sorpreso", disse Elizabeth.
"Per niente. Quando me ne sono andato, sentivo che presto sarebbe successo."
"Vale a dire, gli avevi dato il tuo permesso. Lo sospettavo." E anche se lui si ribellò a quel termine, lei capì che era andata proprio così.
"La sera prima della mia partenza per Londra", disse lui, "gli feci una confessione che credo avrei dovuto fare molto tempo prima. Gli raccontai tutte le circostanze che avevano reso la mia precedente intromissione nei suoi affari assurda e insolente. La sua sorpresa fu grande. Non aveva mai avuto il minimo sospet- to. Gli dissi, inoltre, che ritenevo di avere sbagliato nel suppor- re, come avevo fatto, che tua sorella fosse indifferente nei suoi confronti; e dato che mi resi conto facilmente che il suo affetto verso di lei era inalterato, non nutrii alcun dubbio sulla loro fe- licità."
Elizabeth non poté fare a meno di sorridere per la facilità con cui manovrava il suo amico.
"Parlavi a seguito alle tue osservazioni", disse lei, "quando gli dicesti che mia sorella lo amava, o semplicemente sulla base delle mie informazioni della scorsa primavera?"
"A seguito delle prime. L'avevo osservata attentamente du- rante le mie due visite da voi; e mi ero convinto del suo affetto." "E le tue assicurazioni in proposito, immagino, lo hanno
immediatamente convinto."
"Sì. Bingley è genuinamente modesto. La sua insicurezza gli
impediva di fidarsi del proprio giudizio in un caso così delicato, ma la sua fiducia nel mio ha facilitato il tutto. Sono stato co- stretto a confessare una cosa che per un po', e non senza motivo, lo ha offeso. Non potevo nascondergli che tua sorella era stata in città per tre mesi lo scorso inverno, che io lo sapevo, e che l'avevo di proposito lasciato all'oscuro. Si è arrabbiato. Ma la sua rabbia, ne sono convinto, non è durata più del tempo che ci ha messo per scacciare ogni dubbio sui sentimenti di tua sorella. Ora mi ha sinceramente perdonato."
Elizabeth avrebbe voluto tanto osservare come Mr. Bingley
fosse stato un amico ideale, così facile da guidare da essere im- pagabile; ma si controllò. Si rammentò che lui doveva ancora imparare a essere preso in giro, e che era troppo presto per co- minciare. Facendo previsioni sulla felicità di Bingley, che ov- viamente era inferiore solo alla sua, Darcy proseguì la conver- sazione fino a quando non raggiunsero la casa. Nell'atrio si se- pararono.

Orgoglio e PregiudizioWhere stories live. Discover now