3. Il virus del cuore infranto

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In casa mia, lasciando chiuso il mondo fuori, mi calmai. Mi stava succedendo qualcosa, come se il velo, che aveva coperto la mia vita fino a quel momento, fosse caduto per sempre.

Leonard non era innamorato di me, la sua era un'ossessione, non mi amava per quella che ero realmente.

Mi versai un bicchiere di vino e mi sedetti sul divano. Ecco perché non era felice o criticava le mie scelte lavorative... lui non voleva amarmi, ma solo che fossi sua.

Finii il bicchiere in due sorsi, ne versai un altro, lo svuotai in meno di un minuto e così via, fino a terminare l'intera bottiglia.

Pensai che fosse la notte peggiore della mia vita.

Di solito mi legavo a ragazzi immaturi, sul lastrico e che erano solo belli. Leonard aveva invece un lavoro serio, diceva di amarmi, ma non come dovrebbe fare l'uomo della propria vita.

Non gli avevo detto ti amo, perché lo sentissi sul serio, ma solo per dovere.

Due anni fa volevo lasciarlo, fu Sheldon a intromettersi. Dovevo andare da lui e digli che se non si fosse intromesso, a quest'ora io sarei single e... cosa?

Che forse stessi aspettando che lui e Amy si fossero lasciati per dirgli che ero innamorata di lui?

Io innamorata di Sheldon. Pura fantascienza.

Forse anche io necessitavo di una pausa dal mio rapporto. Non ero pronta per il matrimonio, anche se ci eravamo fidanzati ufficialmente un anno fa.

Guardai la bottiglia del vino. Doveva essere andato a male per avermi fatto formulare certe considerazioni. Quella sulla pausa mi parse la più ragionevole di tutte.

Non sapevo cosa fare.

Mi alzai per andare a letto, per dormire in quelle poche ore che mi separavano dal mal di testa per aver bevuto troppo.

Ogni passo che muovevo era un ricordo che rivivevo: Sheldon che non voleva dormire sul divano e io che gli avevo ceduto il mio letto; Sheldon che mi aveva salvata e vestita dopo che ero caduta nella doccia; Leonard che mi aveva detto che mi amava dopo aver fatto sesso... no, l'ultimo non mi fece piacere come gli altri.

Se ci fosse stata la madre di Leonard, mi avrebbe detto subito qual era il problema. Sfortunatamente dubitai che mi potesse dire di lasciare suo figlio.

Mi buttai sul letto, ubriaca e stanca e mi imposi di dormire, di non agire prematuramente e... non ricordai più nulla.

***

La sveglia non suonò o almeno io non la sentii. Controllai l'orario sul telefono: erano le 11 e a giudicare dal sole che stava entrando dalla mia finestra, erano le 11 di mattina.

Un concerto rock si era impossessato della mia testa, non riuscivo davvero ad alzarmi o a ricordare quello che fosse successo.

Toccai il lato sinistro del letto, era vuoto. Leonard non aveva dormito con me, né mi aveva mandato un messaggio come faceva di solito.

Le scene del giorno prima si fecero largo tra il caos della mia mente e capii che pur senza litigare, la nostra storia fosse già in una fase di revisione. Chiarirsi non era sufficiente per noi.

Cercai un'aspirina nel cassetto del comodino e non la trovai (come sempre).

Mi alzai e andai in cucina. Mi dimenticai cosa stessi cercando e aprii il frigo per prendere una bottiglia d'acqua. Bevvi e vidi nei cassetti del mobile se c'erano le aspirine, ma non c'erano neanche lì.

Andai in bagno e le trovai nel piccolo specchio sul lavandino. Dove tutti mettevano le proprie medicine del resto. Non so se il mio disorientamento fosse stato creato dal vino o dalla tremenda guerra interna che stavo vivendo.

L'impossibile diventa possibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora