5. L'esperimento di complicità

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Avevo baciato Sheldon Lee Cooper.

Una frase che non avevo mai pensato di dire, era divenuta realtà.

Dopo il nostro bacio, lui era tornato a casa sua e io avevo recuperato una bottiglia di liquore, comprata al supermercato.

Ci eravamo baciati e ancora non sapevo cosa fare.

Guardai il telefono.

L'icona delle chiamate perse aveva accanto un numero: 7. Leonard mi aveva chiamata 7 volte e io avevo lasciato squillare il cellulare per 7 volte. Avevo paura, non volevo parlargli prima, figuriamoci ora che avevo baciato il suo migliore amico.

Sentii un'energetica bussata alla porta e mi alzai. L'aprii, trovando Howard che mi stava guardando dal pianerottolo.

«Ciao, come mai qui?» domandai stupita. Io ed Howard eravamo amici, ma non parlavamo spesso da soli, quindi la sua visita mi sorprese.

«Hey Penny, posso entrare?»

«Certo.»

Mi feci da parte e si diresse al divano. Presi posto sulla poltrona al suo fianco e lo guardai.

«Spero di non disturbarti, ho bisogno di un consiglio femminile.» Io annuì, autorizzandolo a parlare. «Bernadette è molto tesa ultimamente e non so come comportarmi. Ha paura di...» Si interruppe e, strofinandosi le mani sull'aderente e colorato pantalone, fissò il pavimento.

«Di?» lo incalzai e lui sottolineò la frase seguente con sommo dolore.

«Essere incinta.»

«E allora? Credo sia una bellissima notizia,» risposi, sorridendo.

«No, Bernie è un po' contraria e pensa che un figlio possa distruggerle la carriera,» replicò, concentrando il suo sguardo sul tavolino basso del mio soggiorno.

Ricordai quelle volte in cui avevo temuto di essere incinta, tutti dei falsi allarmi. Di certo ero giovane e inesperta, mentre lei era sposata e molto responsabile. Un figlio spaventava chiunque.

«Howard, cerca di essere disponibile con lei e di tranquillizzarla. Se è incinta non è un dramma. Le donne possono essere sia mamme che lavoratrici.»

Si grattò la testa. «Non so... in che modo posso aiutarla?»

Gli uomini erano così stupidi a volte, pensai.

«Be' potresti fare qualche faccenda domestica, qualche regalino economico, qualche complimento e rassicurarla che un bambino non rovinerà la sua carriera.»

Lui annuì. «Lo spero, davvero.»

Presi la bottiglia di liquore che avevo lasciato sul tavolino. Non mi ero neanche resa conto che non ero riuscita a terminarla. «Speri che non fallirà la sua carriera?»

Lui fece una smorfia con la bocca come se ci stesse pensando su.

«Anche... ma spero di diventare padre. Sarebbe bellissimo.»

Alzai la bottiglia come per brindare alle sue parole. Feci aderire le mie labbra alla bocca di vetro del liquore.

«Hai fatto pace con Leonard?» mi chiese bruciapelo.

Tossicchiai e alla fine riuscii a ingoiare il sorso che avevo appena bevuto. Lo aveva mandato di sicuro lui.

«Sì e no. Non abbiamo litigato, semplicemente oggi sono stata impegnata e non avevo tempo per parlare con lui,» mi giustificai, stringendomi nelle spalle.

«Allora c'è qualcosa che non va?» domandò, passandosi una mano sul mento. Voleva essermi d'aiuto forse, ma io lo trovavo solo irritante.

«In tutte le coppie c'è qualcosa che non va. Howard, tra poco devo uscire perciò...» tagliai corto. Non avevo nulla contro di lui, ma non volevo parlare di Leonard o del suo migliore amico che avevo baciato.

L'impossibile diventa possibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora