13. THE TRIALS OF APOLLO-traduzione primo capitolo

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TUTTI I CREDITI VANNO ALL'UNICO E INIMITABILE RICHARD RUSSELL RIORDAN.
IO HO SOLO TRADOTTO.

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Girammo a est in Eighty-second Street.

Dal momento in cui raggiungemmo Second Avenue, il quartiere cominciò a sembrarmi familiare— filari di appartamenti, malmessi negozi di riparazione, e ristoranti indiani. Sapevo che  Percy Jackson viveva qui intorno, ma i miei viaggi per il cielo nel carro del sole mi avevano dato un orientamento in stile Google Earth. Non ero solito a viaggiare al livello delle strade.
In più, in questa forma mortale, la mia impeccabile memoria era diventata... difettosa. I bisogni e le paure mortali avevano oscurato i miei pensieri. Volevo mangiare. Avevo bisogno di usare il bagno. Mi faceva male il corpo. I miei vestiti puzzavano. Mi sentivo come se la mia testa fosse stata riempita con cotone bagnato. Onestamente, come fate voi umani a sopportarlo?
Dopo un altro po' di isolati, iniziò a cadere un misto di pioggia e nevischio. Meg provava a prendere le gocce di pioggia con la lingua, un modo che pensavo fosse davvero inefficace se voleva farsi un drink di acqua sporca. Rabbrividii e mi concentrai su pensieri felici: le Bahamas, le Nove Muse in perfetta armonia, le tante e orribili punizioni che avrei inflitto a Cade e Mikey quando sarei ridiventato un dio.
Stavo ancora pensando al loro capo, e a come avesse fatto a sapere dove sarei caduto sulla Terra. Nessun mortale potrebbe avere quest'intuito. In effetti, adesso che ci penso meglio, non riesco a capire nemmeno come un dio (a parte me) potesse prevedere il futuro così accuratamente. Dopo tutto, io ero il dio della profezia, padrone dell'Oracolo di Delfi, distributore degli sneak peak sul destino della migliore qualità per millenni.
Chiaramente, non mi mancano i nemici. Una delle conseguenze naturali dell'essere così fantastico è che attraggo invidia da ogni parte. Ma potevo pensare ad un solo avversario che forse sarebbe stato in grado di predire il futuro. E se fosse venuto a cercarmi nelle mie deboli condizioni...
Respinsi questo pensiero. Avevo già abbastanza cose per cui preoccuparmi. Non traevo nessun vantaggio nello spaventarmi a morte con questi se.
Iniziammo a cercare, controllando i nomi nelle cassette postali degli appartamenti e nei pannelli dei citofoni. L'Upper East Side ha un sorprendente numero di Jackson. Lo trovo seccante.
Dopo diversi tentativi falliti, girammo un angolo e, parcheggiata lì, c'era un vecchio modello di una Prius blu. Nel cofano erano presenti delle inconfondibili ammaccature di zoccoli di pegaso. (Come ne ero sicuro? Io riconosco i segni di zoccoli. E poi i cavalli normali non galoppano sopra le Toyota. I Pegasi spesso si.)
"Aha," Dissi a Meg. "Ci stiamo avvicinando."
Mezzo isolato dopo, riconobbi l'edificio: una casa a schiera a cinque piani fatta di mattoni, con degli arrugginiti tubi dell'aria condizionata che cascavano dalle finestre. "Voilà!" Gridai.
Un passo dopo, Meg si fermò come se si fosse scontrata con una barriera invisibile. Si voltò verso verso Second Avenue, i suoi occhi neri turbulenti.
"Tutto bene?" Chiesi.
"Penso di averli visti di nuovo."
"Loro?" Seguii il suo sguardo ma non vidi niente di inusuale. "I malviventi del vicolo?"
"No. Un paio di..." Agitò le dita. "Macchie luccicanti*. Le ho viste anche giù a Park Avenue."
Il tempo del mio battito cardiaco crebbe da un andante ad un vivace allegretto. "Macchie luccicanti? Perché non hai detto niente?"
Diede un colpetto alle stanghette dei suoi occhiali. "Ho visto un sacco di roba strana. Te l'ho detto. Per la maggior parte, quelle cose non mi preoccupano, ma..."
"Ma se ci stanno seguendo," Dissi, "potremmo essere nei guai."
Guardai la strada di nuovo. Non vidi niente di strano, ma non dubitavo che Meg avesse visto queste macchie luccicanti. Tanti spiriti possono apparire in questo modo. Mio padre, Zeus, una volta prese la forma di una macchia luccicante per corteggiare una donna mortale. (Non ho idea del perché la mortale lo trovasse attraente.)
"Dovremmo entrare," Dissi. "Percy Jackson ci aiuterà."
Meg restava ancora indietro. Non aveva mostrato alcuna paura mentre tirava spazzatura a degli aggressori in un vicolo cieco, ma adesso sembrava che avesse dei ripensamenti sul suonare un campanello. Mi venne in mente che forse avesse già incontrato dei semidei prima. Magari questi incontri non erano andati bene.
"Meg," Dissi, "So che alcuni semidei non sono buoni. Potrei raccontarti delle storie su tutti quelli che ho dovuto uccidere o trasformare in erbe— "
"Erbe?"
"Ma Percy Jackson è sempre stato affidabile. Non hai nulla di cui temere. E poi, mi adora. Gli ho insegnato tutto quello che sa."
Si accigliò. "Veramente?"
Trovavo la sua innocenza in qualche modo affascinante. C'erano così tante cose ovvie che non sapeva. "Certo. Adesso andiamo."
Suonai il pulsante. Pochi momenti dopo, la voce confusa di una donna chiese, "Si?"
"Ciao," Dissi. "Sono Apollo."
Silenzio.
"Il dio Apollo," Dissi, pensando che magari dovessi essere più specifico. "Percy è a casa?"
Ancora silenzio, seguito da due voci in muta conversazione. Il portone vibrò. Lo spinsi per aprirlo. Poco prima di entrare, colsi l'ombra di un movimento con l'angolo dell'occhio. Scrutai il marciapiede indietro ma ancora non vidi niente.
Magari era un riflesso. O un mulinello di nevischio. O magari era una macchia luccicante. La testa mi formicolò per l'apprensione.
"Che c'è?" Chiese Meg.
"Probabilmente niente." Mi sforzai di usare un tono allegro. Non volevo che Meg si tirasse indietro quando eravamo così vicini nel raggiungere un posto sicuro. Eravamo legati insieme adesso. Avrei dovuto seguirla se me l'avesse ordinato, e non avrei vissuto felicemente con lei in un vicolo per sempre. "Saliamo. Non possiamo far aspettare i nostri ospiti".
Dopo tutto quello che avevo fatto per Percy Jackson, mi aspettavo gioia e meraviglia al mio arrivo. Un commuovente benvenuto, un po' di offerte bruciate, e un piccolo festival in mio onore non sarebbero state fuori luogo.
Invece, il giovane uomo aprì la porta dell'appartamento e disse, "Perché?"
Come al solito, fui colpito dalla somiglianza con suo padre, Poseidone. Aveva gli stessi occhi verde mare, gli stessi capelli corvini scompigliati, gli stessi bei lineamenti che potevano passare dal divertimento alla rabbia così facilmente. Comunque, Percy Jackson non aveva ereditato anche lo stile di vestire del padre, composto da bermuda e camicie Hawaiane. Indossava dei jeans consumati e una felpa blu con le parole "AHS Swim Team**" cucite sul davanti.
Meg indietreggiò nel corridoio, nascondendosi dietro di me.
Provai con un sorriso. "Percy Jackson, hai la mia benedizione! Sono in cerca di aiuto."
Gli occhi di Percy si spostarono da me a Meg. "Chi è la tua amica?"
"Questa è Meg McCaffrey," dissi, "una semidea che deve essere portata al Campo Mezzosangue. Mi ha salvato dai delinquenti di strada."
"Salvato..." Percy squadrò il mio viso malandato. "Vuoi dire che il look da teenager malconcio non è solo un travestimento? Amico, cosa ti è successo?"
"Potrei aver già menzionato i malviventi di strada."
"Ma tu sei un dio."
"Riguardo a questo... Ero un dio."
Percy sbatté le palpebre. "Eri?"
"E," Dissi, "sono abbastanza certo che siamo seguiti da degli spiriti maligni."
Se non avessi saputo quanto Percy Jackson mi adorasse, avrei giurato che stesse per tirarmi un pugno sul mio naso già rotto.
Sospirò. "Forse voi due dovreste venire dentro."

*"macchia luccicante" è la traduzione più vicina che ho trovato per "shiny blob", anche se non sono sicura sia quella giusta
**AHS (no, non american horror story) è il nuovo liceo/college di Percy, dove fa parte della squadra di nuoto, evidentemente

-n.d.a.-
Tadaa
Allora, sono stata brava? (Lasciamo stare il clamoroso ritardo)
Ma cosa più importante, COSA NE PENSATE?
Percy che appena apre la porta dice "PERCHÉ?" TROPPO BELLO AHAJAHAHA

FATEMI SAPERE LE VOSTRE IMPRESSIONI!
Ali🌱

Percy Jackson Headcanons!Where stories live. Discover now