Benvenuti ad Asgard

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"Ti senti pronta?" chiede mio zio.

"Sì" mento.
Due minuti a mezzanotte.
"E' strano. E' come se tutto quello di cui ho letto da bambina, gli dei, le leggende, il Bifrost, tutto fosse uscito dai libri per divenire realtà e io fossi diventata un personaggio di questa realtà. Sono passata da spettatrice a protagonista."
"Non sempre è un male" risponde lui "E questo giorno arriva prima o poi per tutti. In qualsiasi Regno."
Mezzanotte.
"Ora" dice mio zio.
Rompo la runa Raido e di colpo non sono più nella camera d'hotel di mio zio.
Mi trovo in una stanza circolare con le pareti scure e poco illuminata. Intorno a me ci sono nove porte.

Calma, devo stare calma.

Una è molto alta, con il legno dipinto di blu ormai graffiato e scolorito; attorno alle estremità, sugli angoli e anche sulla maniglia rotonda ci sono piccole schegge di ghiaccio. Probabilmente porta a Jotunheim.
Quella di fianco è il contrario, è più piccola e pitturata di rosso acceso. Forse porta ad Asgard ... ma appena poggio la mano sulla maniglia, la ritiro, soffiando sulla bruciatura. No, va bene, non è Asgard. Forse Mùspellsheimr?
Quella ancora di fianco è verde ed ha incise delle foglie di edera rampicante con la maniglia è ricoperta di muschio. Che sia dei Vanir? O forse è ... Alfheimr? La terra degli elfi di luce? Dove c'è mia madre? 
Per un momento sono tentata di entrare, ma poi mi blocco. Non è mia madre che è in pericolo.
Non posso andare da lei, non ora.
Vado dall'altra parte della stanza, lontano dalla mia tentazione.
Davanti a me c'è una porta in acciaio nero, piegata e rovinata dal tempo. Da dietro di questa arrivano urla e lamenti. Nifheim, il Regno dei Morti. Già, è l'unica che non ha la maniglia.
Improvvisamente, sento dietro di me un rumore come di passi. Mi volto di scatto. Nessuno.
Mi giro di nuovo verso la porta, quando ... Ancora quel rumore.
"Chi c'è?" chiedo, la voce tesa.
Mi guardo intorno e faccio qualche passo, riavvicinandomi alla porta per Mùspellsheimr.
"Scusami" dice ad un tratto una voce. Abbasso lo sguardo. "Sei davanti alla mia porta"
E' il coniglio del mio sogno! Quello che avevo visto attraverso la serratura della porta.
No, aspetta, non è un coniglio ... 
"Io ti conosco. Tu sei Ratatosk, lo scoiattolo messaggero"
"Esatto. E sei davanti alla mia porta" continua lo scoiattolo, indicandola. Mi volto e vedo che in basso, per ogni porta, c'è un piccolo basculante. Beh, per tutte meno che per Nifheim.
"Scusami" mormoro, facendo un passo di lato. 
"Tranquilla. Non è per essere scortese, ma l'Aquila mi ha dato un messaggio particolare da consegnare a Niddogh, e la mia memoria comincia a fare brutti scherzi ..."
"Niddogh hai detto? E l'Aquila? Consegni i loro messaggi?"
"Sì, l' Aquila vuole che dica qualcosa riguardo la parentela di primo e secondo grado della madre del drago. O forse riguardava solo sua madre?"
"Niddogh il drago che vive sulle radici di Yggdrasil e l'Aquila che sorveglia tutto dalla cima del frassino dell'universo?"
"Proprio loro" taglia corto.
"Ma non consegnavi i messaggi di Odino?" chiedo ancora.
"Sì, prima che i due corvi balordi di Odino mi portassero via il lavoro ..." risponde Ratatosk, stritolando nervosamente la grossa coda bianca.
Io resto in silenzio, troppo sbalordita per poter dire qualcos'altro.
"Bene, è stato un piacere, ragazzina. Ora io vado" conclude.
"Aspetta!" lo fermo, poco prima che entri nel basculante per Mùspellsheimr. "Sai dirmi qual è la porta per Asgard?"
"Certo. E' quella lì" risponde, indicando una porta alle mie spalle.
E' interamente dorata ed il pomello è cotituito da una triscele intrecciata da rune.
"Graz ..." comincio, voltandomi verso Ratatosk, ma il messaggero se n'è già andato a riferire i commenti dell'Aquila sulla parentela del drago.
Torno a guardare la porta per Asgard.
Mi passo le mani sudate sui jeans, forse avrei dovuto cambiarmi d'abito, e poi allungo le maniche della giacca fino a chiudere le estremità nella mano.
Annuisco facendomi coraggio.
"Va bene" sussurro tra me e me.
Lascio andare l'orlo delle maniche e giro la triscele.
Davanti a me si apre un paesaggio magnifico, un'immensa città imponente ed interamente d'oro, talmente lucente da risultare accecante.
Guardo sotto di me e mi accorgo di essere in piedi su un ponte lunghissimo, che rifrange la luce del sole colorandosi con tutti i colori dell'arcobaleno. Sotto di questo, si possono vedere le onde del mare battere contro la scogliera.
Sono sul Bifrost. E quella che si erge davanti a me è Asgard.

Sento nuovamente quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, ancora le montagne russe, ma questa volta sorriso, emozionata, per un attimo euforica.

Persa nei miei pensieri, non mi sono accorta dell'uomo dietro di me.
Alto e imponente, la corta barba scura come i capelli che gli ricadono ribelli sulle spalle. Gli occhi, magnetici e cangianti, sembrano una superficie d'acqua capace di riflettere il mondo intero o di inghiottirlo  come un mare in tempesta. Ad armacollo, poggiato sulle spalle possenti, il lungo corno Gjallahorn. So benissimo chi è lui ...
"Non dovresti essere qui" dice, la voce talmente profonda da sembrare innaturale.
"Io sono ..." azzardo.
"So benissimo chi sei, e non dovresti essere qui" ribatte.
"Voglio parlare con Odino" dico, con voce sicura, dopo un attimo.
Devo stare calma. In fondo non sono proprio una sciocca mortale, no? Ho letto tantissimo sugli Aesir, non sono proprio inesperta. E poi non sono del tutto mortale, sono un mezzelfo.
"Sicuramente avrai da discutere con lui" continua gelido l'altro. "Vieni con me" conclude, superandomi e avviandosi verso la città.
"Aspetta, ma tu chi sei?"

In realtà conosco già la risposta. 

"Io sono Heimdall, il Guardiano del Bifrost e dei Nove Regni" risponde, prima di girarsi e continuare a camminare verso la città.

Heimdall. Dunque è così che è fatto il Guardiano. Quante volte da bambina l'ho pregato affinché mi portasse ad Asgard, perché mi portasse in questo luogo del quale tanto avevo letto e continuavo a leggere! Non ha mai risposto.

Prendo un respiro profondo e seguo silenziosamente il Guardiano.  

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