Il mondo dentro e fuori

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Ero triste e abbattuta mentre guardavo la mia coppa di gelato senza avere voglia di mangiarla. Il mio pessimo stato era dovuto alla partenza di Zack e a un provino andato male.

Prepararsi al racconto deprimente fra tre, due, uno: il giorno precedente, mio fratello mi aveva accompagnato al provino per uno spot di una famosa marca di cosmetici. Mi ero sentita tranquilla e pronta a recitare quelle due frasi sfoggiando il mio fascino. Peccato che di fascino fossi sprovvista. Il ragazzo addetto alla scelta del cast, infatti, mi aveva guardato in modo strano appena avevo messo piede nella stanza e aveva continuato a guardarmi per un paio di minuti mentre io mi presentavo. Alla fine mi aveva liquidato senza neanche accendere la telecamera o sentirmi recitare quelle stupide battute. Il motivo? Ero anonima, per citare il termine esatto con cui mi aveva descritto. Avevo accettato la critica senza obbiettare perché, diciamoci la verità: anonima era come mi sentivo. A quel punto ero uscita dalla stanza con un finto sorriso sul viso e, tranquillizzato Zack dicendogli che era andata bene, c'eravamo diretti all'aeroporto. Un'ora più tardi Zack si era imbarcato lasciandomi di nuovo sola.

E qui ritorniamo a me che giocherellavo col cucchiaino anziché mangiare quel gelato ridotto a un liquido informe. Sapevo di non dovermi piangere addosso, ma in quel momento non riuscivo a tirarmi su di morale neanche con l'sms affettuoso che mi aveva inviato il mio migliore amico; neanche ripetendomi che il signor Whright aveva scelto me fra mille; neanche ripensando al sorriso gioioso che mi aveva rivolto James dalla sua macchina quella mattina. Sapevo essere davvero deprimente quando mi ci mettevo!

Lasciai il chiosco sulla spiaggia e passeggiai per un po' sul viale alberato, all'ombra delle palme che si ergevano alte ai bordi della strada. Riuscii a distrarmi guardando le ragazze sfrecciare in bikini sui roller; gli artisti di strada che si muovevano solo se lanciavi loro una monetina, o quelli che cantavano vestiti da Elvis; i bambini felici con i coni gelato in mano. La vita mi scorreva davanti agli occhi ed io non me ne sentivo parte.

Mi ritrovai al Palm Woods senza rendermene conto. Non vedevo l'ora di raggiungere il mio amato appartamento e mettermi al computer, magari a guardare un film o una serie. Ne avevo un sacco in sospeso e avrei potuto recuperare gli episodi durante il resto della giornata.

Quando arrivai davanti agli ascensori, le porte di quello a destra si aprirono e rivelarono James, che si aprì in un sorriso luminoso appena mi vide. Uscì dall'ascensore e si abbatté su di me stringendomi le braccia intorno alla vita; mi sollevò da terra con una facilità impressionante e cominciò a girare su se stesso. D'istinto, portai le braccia intorno al suo collo per esser certa di non volare via.

«Com'è andato il provino?» chiese fermandosi. Il mio cuore però continuava a vorticare.

«B-bene.»

Assottigliò gli occhi, quasi volesse leggermi nella mente. «Sei sicura? Non sembri molto entusiasta.»

Feci sì con la testa e distolsi lo sguardo. «Mi metteresti giù ora?»

«Solo se mi dici la verità» affermò e sfiorò il mio naso con il suo in un gesto affettuoso. Stavo per sciogliermi.

Gli accarezzai i capelli sulla nuca cercando di farlo passare per un gesto casuale, ma sorrise proprio mentre facevo scorrere le mani verso la rasatura. Poteva essere una coincidenza, giusto? Allora perché i suoi occhi erano così luminosi e il suo sguardo così intenso?

«Mi fai il solletico» si giustificò, riferendosi al movimento dei miei pollici.

«Scusa. Fammi scendere, dai!»

I miei piedi toccarono di nuovo terra, ma temetti che le gambe avessero ceduto se avesse lasciato la presa sulla mia vita. Mi stava abbracciando ancora, sostenendomi al contempo, e mi sentivo stranamente bene.

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