Paura

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Dall'appuntamento al molo con James erano passati già tre giorni, durante i quali non c'eravamo neanche incrociati al Palm Woods. Cominciavo a chiedermi se non fosse pentito di quella serata e dal mio stare sulla difensiva. Io però sentivo di aver fatto progressi nell'avvicinarmi e lasciarmi avvicinare da lui. Per esempio gli avevo concesso di tenermi per mano, gesto semplice ma che per me significava molto e speravo che James lo avesse compreso. Era un ragazzino viziato ma si era dimostrato gentile e sensibile. Avevo visto quel suo lato affacciandomi alla finestra che mi aveva aperto sul suo mondo interiore; un mondo che mi stava piacendo da matti.

Scrollai la testa e tornai a concentrare l'attenzione sul copione del nuovo episodio da girare. Avevo un sacco di battute e ne avevo imparate solo la metà, distratta com'ero. Chiusi gli occhi per non cedere alla tentazione di sbirciare e iniziai a recitare la mia parte. Fu una sorpresa scoprire che in realtà mi era già entrata in testa. Con l'entusiasmo ritrovato passai alla parte che sapevo appena, ma non feci in tempo a rileggerla poiché bussarono alla porta. Avrei potuto fingere di non essere in casa e proseguire il lavoro, ma la persona lì fuori non si arrese e continuò ad accanirsi. Quella persona poteva essere solo James e tutto quel fervore non prometteva niente di buono.

Mi alzai dal divano e andai ad aprirgli prima che scardinasse la porta. «Ciao James!»

Invece di ricambiare il saluto, s'indicò la testa senza dare spiegazioni.

«Dovrei capirci qualcosa?»

«Non è ovvio?» Scossi la testa, quindi proseguì: «I miei capelli sono un disastro! Non riesco a sistemarli».

Mi scappò un sorriso divertito. «Tutto qui?»

Sgranò gli occhi e si coprì la testa con entrambe le mani. «Tutto qui?! È una tragedia! Non posso farmi vedere in queste condizioni. Cosa direbbero le signorine là fuori?»

Roteai gli occhi al cielo scocciata e feci per sbattergli la porta in faccia, purtroppo però riuscì a metterci un piede in mezzo per impedirmelo.

«Ho bisogno del tuo aiuto.»

«Fatti aiutare da qualcun'altra.»

«Sei pazza? Ti ho già detto che non posso farmi vedere così! E poi n-»

Gli parlai sopra iniziando a irritarmi sul serio: «Ho da fare».

«La mattina sei sempre irritata.»

Lo fulminai con lo sguardo. «Non ti frega niente se sono io a guardarti spettinato, questo mi irrita.»

«Sei gelosa» esclamò soddisfatto pungolandomi la guancia con l'indice.

«Te lo stacco quel dito se non la pianti!»

Smise subito ma scoppiò a ridere. Quando tornò serio, si schiarì la voce e assunse l'espressione da tenero cucciolo; quella che avrebbe fregato chiunque. «Ti prego: sistemami i capelli!»

Sospirai rassegnata e gli feci spazio per lasciarlo entrare nell'appartamento.

«Dove ci mettiamo?» chiese impaziente.

Presi una sedia dal tavolo e la piazzai vicino al divano. «Qui staremo bene.»

Si accomodò senza fare storie e mi passò una busta. «C'è il necessario per-»

«James, tutta questa roba è inutile!» esclamai rovistando tra le sue cose. «Addirittura la piastra. Sei irrecuperabile!» Scossi la testa divertita. «Mi basterà un po' di gelatina e un pettine.»

«Non un pettine, ma il pettine» mi corresse estraendo dalla tasca dei jeans l'oggetto in questione.

«Lo porti sempre con te?»

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