Capitolo 1

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"Mia, ti prego non rendere le cose acora più complicate. Mangia." La voce di mia mamma non è più armoniosa come sei mesi fa.

"Non voglio, non ho fame." Ripondo secca, tastando il tavolo davanti a me per alzarmi.

"Mia.." continua disperamente a pregarmi mamma, ma papà la interrompe. "Lasciala stare Caroline, quando avrà fame tornerà in cucina." La ammonisce col tono.

Papà è sempre stato accondiscendente, forse anche troppo, sin da quando ho avuto l'incidente. So bene che cerca di non farmi perdere la testa e lo apprezzo visto che il peso che mi sento addosso è già troppo per me.

Il mio cane, Arthur mi lecca la gamba e io mi abbasso lentamente per prendere il guinzaglio. Lo afferro e lui mi guida istintivamente verso la mia stanza. E' ironico quando prima di sei mesi fa non volevano assolutamente che mi comprassi un cane perchè secondo mamma non avevamo spazio sufficiente e odia il pelo di cane sparso a giro. Mentre adesso per la mia cecità me ne hanno comprato uno. D'altro canto ho rifiutato categoricamente di portare il bastone, così non hanno avuto altra scelta. E' già addestrato per questo tipo di cose e io mi sono già affezionata tanto che è l'unico probabilmente a capirmi.

Si ferma e mi sposta la gamba destra spingendomi leggermente in avanti. Tasto davanti a me finchè non trovo il letto e mi siedo. Dopo pochi secondi Arthur sale accanto a me e mi mette sulle ginocchia il pigiama. Sorrido, mamma mette sempre il pigiama sopra la sedia cosichè Arthur venga a portarmelo.

Mi svesto rapidamente e lo indosso. Scosto le coperte mi infilo dentro il letto. E' sabato e forse è ancora troppo presto per dormire, ma sono molto stanca per rimanere sveglia a non fare niente, fra l'altro. Il piccolo Arthur si posiziona accanto alle mie gambe e si accovaccia. Accarezzo il suo pelo morbido finchè non cado in un sonno profondo.

La lingua d Arthur mi lecca la guancia facendomi alzare. Non so che ore siano ma non sento nessun rumore nelle altre stanze, probabilmente i miei genitori sono ancora a dormire. Mi stiracchio e lentamente scendo dal mio letto. Il parquet scricchiola sotto i miei passi e con le mani tese davanti a me, raggiungo il bagno. L'acqua è fresca sulla mia pelle e improvvisamente ho bisogno d'aria.

Torno in camera da letto inciampando su quelle che credo fossero un paio di scarpe e prendo i vestiti sulla sedia. Accarezzo il maglione: questo è probabilmente quello rosa che nonna si ostinava a farmi ogni anno; mi manca molto e darei la vita pur di riabbracciarla un solo minuto, ma purtroppo è andata via troppo presto. Indosso i jeans cercando l'etichetta per evitare di indossarli al contrario, come mi successe una settimana fa. Non mi scorderò mai tutte le risatine strafottenti della scuola; ancora mi fa male pensarci.

"Arthur.." lo chiamo e lui si avvicina, mi abbasso prendendogli dalla bocca i miei occhiali neri e prendo il guinzaglio facendomi guidare da lui.

Non sono mai uscita di casa senza avvisare i miei genitori, anche perchè loro vogliono accomagnarmi ovunque io decida di andare. Ma per questa volta voglio stare un po' sola a godermi l'aria fresca.

Apro piano la porta e la richiudo allo stesso modo. Arthur cammina lentamente e io indosso gli occhiali uscendo di casa.

Il vento mi colpisce subito il viso e i capelli facendomi respirare profondamente. Avevo assolutamente bisogno di questo e sono contenta di essermi alzata un po' presto per godermelo. Se ripenso alla mia via prima di ora, mi accorgo che mai ho fatto una cosa del genere; non mi sono mai alzata per prendere un po' d'aria fresca per me e ne sono stranamente contenta. Non riuscirò mai a farci l'abitudine dinanzi a questa situazione, ma poco a poco, col tempo, mi sono accorta che non posso fare altrimenti ed è questa adesso la mia vita, che io lo voglia o no.

FadedWhere stories live. Discover now