Capitolo 4.

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A bordo della macchina nera, Nate stava in silenzio. Era stato ammanettato e i due soldati che in precedenza lo avevano tenuto per le braccia ora stavano seduti accanto a lui, uno a destra e l'altro a sinistra.
Il sangue non cessava di colargli dal naso. Ogni movimento era un dolore insopportabile. Nate stava in silenzio, si era rassegnato e aveva smesso di dimenarsi, consapevole che non sarebbe servito a nulla.

Gilbert era in un'altra auto. Quando è stato preso non aveva gridato, non aveva reagito. A Nate rimase impressa la sua espressione attonita, smarrita mentre si lasciava trascinare da due SS. Gilb si era arreso senza neanche provare a lottare.
Nate urlava al posto suo, non riusciva proprio a concepire che il suo amico non se la fosse cavata.

Di chi era la colpa di tutto questo? Di Theo? Forse se non fosse svenuto ai suoi piedi non lo avrebbero fatto entrare in quella stramaledetta stanza. Forse avrebbero interrogato qualcun altro che avrebbe sputato il rospo e allora non sarebbe più stato necessario chiamare tutti. Se la sarebbero cavata unendo i soldi sottratti a Madame Dubois e la storia sarebbe finita lì.
O forse tutto ciò era inevitabile. Forse la colpa era solo di Nate e della sua omosessualità.
A tutto questo pensava Nate, durante quell'interminabile viaggio in auto verso chissà dove.

Ma c'era una cosa a cui non riusciva a trovare una risposta. Chi li aveva condannati? Chi aveva scritto il loro nome in quella lista?
Nate non poté mai saperlo. Gli bastava sapere che gli informatori erano ovunque. Ed era anche consapevole di quanto fossero stati imprudenti quella notte.

Con la coda dell'occhio Nate cercava di guardare attraverso i finestrini. Non vide altro che campi coltivati, e nessuna traccia che potesse fargli capire dove si stavano dirigendo. Nate provò a girare la testa, per osservare meglio, ma la SS gli assestò un forte manrovescio, che gli fece ruotare la testa dall'altra parte. Uno goccia di sangue finì inavvertitamente sull'altra SS che sedeva alla sua sinistra. Questo, inorridito, cercava di pulire la macchiolina di sangue dalla sua divisa mentre con sguardo pieno d'astio guardava il suo compagno, che se la rideva.
Per ripicca, la SS di sinistra si tolse il guanto, lo mise in faccia a Nathan, assicurandosi che si imbrattasse di sangue e poi, allungandosi, lo spalmò in faccia al suo compagno.

Seguirono altre risate, Nate comprendeva che in quel momento lui era il loro giocattolo. Si inorridivano davanti al suo sangue quasi fosse quello di un appestato.
E intanto lui soffriva, in silenzio, perché se avesse parlato avrebbe sofferto ancora di più.

Ai due soldati non dava fastidio che Nate guardasse fuori dal finestrino, bensì erano irritati dal fatto di essere guardati da un omosessuale.

I due avrebbero certamente continuato a percuotere Nate se l'autista non li avesse avvisati che erano arrivati.
Le due guardie esclamarono qualcosa che per Nate fu incomprensibile, ma a giudicare dal tono sembravano sollevati.

Nate approfittò della distrazione delle guardie per osservare più attentamente.
Entrarono in un centro abitato, non doveva di certo essere una città, non c'erano grandi edifici e non si vedevano altre auto, e chi si aggirava per le strade era gente mal vestita.
L'auto si fermò in una piazza, circondata da caseggiati, probabilmente negozi.

Le SS scesero dall'auto e si allontanarono verso uno degli edifici. Tranne le due che lo avevano picchiato, che anche se scesero dalla macchina,  rimasero a fare la guardia agli sportelli dell'auto.
Un'auto si fermò affianco a quella di Nate. Da questa, altre SS uscirono, e andarono nella stessa direzione dei loro compagni.

Vide Gilb, e i loro sguardi si incrociarono.
Attraverso la flebile luce che penetrava dai finestrini sporchi e scuri, Nate poté notare che Gilb aveva un occhio nero, ma nessuna traccia di sangue in viso. Nathan si sentì sollevato per questo. Era grato del fatto che il suo amico non fosse ridotto come lui.

Ma cosa sarebbe accaduto ora? Perché si erano fermati?

Nate trovò delle risposte quando vide le SS uscire da un negozio con le mani piene. Avevano con sé cibo, acqua, vino e sigarette; segno che il viaggio sarebbe durato a lungo.

Gli uomini in divisa si rifocillarono e ovviamente non fu dato niente ai due prigionieri. Il viaggio era durato diverse ore e Nate aveva bisogno di bere dell'acqua , ma non si azzardò a chiederla.
Vide una SS chinarsi e offrire un bicchiere d'acqua a Gilb attraverso il finestrino. Nate allora pensò di approfittarne, e chiederne anche lui un po'. Ma fu costretto a ripensarci. Gilbert tese la mano in avanti, e il soldato con uno scatto improvviso gli gettò il liquido in pieno volto. Era violaceo mentre usciva dal bicchiere e purpureo sulla pelle di Gilb. Era vino.

I soldati risero di gusto. La loro risata suonava stolta e infantile come quella dei bambini che giocano a cacciar lucertole. Le risa echeggiarono nella piccola piazza, riempiendola della folle euforia delle SS.

Nate trattenne a stento la sua rabbia.

Il viaggio riprese, e fu interminabile.
Viaggiarono tutta la notte, Nate lo capì quando giunse l'alba, quella del due Ottobre. Nathan non voleva perdere il conto dei giorni. Voleva rimanere il più possibile attaccato alla realtà.

Entrarono in una grande città. Nate non riusciva a riconoscerla, non si era mai mosso da Marsiglia. Per lui era tutto orribilmente nuovo.
Solo quando la guardia alla sua destra si addormentò, gli fu possibile osservare. Nate notò un grosso edificio, che torreggiava su tutti gli altri. In cima c'era scritto "Lyon Bibliothèque" - biblioteca di Lione.

Nate si chiese se fosse questa la destinazione. C'era un gran movimento, anche Marsiglia era così caotica. Vedeva camion, auto di ogni tipo, e marciapiedi affollati.

L'auto si fermò di fronte alla stazione. Le SS scortarono lui e Gilb verso il binario numero 2.
Nate rimase sbalordito quando vide la folla in attesa di prendere il treno. Anzi, la folla costretta a prendere il treno.
Dietro ad essa, infatti, girava un'enorme quantità di soldati, alcuni con fucile sotto braccio, altri col fucile puntato.
Mentre Nate passava in mezzo alla folla, osservava. Vide bambini piangere in braccio a genitori disperati, vide vecchi abbracciare i loro nipoti, vide alcune famiglie raggruppate a pregare. Di fronte a tutto questo, il tempo sembrò rallentare. Camminare diventava sempre più faticoso per Nathan. Un passo era più greve dell'altro. Più andava avanti, più il suo cuore si appesantiva.
I soldati impedivano alle famiglie di pregare, e schernivano chiunque piangeva.

Nate capì che erano arrivati, ma non era Lione la destinazione.

1943. Tre Passi per Sopravvivere.Where stories live. Discover now