Capitolo 20. Secondo Passo. Parte 2.

319 34 7
                                    

-Che vuoi dire ?-
Nate non capì come quell'uomo morto potesse essergli in qualche modo d'aiuto.

-Ora ti spiego tutto. Nel frattempo mangia, ho bisogno che tu sia in forze.-

Nate non aveva bisogno di sentirselo dire, erano tre giorni che non mangiava cibo, e ora che ne aveva un po' a disposizione stava divorando tutto il più velocemente possibile.

Ernest si sedette accanto a Nate, indicò il corpo del soldato caduto.
-Lui è, beh... era Kraus. L'ho condotto qui con l'inganno. Gli ho chiesto se poteva aiutarmi a sbloccare la serratura del casolare per controllare se all'interno c'era qualcuno, dicendogli che mi pareva di aver visto movimenti sospetti da queste parti.
Sai ci ho impiegato parecchio tempo a pensare all'uomo giusto da scegliere. Alla fine ho capito che Kraus era perfetto. Se mi fossi rivolto a qualcun'altro probabilmente l'avrebbe detto anche ad altre SS, certe azioni si fanno in gruppo. Ma non Kraus, sapevo che lui non lo avrebbe fatto. Era cocciuto e ingenuo, molte SS qui dentro si prendevano spesso gioco di lui. L'idea di prendersi il merito della scoperta di un prigioniero tutto per se era troppo forte.-

-Capisco che ti sei approfittato di lui, ma non capisco ancora a quale scopo. Potevi venire qui da solo.-
farfugliò Nate mentre si portava in bocca un altro pezzo di pane.

-No, lui ci serve.-

Nate lo guardò in silenzio. In attesa di un ulteriore chiarimento.

Sul viso di Ernest si dipinse ancora quell'espressione amareggiata, infastidita. Segno che stava per dire qualcosa che non avrebbe mai  pensato o voluto dire.

-Useremo il suo corpo per oltrepassare la rete elettrificata.-

Nate non si scompose. Portò lo sguardo prima su Kraus e poi su Ernest. Non disse nulla.
In un attimo capì tutto. Capì perché Ernest gli aveva detto di recuperare un po' di forze. Avrebbero dovuto trasportare Kraus fino al confine sud del campo.

-Capisco.- disse freddamente Nate. La sua voce non riuscì a nascondere il ribrezzo per il macabro piano.

-Forza, dobbiamo andare.- Ernest si tirò su rapidamente e tese una mano al suo compagno.
-Pensi che ce la farai?-

Nate sospirò. -Ho fatto sforzi peggiori e con lo stomaco più vuoto. Ce la farò.-

-Io lo prendo dai piedi, tu dalle braccia.- disse Ernest.

Nate fece una fatica immane. Passo dopo passo il corpo di Kraus sembrava pesare sempre di più.
Era un uomo molto alto, grosso e largo.

Nate ebbe bisogno di riposarsi ben due volte durante il tragitto. Si muovevano nell' ombra della notte, era difficile vedere dove mettevano i piedi. Il chiarore della luna era appena sufficiente a non farli brancolare nel buio a vuoto.

-Fermiamoci qui.- disse Ernest. Posarono Kraus a terra.  -Seguimi.- lo condusse dietro un muretto a secco, dove qualche ora prima aveva nascosto e ricoperto con delle pietre due zaini. -Senza questi lì fuori non sopravviveremo un giorno.-

-Dobbiamo spogliare Kraus.- disse Nate.

Ernest si voltò e lo guardò sbalordito.
Poi cambiò rapidamente espressione.
-Forse hai ragione, potrebbero servirci i suoi vestiti.-

Nate annuì. In quei tre giorni nel casolare, ma ancor prima nei mesi passati nel campo, aveva sofferto terribilmente il freddo. In quel momento quella frase uscì dalle sue labbra quasi spontaneamente. Avevano bisogno degli indumenti pesanti che il malcapitato portava indosso.

Dopo fu più facile trasportare il soldato verso la recinzione.

Erano in prossimità della rete elettrificata. Erano giunti al punto più difficile del loro piano di fuga. Niente doveva andare storto.

1943. Tre Passi per Sopravvivere.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora