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Sentii la sveglia suonare, e la realtà dell'inizio del mio primo giorno di scuola qui mi colpì come un pugno nello stomaco. 

Pensai freneticamente a scuse credibili per evitare la giornata, ma nessuna sembrava abbastanza convincente. 

La sveglia continuava a suonare, tormentandomi con la sua insistenza, e il desiderio di scaraventarla contro il muro si scontrò con la delusione quando realizzai che era il mio telefono.

Con fatica, raccolsi le poche energie che avevo per alzarmi dal letto. 

La mia mente era già in caos, anticipando le sfide della giornata. Mi diressi verso il bagno senza nemmeno guardarmi allo specchio; sapevo che avrei trovato occhiaie profonde e capelli arruffati.

L'incertezza sul mio abbigliamento mi fece dubitare di riuscire ad arrivare in tempo. Cambiai idea sulla scelta degli outfit almeno cinque volte prima di decidere per la solita t-shirt logora e un paio di jeans strappati e consumati.

Dopo un'eternità spesa a scegliere i vestiti, finalmente potei uscire sperando di non arrivare troppo in ritardo. 

La mia solita puntualità mi costrinse a rinunciare alla colazione.

Appena fuori dal portone, il diluvio iniziò. Arrivai alla fermata dell'autobus appena in tempo per vedere una corriera arrivare. Senza nemmeno guardare il numero, salii.

Fortunatamente, mia madre aveva insistito per mostrarmi la posizione della scuola. In realtà, mi aveva quasi obbligato, senza di lei non avrei mai trovato la fermata dell'autobus.

Mentre la corriera avanzava, notai che non si dirigeva verso il centro città. Scesi alla prima fermata, che distava mezz'ora a piedi dalla scuola. Iniziai a correre, ma poi mi ricordai che il mio primo giorno avrebbe comportato una presentazione alla preside e una visita guidata della scuola.

Le mie domande e preoccupazioni si moltiplicarono mentre camminavo distratta, fino a quando scontrai qualcuno e finii seduta in una pozzanghera. Alzai gli occhi e notai un ragazzo della mia età che non sembrava intenzionato ad aiutarmi.

Mi resi conto che quel ragazzo non era affatto male. I suoi capelli neri cadevano disordinati sulla fronte, incorniciando un volto con lineamenti decisi. Gli occhi verdi intensi sottolineavano un'espressione penetrante, mentre la sua pelle abbronzata conferiva un'aria di sicurezza.

Nonostante la sua piacevole presenza, gli parlai male, incolpandolo per l'incidente. Non era certo colpa sua, ma il mio orgoglio ferito aveva preso il sopravvento sulla logica. 

"Non ridere, è stata tutta colpa tua," dissi, lasciando trasparire il mio orgoglio.

 Cercai di rialzarmi cercavo di rialzarmi, scivolai nuovamente, ma sta volta, lui mi offrì una mano con un sorriso rassicurante.

"Sei stata tu a venirmi addosso, è tutta colpa tua" ribatté scherzando, in modo da sdrammatizzare la situazione.

Non risposi immediatamente, trattenendo uno sguardo curioso su di lui. 

Si presentò come Luca, o qualcosa del genere, e la mia mente cercò di afferrare il suo nome nella frenesia del momento.

"Ah, sì, scusa. Piacere, Luna," risposi rapidamente, forse troppo, mentre il suo sguardo penetrante continuava a scrutarmi. 

Nel tentativo di sfuggire a quell'analisi, cercai di porre una domanda. "Perché sei così scontroso di mattina?"

Lui non sembrò interessato a condividere dettagli personali. "Non sono affari tuoi. Comunque, perché così di fretta?" chiese, con un tono leggermente curioso.

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