2.

210 48 10
                                    

Nel corso di un'interminabile e monotona lezione, il mio nome viene chiamato più volte, attirando la mia attenzione. Poco dopo, una piccola pallina di carta plana leggera sul mio banco. Intrigata, apro con cautela il bigliettino, scoprendo al suo interno una richiesta: "Girati, ti prego." Sapendo chi è l'autore di questo gesto, decido di voltarmi.

"Che c'è?" rispondo, mantenendo il mio sguardo fisso dritto davanti a me. 

"Comunque è bello rivederti, Luna dice lui con una nota sarcastica nella voce. "Mhmm... immagino," ribatto con sufficienza.

"Non mi hai ancora perdonato per stamattina?" chiede, provocatorio. 

"No! Certo che no! Sono finita in una pozzanghera, per colpa tua. Avevo pure i miei vestiti preferiti," dico indicandomi, sapendo bene che lui non può vedermi.

"Ma è stata tutta colpa tua, sei tu che stavi correndo e mi sei venuta addosso," ribatte imperterrito.

"Non è vero, sei tu che ti sei messo sulla mia strada. Comunque sia, tu mi devi dei nuovi vestiti." dichiaro con decisione.

"Mhm... Non lo so!," dice, tagliando corto.

"Beh... almeno fammi usare la tua lavatrice. Visto che siamo appena arrivati in questa città e ci siamo trasferiti da poco nella nuova casa, non abbiamo ancora tutti i mobili," aggiungo, supplicandolo con uno sguardo e un tono di voce che cercano di attenuare la tensione.

Nelle ultime due ore, ho continuato a prendere appunti a modo mio, riempiendo i margini di piccoli scarabocchi tra una nota e l'altra. 

La campanella, con il suo suono liberatorio, annuncia la fine delle lezioni e mi permette di lasciare quella prigione.

Fortunatamente, Luca ha accettato di lavare i vestiti sporchi, permettendomi di risolvere il problema della caduta nella pozzanghera. Mentre mi preparo, Elisabetta mi sorpassa rapidamente, gridando di essere di fretta e che il giorno seguente saremmo tornate a casa insieme. 

Poco dopo, Marco le corse dietro, anche lui urlandomi: "A domani, cara compagna di banco! E tu, Elisabetta, aspettami. Non voglio prendere la corriera!".


Mentre sollevo gli occhi al cielo, manifestando chiaramente la mia perplessità per il comportamento simile di Elisabetta e Marco, noto che qualcuno in classe osserva la mia espressione."Ma hai un tic?" chiede questo qualcuno.Rialzo lo sguardo e mi accorgo che Luca è ancora seduto nella stanza."Un che?" domando confusa."Un tic. Continui a muovere gli occhi," specifica. Lo guardo con uno sguardo perplesso e lui scoppia in una risata."Però sono occhi incredibili. Di che colore sono? Verdi? Verdi smeraldo, wow," aggiunge avvicinandosi. Noto il mio imbarazzo crescente e lascio che i miei lunghi capelli neri creino una sorta di barriera tra i nostri visi.


"Mmh, vuoi restare lì tutta la giornata con la testa tra le nuvole?" mi chiede Luca, mentre ero ancora immersa nei miei pensieri."Ehm... no," rispondo, riprendendo i sensi e raggiungendolo.Una volta fuori dalla scuola, ci incamminiamo insieme verso la sua casa. Il sole del pomeriggio dipingeva di toni caldi gli edifici circostanti, mentre le ombre si allungavano sulla strada. 

Luca camminava con passo sicuro, i suoi capelli castani leggermente mossi dalle brezze leggere. La luce accentua il verde intenso dei suoi occhi, facendoli risplendere. 

"Allora, qual è la tua storia?" gli chiesi, cercando di spezzare il silenzio imbarazzante che si era creato tra noi."Cosa vuoi sapere?" risponde Luca con una nota di curiosità nella voce."Le solite cose. Da dove vieni, cosa vuoi fare da grande... cose così.""Frequento il liceo linguistico..." inizia a dire, ma lo interrompo subito, non lasciandogli finire la frase."Ma non mi dire. Forse tu non te ne sarai accorto, ma frequentiamo la stessa scuola, pure la stessa classe. Scioccante, vero?" La mia risposta esce con una punta di acidità, e mi rendo conto che forse mi sarei dovuta trattenere."Stavo dicendo che negli anni precedenti ho frequentato il liceo scientifico, ma sono stato bocciato e così ho deciso di cambiare scuola visto che non faceva per me. Negli ultimi anni ci siamo trasferiti di città in città, ma sono nato a Milano." conclude."Anche io vengo da lì. E la tua famiglia?""Beh, mio padre si è trasferito qui in città con me, mentre mio fratello è rimasto nella nostra vecchia casa.""E tua madre invece?""Lei è morta," dice con una noncuranza che mi colpisce. La sua voce assume un tono serio, e posso percepire una certa tristezza nei suoi occhi. 

You are not my typeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora