Capitolo 22

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POV Federico

Il campanello suonò ed io mi fiondai ad aprire, non mi stupii vedendo Sara davanti alla porta, ormai era il quinto giorno che veniva da me dopo la scuola.
«Hey, stai meglio!» esclamò sorridendo, sì stavo meglio, ma non ero decisamente pronto a tornare a scuola e subirmi lei e Mattia che si comportavano da perfetti fidanzati, se c'era una cosa che odiavo, erano le coppiette che passavano tutto il tempo a tenersi per mano e a sbaciucchiarsi, o almeno era la scusa che raccontavo a me stesso.
«Veramente no» dissi fingendo di tossire, «probabilmente la febbre è anche salita» mentii accompagnandola nella mia camera e buttandomi nel letto con fare drammatico, facendola ridere di gusto.
«Non starai mai meglio se continui ad andare in giro scalzo» rispose, buttando la borsa piena di libri sul mio letto e, precisamente, sui miei piedi, la delicatezza non era certo la sua miglior qualità.
Se solo avesse saputo che stavo benissimo!
Fingere di avere la febbre mi era sembrata l'idea migliore il primo giorno che era venuta a chiedermi come mai non ero andato a scuola, di certo non le avrei detto che era per evitare di vedere lei che diceva sì al mio migliore amico.
Quando Mattia mi aveva mandato per messaggio il suo "discorso" mi era sembrato stupido: quale ragazzo fa una cosa del genere?
Ma poi, rileggendolo, mi ero reso conto che lei non avrebbe rifiutato.
Diamine, avrei detto di sì anch'io con una dichiarazione del genere!
Eppure non ci avevo voluto credere fino a quando lei me lo aveva confermato, fino all'ultimo avevo sperato che gli dicesse no.
«Quindi quando tornerai? Non è la stessa cosa senza di te» piagnucolò, passandomi il termometro.
Quando sarò pronto a vederti con un altro, le avrei voluto dire, ma, al contrario, risposi con tono ovvio: «Quando sarà scesa la febbre».
Nemmeno io sapevo esattamente quale fosse il mio problema.
Quella domenica sera mi ero detto che era solo per non subirmi le loro scenate da fidanzatini, ma non avevo un motivo valido per essermi assentato anche di  martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e probabilmente anche di sabato.
Non ne volevo sapere di andare a scuola ed era per lei, solo che non capivo perché.
Le chiesi di andare a prendermi un bicchiere d'acqua mentre mi misuravo la febbre e nel frattempo riscaldai il termometro con la stufa che tenevo vicino al letto.
«38.3» dissi non appena tornò.
«Cosa? Ma ieri era a 37.5»
«Ti ho detto che era salita» ridacchiai, prendendo il bicchiere dalle sue mani.
Lei sbuffò e si sedette vicino a me.
«Forse dovresti chiamare un dottore, non è normale che salga e scenda in questo modo» brontolò, rigirandosi il termometro tra le mani.
«Se vuoi saperlo sale solo quando vedo te» lei mi guardò perplessa, alzando un sopracciglio e nascondendo un sorriso imbarazzato, «la febbre, intendo» mi affrettai a dire.
Lei si alzò subito dal letto e io mi passai una mano sulla faccia per l'imbarazzo, che figura di merda!
«Come è andata a scuola?» chiesi, per cambiare argomento e metterla a suo agio.
«Normale» rispose annoiata, mantenendo le distanze.
«E...» avevo paura a continuare, «con Mattia?»
Lei si morse il labbro, facendomi impazzire, e sì volto dall'altra parte, dandomi le spalle.
«Normale» ripeté passandosi una mano tra i capelli. Avevo la sensazione che nemmeno lei fosse troppo felice della situazione.
«Hey, che succede?» le chiesi preoccupato. Non riuscivo a non pensare che lei non amasse Mattia, ma se si era rimessa con lui un motivo ci doveva pur essere.
Quando si erano lasciati avevo incoraggiato il mio amico a fare il primo passo per riconquistarla e ora ero geloso di lui.
Geloso.
Chi l'avrebbe mai detto?
Chi poteva pensare che quella ragazzina impacciata potesse diventare così importante?
Avevo chiuso con lei molto tempo fa, quando mio padre se n'era andato.
All'inizio ero arrabbiato, avevo una cotta per Sara sin da bambino e lei mi aveva abbandonato, poi avevo capito: tutti ti abbandonano e lei non era diventata altro che parte di quella massa di persone che mi guardavano negli occhi e si sussurravano all'orecchio quanta pena avessero per il povero Federico.
Come aveva fatto a rientrare nella mia vita? Non ne avevo idea, probabilmente ero stato io ad avvicinarla, Sara era bella, ogni curva al posto giusto e un sedere da far girare la testa, anche se, a pensarci bene, avevo deciso di volerla non appena avevo visto il suo sorriso, era stato quello a far impazzire me, così dolce, esattamente come lo ricordavo.
Di certo, però, non volevo finire così gravemente malato, follemente ossessionato e, forse, di nuovo innamorato di quella ragazza che mi aveva rubato il cuore sin dal primo giorno.
«Niente» disse scrollando le spalle, poi si girò con il joystick in mano e: «Partitina?» chiese sorridendo, non ero del tutto convinto della sua risposta, ma se non le andava di parlare, io non l'avrei costretta.
Così accettai la sua proposta e dopo che perse anche la sesta gara iniziò a lamentarsi e a dire che imbrogliavo, imprecando contro tutto quello che le stava intorno.
«Basta! Io ci rinuncio» sbottò dopo la settimana partita.
«Sei una frana!»la conzonai io all'ottava, beccandomi il joystick in testa, «hey! Io sto male, non puoi picchiarmi»
«Ah, sì? Scommettiamo che posso?» disse prendendo il cuscino.
Iniziò a colpirmi come una pazza, mentre io cercavo di ripararmi alla bell' e meglio con le braccia.
Poi la presi per i fianchi e la scaraventai sul letto, finendo sopra di lei e sorreggendomi con le braccia per non schiacciarla.
I nostri visi erano talmente vicini che potevo percepire il suo respiro sulle mie labbra, mi guardava intensamente negli occhi, poi spostò lo sguardo sulla mia bocca mordendosi il labbro inferiore.
Voleva baciarmi ed io volevo che lo facesse.
Ma contro ogni mia aspettativa si girò su un fianco e, tirandomi per un braccio, mi costrinse a sdraiarmi accanto a lei. Stringeva la mia mano al suo petto come se fosse un peluche, riuscivo a sentire il profumo dei suoi capelli e dovetti ricorrere a tutta la mia forza di volontà per reprimere la voglia di passare la mano ancora libera tra le morbide ciocche castane.
«Vorrei stare così per sempre» disse, la sua voce era appena un sussurro, probabilmente non aveva nemmeno pensato di dirlo veramente, ma io, che morivo dalla voglia di sentire quelle parole, le avevo percepite subito.
Anch'io, dissi tra me e me, pentendomene subito dopo.
Mi alzai di scattò dal letto quando mi resi conto che non sarei riuscito a controllarmi ancora per molto con lei così vicina.
«Perché ti sei alzato?» mi chiese, rotolandosi nelle coperte per voltarsi verso di me.
«Vado a prendere dell'acqua» inventai sul momento uscendo dalla mia camera.
Non arrivai in cucina, non raggiunsi nemmeno la metà del corridoio a dire il vero, mi fermai subito dopo la porta e mi appoggiai alla parete.
Era terribilmente sbagliato.
Lei era la ragazza del mio migliore amico, ma giorno dopo giorno mi rendevo conto che stavo bene solo quando ero con lei.

Autrice: questo capitolo non mi fa impazzire, ma prima o poi dovevo aggiornare, spero che a voi piaccia di più ❤️
Che ne pensate di questo POV Federico?
Baci,
-LaBugiarda💕

Il Migliore Amico Del Mio RagazzoWhere stories live. Discover now