Capitolo 37

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Il mattino seguente fu difficile fingere con Matt, fu difficile non guardare Fede senza sembrarne follemente innamorata, fu difficile tutto, ma credevo finalmente di poter sperare che tutto si risolvesse.
Quando insieme uscimmo da quella casa, fu come a tornare a respirare di nuovo. Ci guardammo con sollievo, consapevoli entrambi dei sentimenti dell'altro, e quando lui sorrise io smisi di nuovo di respirare.
Salimmo sul pullman e, essendoci un unico posto libero, io fui costretta "mio malgrado" a sedermi sulle sue gambe, davanti a noi due vecchie comari con i cappelli bianchi messi ordinatamente in piega dopo una notte passata con i bigodini.
«Ora rimpiangeranno la loro giovinezza» sussurrò al mio orecchio, ma io non lo capii, avevo la testa da un'altra parte mentre ascoltavo i battiti accelerati del mio cuore, stupendomi ogni volta che non esplodesse. Gli chiesi di ripetere e, in tutta risposta, sentii le sue labbra calde baciarmi il collo. Sospirai colta alla sprovvista.
Davanti a noi le due signore sgranarono gli occhi e una di loro si portò la mano alla bocca, mentre l'altra, avvicinatasi a lei, le disse qualcosa sottovoce. Non la sentii, ma potevo benissimo immaginare.
«Fede» lo rimproverai, dandogli una gomitata, ne ottenni una risata, ma nulla di più, infatti continuò come se nulla fosse, stringendomi i fianchi e avvicinandomi a se per poi baciarmi ancora con avidità.
Tutti ci guardavano, chi era invidioso, come le due decrepite davanti a noi che ricordavano con nostalgia i tempi in cui ancora gli uomini volevano amarle, chi semplicemente scandalizzato, interdetto o sorpreso. Per tanto tempo ero stata quella che guardava le coppiette innamorate senza sapere cosa pensare di loro, se fossero esagerate o solo esageratamente innamorate, ora finalmente sapevo darmi una risposta.
Arrivati alla nostra fermata, corremmo giù dal pullman, spintonando alcune persone, ci eravamo accorti tardi di essere già a casa.
Fede mi prese per mano mentre camminavamo insieme per quel breve tratto di strada, abbassai lo sguardo, guardando con perplessità le nostra mani intrecciate, era stato così naturale, non avrei mai pensato che Fede fosse quel tipo di fidanzato.
Fidanzato? A pensarci bene, ancora non era niente, solo uno che mi aveva baciata per dieci interi minuti in pullman e che aveva affermato di amarmi, "solo", ma ancora non mi aveva chiesto nulla.
Ci baciammo ancora nel piccolo ascensore, io ero spalle al muro e lui teneva le mie mani intrappolate nelle sue mentre succhiava con avidità le mie labbra, quando la porta automatica si aprì lui si separò da me, guardandomi adorante, per poi schiacciare il tasto del primo piano. Le porte dell'ascensore si chiusero e tornammo giù di nuovo, e poi ancora su, e giù, e di nuovo su.
Per quanto tempo ci baciammo in quella piccola cabina?
Alla fine fummo costretti a scendere, qualcuno dalle scale aveva gridato di liberare l'ascensore.
Fede mi rubò un ultimo bacio e poi, presami per mano, mi tirò fuori da lì.
Prese le chiavi dalla tasca dei jeans, io feci lo stesso, e prima di entrare a casa sua, mi salutò: «Ciao, perfetta sconosciuta» disse prima di scomparire e chiudersi la porta alle spalle.
Mi morsi il labbro e dopo essere entrata a casa, mi abbandonai alla porta d'ingresso, lasciandomi scivolare a terra, già in astinenza.
Quel giorno andai a letto col sorriso e mi svegliai ancora più felice dopo averlo sognato stringermi tra le sue braccia.

Mi preparai e uscii di casa in orario, incontrandolo sul pianerottolo mentre aspettava che arrivasse l'ascensore.
«Buongiorno, bellezza» disse dandomi un dolce bacio sulla fronte.
«Buongiorno» biascicai a mia volta, ancora nel mondo dei sogni.
L'ascensore arrivò e noi entrammo.
«Dobbiamo parlare di una cosa importante» disse poi, poggiando la schiena contro la parete. Lo guardai preoccupata e lui mi spiegò: «Devi lasciare Matt. Se stai con me non puoi stare anche con lui. E tu ora stai con me, sei la mia ragazza e non posso nemmeno pensare di dover condividere il nostro tempo insieme con lui, guardandolo baciarti, fingendo di non amarti».
Lo guardai inebetita, con il cuore che batteva e mille e incapace di parlare.
Solo quando l'ascensore arrivò a terra riacquistai alcune delle mie funzioni.
«Sono la tua ragazza?» chiesi balbettando.
«Certo, è ovvio» disse lui, stringendosi con le spalle come se avesse appena detto la cosa più scontata del mondo.
«No, non lo è. Non me lo hai chiesto» risposi.
L'ascensore era fermo ma nessuno dei due si azzardava a muoversi.
«Non ce n'era bisogno, ti ho detto che ti amo» affermò confuso.
«Non c'entra, una cosa non implica necessariamente l'altra». Era un ragazzo, queste cose lui non poteva capirle, me ne rendevo conto, così usavo un tono accondiscende mentre cercavo spiegarglielo, senza però riuscire a nascondere una certa stizza per il fatto che lui lo avesse dato per scontato.
«Onestamente non sono d'accordo. Se ti dico che ti amo significa che voglio stare con te, se tu mi rispondi "anch'io" significa che anche tu vuoi stare con me, quindi stiamo insieme» espose con ovvietà la sua tesi.
Io lo guardai seria, incrociando le braccia sotto al petto, e gli imposi un ultimatum: «Se vuoi che io sia la tua ragazza dovrai chiedermelo esplicitamente».
«Ma è poco virile» si lamentò lui.
«Per niente» esclamai.
Lui incrociò le braccia a sua volta, guardandomi silenziosamente per qualche secondo.
Qualcuno ci gridò dalle scale di liberare l'ascensore, era lo stesso signore della mattina precedente.
Fede sbuffò e con aria poco convinta mi chiese se volessi stare con lui. Lo guardai torva.
«E questa ti sembra una richiesta?» sbottai infastidita.
Allora si avvicinò a me, prese le mie mani tra le sue, e, stavolta con tono più convincente, mi chiese: «Sara, vuoi essere la mia ragazza?»
Gli saltai in braccio e dopo averlo baciato mille e mille volte più una gli risposi di sì, in realtà ero già sua da un sacco di tempo.

Autrice: vi chiedo scusa per l'immenso, anzi infinito, ritardo.
Spero possiate perdonarmi e che il capitolo vi piaccia.
Baci,

-LaBugiarda💕

Il Migliore Amico Del Mio RagazzoWhere stories live. Discover now