CAPITOLO 3

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Dietro all'albero scorgo un ragazzone  alto.
Sono sola in un giardino immenso e un ragazzo alle mie spalle è nascosto dietro un albero. Il mio cuore comincia a battere molto forte perché penso subito al peggio. Scatto in piedi rovesciando il bicchiere a terra.
Lui si avvicina e io vorrei scappare, ma le mie gambe sono bloccate.

-Scusa, non volevo spaventarti.

Rimango impietrita, non riesco a muovermi.
Intanto lui continua ad avvicinarsi.

-Giuro che non ho cattive intenzioni. Ti prego, non essere terrorizzata.

Pian piano riesco a vederlo completamente e a rendermi conto di chi sia. Lo ho già visto, ma non mi ricordo dove.
Mi ha quasi convinto con le sue parole, mi rilasso e torno a sedermi sulla panchina.
Lui si avvicina e si siede a fianco a me.

-Davvero, scusami.

Mi dice queste parole guardandomi e io non riesco a non osservarlo.

-Mi hai spaventata... insomma, sono tutta sola e tu arrivi di nascosto... non faceva presagire bene.

Un piccolo sorriso compare sul suo volto.
Io non ci trovo niente da ridere, stavo letteralmente morendo di paura.

-Sì, deve essere davvero orribile la vita di voi ragazze. Insomma, non potete uscire di sera sole perché avete il terrore di trovare malintenzionati. Non potete mettervi quello che volete perché se sono abiti troppo corti tutti guardano e vogliono anche toccare...

Si appoggia allo schienale della panchina allargando le braccia.
Lo guardo in modo strano. Mi ha stupito davvero tanto quello che ha detto, ma molto probabilmente è per colpa dell'alcol. Non sto capendo più nulla.

-Situazioni del genere non dovrebbero esserci. La donna deve essere rispettata, se dice no è no. Non è un oggetto sessuale. Peccato che ci sia ancora gente che non capisce queste cose.

Sono sempre più sconvolta. Un ragazzo che fa un discorso simile? Quando mai?
E poi il suo viso, devo averlo già visto ne sono certa.

-Bisognerebbe educare le persone, è l'unico modo per una convivenza civile.

-Hai ragione, piccolina. Come ti chiami?

-Va bene che non hai cattive intenzioni, ma il mio nome non te lo dico.

-Come vuoi, piccolina. Penso che tu non voglia dirmi nemmeno la tua età.

Scuoto la testa per dare risposta negativa.
Lui si china e raccoglie il mio bicchiere da terra.

-Andiamo a prendere da bere, ti ho fatto rovesciare il drink.

Si alza dalla panchina porgendomi la mano.

-Ma non ero troppo piccola per bere?

-Non ho mica detto che tu devi bere alcolici. Solo bibite per te, piccolina.

-Smettila di chiamarmi piccolina. Comunque non vengo, non ho sete.

Tiro uno schiaffetto alla sua mano e lui la abbassa. Scoppia a ridere e si risiede.
Ha uno sguardo troppo familiare.

-Non dovevi andare a prendere da bere?

-Lo facevo per te più che altro,ma dato che non vuoi me ne sto qui.

Non gli rispondo e mi metto a guardare di fronte a me.
Lui continua a ridere come se non ci fosse un domani.

-Si può sapere perché continui a ridere?

-Sei ad una festa di pallavolisti e non mi conosci.

Cosa intende dire? Io lo ho già visto, ma dove?

-Dovrei conoscerti? Scusa, ma non seguo la pallavolo... però ti ho già visto..

-Pensa piccolina, pensa.

Devo pensare...

-Verona!

-Brava piccola!

Ora ho capito, è quello del bar.

-Sei il tizio che rimorchia in bagno.

La sua espressione cambia di colpo. Non penso gli abbia fatto piacere questa osservazione...

-Pensavo fosse riferito ad altro quel "Verona"... sei quella del bagno? Non pensavo ti avrei mai rivista.

"quella del bagno". Bene, ma non benissimo. Mi sta già antipatico.

-Mi dispiace ti disturbi così tanto rivedermi.

-Non ho detto questo.

-Sì invece.

La sua espressione è cupa, non riesco a capire perché.

-Ehy, scusa. Non volevo offenderti, insomma il bagno non è il posto più adatto per rimorchiare, ma giuro che non lo dirò a nessuno.

Si volta e mi guarda negli occhi stupito.

-No, tranquilla. Eh che mi fa strano non essere riconosciuto.

Che faccia tosta! Chi si crede di essere??

-Ma chi saresti? Che bel caratterino egocentrico. No, non ti conosco e penso che non ti conosca nessuno qui.
Gli sbotto in faccia perché ha sottolineato la cosa due volte. Stai calmo carino.
Lui si gira e cerca di rispondermi, ma mi vibra la borsa. Mi giro, la prendo e la apro.

-Alessia, cara. Dove sei?  È mezzanotte e quarantasei.

O mio dio mi ero completamente dimenticata di guardare l'ora.

-Cazzo! Scusa, arrivo subito.

Chiudo la chiamata e mi alzo in piedi. Comincio a camminare quando una mano afferra la mia. Un brivido mi percorre il corpo e mi giro.
Ancora lui, cosa vuole?

-Dove stai andando?

-Da mio fratello, a casa.

Che rompi scatole.

-Ti accompagno. Sei sola, non voglio ti succeda nulla.

-Ok va bene.

Mi lacia la mano e io mi avvio verso l'uscita. Cammino velocemente per seminarlo, ma lui è più veloce di me.
È davvero uno scorbutico stronzo.
Cammino senza guardarlo, davvero non riesce a starmi simpatico.
Oltrepasso il cancello ed esco nel parcheggio. Raggiungo la macchina di mio fratello e lui esce dall'auto.

-Mitico! Non ti avevo ancora visto questa sera.

Un po' sconvolta cerco di capire a chi si sta rivolgendo mio fratello.

-Ehy Marco! Come va?

Mio fratello si avvicina al mio accomoagnatore e lo abraccia.
Lui? Mio fratello conosce questo? Ma allora è davvero famoso?
Penso lui si sia accorto del mio stupore e comincia a ridere.
Io mi dirigo verso la porta della macchina e la apro.
Rimango a fissare quei due che parlano. Dopo un po' si salutano e mio fratello risale in macchina.

-Come mai Lanza era con te?

Mi giro scioccata verso mio fratello.

-Chi era?

-Filippo Lanza.

Quel famoso Filippo... aveva ragione, è famoso, avrei dovuto conoscerlo...
Che vergogna.

Cosa ce ne facciamo dei numeri?  || Filippo Lanza||Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang