La villa sul Mulholland Drive

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La mattina seguente, verso le sette, lasciammo la stanza d'albergo ad Hollywood e, saliti sull'ennesimo taxi, ci dirigemmo verso l'indirizzo scritto sul retro della fotografia che Carlo Salviati ci aveva mostrato.

Eravamo riusciti a riposare, nonostante fossero stati giorni pieni. Percorrevano il Mulholland Drive, osservando dal finestrino il panorama che avevamo di fronte agli occhi. Curve che rapide che si susseguivano snodandosi di continuo, affiancando grandi ed eleganti ville appartenenti per lo più a persone che lavoravano nell'ambiente del cinema, il vero cuore pulsante e motore di Los Angeles.

<<Credete che troveremo qualcosa?>> domandai, pensando ad Evelin e a sua sorella.
Ryan non rispose subito.
I suoi occhi, come i miei, erano fermi contro il finestrino.

<<Non sarà semplice>> disse.

Volsi lo sguardo su Marianne, intenta a tirar fuori il cellulare che stava squillando dalla borsetta.

Qualcuno dal tribunale la stava cercando, e per la prima volta dopo giorni pensai a David Hattinson e al giornale. Era probabile che in redazione mi avessero dato per disperso.

Con un tempismo incredibile, anche il mio telefono squillò. Ed era proprio David.

<<Ciao, David.>>
<<Ciao? È tutto ciò che hai da dirmi, dannazione? Ethan, lo sai che cosa sta succedendo a Virginia, mentre tu sei latitante? Lo sai che stanno continuando a scomparire delle persone? Delle ragazze?>>
<<David, lo so. Sto lavorando proprio su questo. Avrai il tuo scoop. Sarà un grande articolo. Sarà...>>
<<Ethan, stai continuando a parlare al futuro. Tra pochissimo sarò costretto a cercare qualcun altro per questo lavoro. Non ho tue notizie da giorni, maledizione. Si può sapere dove diavolo sei?>>


David aveva ragione. Ma che cosa avrei potuto dirgli? Ero abbastanza bravo nel mio lavoro, per fortuna, da non dovermi preoccupare troppo di ciò che dicevano gli editori dei giornali. In qualsiasi altro contesto sarebbe stato un problema, mentre io ero certo che, in qualunque caso, avrei sempre trovato un'occupazione simile da qualche altra parte. In poche parole, mi sentivo libero di poter fare ciò che volevo. E in quel momento, ciò che volevo era scoprire la verità su Evelin.
<<David, avrai un grande articolo. Ma devi lasciarmi tutto il tempo necessario. Sto per chiudere, perché il segnale non è buono da queste parti.>>
<<Si può sapere dove diavolo...?>>
<<In California. Abbiamo qualcosa che potrebbe essere importante, ma adesso non ne posso ancora parlare. Ti aggiorno appena possibile, d'accordo?>>
<<Cerca di fare in fretta. È scomparsa un'altra ragazza. Da ieri non si hanno sue notizie. Questa storia sta diventando sempre più scottante. Non...>>

Il suono del telefono di Ryan mi allontanò da quella conversazione. Mi voltai a guardare l'ex detective e capii subito dall'espressione che aveva assunto che doveva essere successo ancora. I miei dubbi trovarono conferma non appena lui chiuse con Miller. Nel frattempo mi ero liberato di Hattinson, ma sapevo già che ciò che avrei scoperto non sarebbe stato piacevole. Un'altra ragazza era scomparsa dal giorno precedente. Una certa Melanie Grayson.
<<Maledizione>> sussurrò Ryan.
Lo guardai, e la vidi. La luce triste che aveva occupato i suoi occhi per tanto tempo. Adesso era più intensa, più difficile da contemplare. Faceva male, in un certo senso.
Gli appoggiai una mano su di una spalla, mentre sentii Marianne sospirare profondamente accanto a me.
<<Ce la faremo, Ryan. Verremo a capo di tutto. Lo sento. Lo troveremo. Troveremo quel bastardo.>>
Lui non rispose, e il taxi si fermò sul ciglio della strada. Ci trovavamo di fronte a un enorme cancello in metallo, che chiudeva l'accesso ad una villa che doveva essere gigantesca.

<<Eccoci a destinazione, signori.>>


Ringraziammo il tassista e gli chiedemmo di aspettare che tornassimo. Gli dicemmo che ci sarebbe voluto un po', e di lasciar correre il tassametro. Lui si accese una sigaretta ed allargò le braccia.

<<Niente di meglio di una bella pausa in collina per sgranchirsi le gambe>> disse, parlando sotto due grossi baffi neri che lo facevano sembrare uscito da una serie tv degli anni settanta.

Rimanemmo per alcuni istanti immobili, di fronte al cancello.

Sul citofono non c'era nulla che riportasse a Evelin oppurre a Ray e Christopher.

C'era soltanto un cognome.

Sully.

Non potevamo sapere se fosse collegato o no a ciò che stavamo cercando, perché dopotutto erano trascorsi trent'anni.
Era possibile che in quella villa si fosse trasferita un'altra famiglia. Non era soltanto possibile, a dire il vero. Era fottutamente probabile.
Ci trovavamo di fronte ad una scatola chiusa.
Ma non avevamo alternative.

Ryan premette il pulsante sul citofono, e rimanemmo in attesa.

Silenzio.

Poi, dopo un minuto, e dopo che avevamo quasi perso le speranze di trovare qualcuno, una voce rispose.

<<Chi è?>>

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora