16. ADESSO SIAMO PARI - 1

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Un'abitudine, se non contrastata,
presto diventa una necessità.
Sant'Agostino d'Ippona

Edmund aveva avuto la possibilità di diventare amico di Diana come desiderava da mesi, e, invece, l'aveva gettata al vento in modo stupido, facendosi detestare da lei ancora più di prima: si era giocato la sua carta nella manica, ed aveva perso la partita.

Il suo comportamento nei confronti di Diana era stato di superiorità, di insensibilità e di menefreghismo.
Insomma, si era comportato proprio come il "ragazzo-popolarità del liceo", o come un "ragazzo del gregge di pecore bianche".

Solo un ragazzo del gregge avrebbe risposto "Me l'ero scordato" alle scuse di Diana.
La straordinaria schiettezza di quest'ultima lo aveva colpito ancora una volta con conseguenze imprevedibili: non riusciva a concepire come nel mondo potesse esistere una persona come lei, che per onestà non aveva neppure mentito al prof per evitarsi una figuraccia e un brutto voto.

Edmund aveva ripensato così spesso al loro primo incontro in autobus che, lì per lì, si era fatto dominare dal timore che Diana scoprisse di essere stata un suo pensiero fisso. Aveva avuto paura che lei potesse leggere nei suoi occhi, specchio dell'anima, ciò che le sue parole si rifiutavano di dire: ovvero che quel ricordo lo assillava da mesi. E così, come sempre, aveva reagito proprio come gli altri si aspettavano da lui: le aveva detto che se l'era dimenticato.

E poi, si era vergognato di sé stesso per non essere stato il primo a chiederle scusa. Dopotutto, l'offesa più grave l'aveva fatta lui, non lei. Cos'era un "maleducato" dato in privato ad un perfetto sconosciuto, rispetto ad un "che orribili capelli" dato per ripicca nel bel mezzo di un corridoio della scuola? Assolutamente niente.

E poi, una cosa non gli era proprio andata giù: Diana aveva espressamente, ufficialmente, palesemente rifiutato il suo aiuto in matematica. E Edmund si era sentito espressamente, ufficialmente, palesemente rifiutato.

Amareggiato e preoccupato che il proprio stato d'animo si tradisse attraverso i gesti e le parole, aveva ignorato Diana e aveva concentrato invano la sua attenzione su Chiara.
Ed ora temeva quel pomeriggio che era costretto a passare a tu per tu con lei, a spiegarle matematica. Sperò con tutto sé stesso che quell'attività li avrebbe tolti entrambi dall'imbarazzo, dato che Diana si sarebbe interamente concentrata sui suoi insegnamenti e non su di lui.

Quanto a lui, spiegare matematica non gli teneva abbastanza occupato il cervello per fare altrettanto e ciò significava che era quanto mai esposto al pericolo di addentrarsi sempre più in quel casino.

Ma Diana non era l'unico problema.
L'altro e altrettanto grave era Tommaso. E questo fu il suo primo pensiero, quando, uscito da scuola, andando verso l'auto di suo padre che lo aspettava all'angolo, Edmund vide una figura in ombra staccarsi dal cancello laterale del cortile e venirgli incontro. Non ebbe alcun dubbio che fosse Tommaso.

Era proprio lì che, da piccoli, aspettavano il padre di Edmund quando uscivano dagli allenamenti serali di judo tutti i martedì sera. Infreddoliti, con i muscoli stanchi, esaltati dai discorsi di incitamento del maestro, si divertivano a verificare chi dei due fosse il più forte. La maggior parte delle volte, finiva in pareggio.

Quando Edmund lo vide lì, con le mani in tasca, capì subito che stava aspettando lui. Era evidente che aveva scelto il luogo apposta per non farsi vedere dai loro compagni di scuola, che uscivano dall'entrata principale.

La cosa non gli piacque per niente. Intuiva senza problemi che Tommaso era risentito, arrabbiato e che aveva capito fin troppo.

Nonostante fossero passati tanti anni da quando trascorrevano tutti i loro giorni insieme e si consideravano come due fratelli, Tommaso rimaneva l'unica persona in tutta la scuola a cui Edmund non poteva nascondere niente.

Certo, valeva lo stesso anche per lui, ma in quella circostanza, avrebbe di gran lunga preferito rinunciare alla propria conoscenza privilegiata dell'amico di infanzia, purché Tommaso non avesse la capacità di leggergli in faccia tutto ciò che pensava.

Tommaso si fermò a qualche passo di distanza da lui, e lo fissò in silenzio.

Edmund avrebbe voluto fingere di non vederlo e passare oltre, ma sapeva che avrebbe solamente reso più difficile una futura riconciliazione o un qualsiasi tipo di chiarimento.

Sentì che le cose si stavano mettendo male: che, ancora una volta, il meccanismo "attacca per difenderti" stava impadronendosi di lui, come sempre accadeva quando Edmund si sentiva la coscienza sporca, o voleva nascondere i suoi veri sentimenti a qualcuno. Soprattutto quando colui con cui parlava era maldisposto nei suoi confronti, come in quel momento.

Così gli andò incontro e, senza assolutamente darsi la pena di fingere di essere contento di vederlo lì, disse: «Ehi, Tommy».

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