36. QUESTIONE DI PUNTI DI VISTA - 2

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«Prof» incominciò Edmund, mettendosi comodo sulla sedia e assumendo un'espressione seria: «Lei davvero crede che io mi sia sempre finto un disastro in Italiano, quando in realtà non lo sono affatto? No, perché, se è così, allora potrebbe alzarmi la media e togliermi qualche nota dal registro, no...? Altrimenti, lo sa, rischio la bocciatura. E lei non vorrà che uno studente eccellente come me finisca le superiori in un corso serale, non è vero?».

La preside si seccò di quell'aria boriosa. Socchiudendo gli occhi, minacciò: «Non sarai così allegro, quando saprai che cosa ho intenzione di fare del tuo tema».
Edmund sentì un vago senso di panico, ma cercò di mostrarsi tranquillo: «Che cosa vuol farne?».

«Te lo dirò. Prima, però, devo farti qualche domanda: dovrai avere un po' di pazienza e lasciare che io ti legga una parte del tuo tema ad alta voce. Così, solo per rinfrescarti la memoria. Ecco:

La gente ama parlare male della nuova generazione, ovvero la mia.
Per definizione, il tipico ragazzo del XXI secolo è maleducato, egoista, crede che tutto gli sia dovuto, sostiene di non aver bisogno del giudizio di nessuno, si comporta come gli pare e piace, si sente legittimato a trattare con incurante disprezzo tutto ciò che gli viene dato, coloro che incontra per la strada e la propria stessa persona.
Per di più, è ufficialmente convinto che non sia un proprio dovere riparare agli errori che una fallibile, disprezzabile, immorale razza umana ha seminato in millenni di globale egoismo e universale menefreghismo. E, infine, porta scritto in faccia: "Care vecchie generazioni passate, se questo è ciò che mi avete lasciato, allora io non sprecherò me stesso per lasciare un futuro migliore alle prossime generazioni".
Opinione comune è che il "gregge" sia una massa compatta di gente che non sa pensare di testa sua, che fa quello che fanno gli altri, dice quello che dicono gli altri, non ha opinione propria, non prende decisioni, non si muove da sola, e, così facendo, rovina il mondo. Come un'enorme palla di spazzatura che rotola per le strade ed infesta tutto ciò che sfiora con la sua anima puzzolente.
E, invece, io sono più che soddisfatto di essere entrato a farne parte.

La prof terminò di leggere i primi paragrafi del tema, alzò lo sguardo su di lui e disse: «Ecco. La mia prima domanda è questa: pensi davvero tutto quello che hai scritto qui, o l'hai scritto solo perché ti piace esagerare?».

Edmund si sentiva come se l'avessero appena spinto a testa in giù in un cespuglio di rovi e la forza di gravità lo trascinasse sempre più in basso, inesorabilmente.
Perché gli era venuto in testa di mettere su carta le proprie riflessioni? Avrebbe dovuto tenersele per sé, nasconderle a rischio della vita, negare fino alla fine dei tempi qualsiasi lontana paternità.
Ma, ormai, non poteva più negare: c'era il suo nome su quei fogli giallicci e quella era la sua calligrafia. Ancora peggio: quella era la prova dell'esistenza di un altro Edmund, un Edmund che viveva in segreto dietro le false e vuote apparenze del ragazzo-popolarità della scuola. Era una prova innegabile dell'esistenza di quella che Edmund chiamava la sua "Maschera" e, cosa ancora peggiore, quella prova era in mano alla sua più odiata professoressa.
E l'odio era reciproco...

Dopo un momento, con un sorriso ironico che sospettava essergli riuscito piuttosto male, Edmund sbuffò: «E chi se lo ricorda, perché l'ho scritto... Probabilmente ero ancora in una fase REM...».

«Quindi, lo pensavi davvero. Bene» concluse la prof.

Edmund la fulminò con lo sguardo.
Lei continuò imperterrita a leggere:

Io, almeno, non arriverò alla fine dei miei giorni continuando ad ingoiare tutte le umiliazioni che ho accumulato nella mia vita. Non dovrò giustificare a me stesso la mia nullità, cercando di auto-convincermi che sono "grande di una grandezza latente"!

Nel mio ruolo di popolarità della scuola, io sono finalmente indipendente dai giudizi altrui.
E sono al riparo da ogni genere di discriminazione e di derisione, due cose che infestano ogni angolo buio del liceo.

Lo so, ho una natura orgogliosa. Forse è per questo, che ho indossato la Maschera: non sopportavo più di venire frainteso. Volevo che i miei coetanei mi comprendessero, mi stimassero, riconoscessero i miei pregi, ammirassero le mie capacità.

E chi non lo vorrebbe?

Edmund cercò di interrompere quella tragica lettura: «Prof, la prego, la smetta di leggere questa roba. Non interessa a nessuno!».

«Oh, no, invece. Sono solo all'inizio: ora arriva il bello!».
L'aveva sempre detestata quella donna. Fortuna che non l'aveva più come insegnante, ora che aveva cambiato sezione.

Non mi pento affatto di aver a poco a poco appianato la diversità tra la mia personalità e quella dei miei coetanei. Né di essermi adeguato alla massa, sintonizzando i miei gusti e i miei interessi con quelli del gregge.
Sono contento di aver scelto la strada del conformismo.

Ci sono riuscito bene. Sono arrivato dove altri che hanno fatto lo stesso non sono riusciti ad arrivare: ho scalato la gerarchia del liceo e ho raggiunto il primo gradino, quello di massima popolarità della scuola.
Fingere di essere una popolarità mi procura enormi vantaggi. Primo fra tutti, il poter dire e fare quello che voglio sapendo che il saggio principio dell'ipse dixit farà sì che nessuno possa giudicarmi, poiché tale principio stabilisce che, in qualità di massima autorità della scuola, io posso dettar moda e legge.

Tuttavia, molti sono anche gli svantaggi, nel fingere di essere qualcuno che non si è: ad esempio, sono costantemente circondato da persone che hanno gusti ed interessi opposti ai miei, sono obbligato ad ingoiare la mia opinione una volta su tre, ad affermare quasi sempre l'opposto del mio pensiero. Non ho un amico che possa vantarsi di conoscermi davvero, do ovunque un'immagine di me del tutto falsa, anche quando non lo vorrei affatto.

Nell'indossare questa maschera, ho messo in gioco molto più di quello che possa sembrare dal di fuori. Ho messo in gioco il mio rendimento scolastico, il mio rapporto con mio padre, l'amicizia con mio fratello... Ora tutto questo è a rischio, lo so. Ma non riesco a pentirmene, perché, per fare parte di questo mondo, bisogna fare qualche piccolo sacrificio. Forse, se mio fratello non mi avesse deluso come ha fatto, ora sarei ancora il vecchio Edmund Lloyd: il ragazzo che faceva sedere le vecchiette sull'autobus e che fingeva di non soffrire della derisione dei suoi compagni di scuola. In fondo, tutti cercano di farsi accettare dagli altri, perché non dovrei farlo anch'io? E se questo è il prezzo... ebbene, io ho avuto il coraggio di pagarlo.

Qui la prof si interruppe, poi lo fissò sorridente ed allegra. Edmund non si ricordava di averla mai vista sorridere a quel modo...

«Sono senza parole! Certo, c'è molto da lavorare: troppi aggettivi, poco scorrevole... Ma il contenuto! Una grande arroganza, è vero... ma anche un'insicurezza di fondo che nasconde un carattere sensibile e più riflessivo di quanto si possa credere».

«Preferirei una sospensione, a questa nuova specie di tortura!» mormorò Edmund fra sé.

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