Capitolo 11

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Oggi mi sono svegliata un'ora prima del solito e ho dormito malissimo. Durante il sonno i pensieri che affollano la mia mente da sveglia hanno iniziato ad agitarsi, senza farmi dormire. Sono andata in cucina e ho preparato un caffè, oggi ne avrò particolarmente bisogno. Mi sono vestita in fretta e sono corsa sul balcone. È il mio rifugio, dove posso nascondermi dopo una sconfitta o festeggiare con me stessa dopo una vittoria.

Mi fermo a guardare l'alba.

Sembra un quadro dove i colori danzano in un'armonia perfetta insieme. E l'artista deve essere davvero bravo per riuscire a dipingere con mano leggera così tante diverse sfumature di colore. Dall'unione di questi tratti nascono i colori più svariati che vanno dall'arancione al giallo, al blu e viola. E tutto è amalgamato perfettamente. Le striature più chiare sembrano specchiare i solchi del piccolo campo arato che si vede in lontananza. L'odore di erba bagnata mi ricorda l'estate, quando tutto sembrava più bello e mi sentivo libera e invincibile. Sugli steli d'erba ci sono gocce di rugiada che rispecchiano il panorama, stravolgendolo, mostrandolo dal loro punto di vista. E ognuno è diverso. È un meraviglioso paesaggio che ne contiene innumerevoli altri, e nessuno è uguale ad un altro. Questa vista è così serena che non mi accorgo dello scorrere del tempo. Così dopo questi minuti di tranquillità entro di nuovo nella frenesia di ogni mattina. Corro da fare invidia a Bolt quando mi rendo conto di essere in ritardo. E questo accade praticamente ogni mattina. È la mia scusa quando mi chiedono perché non faccio attività fisica. Eccome se la faccio, almeno mezzora al giorno alla mattina, e non è poco!

Esco di casa e non arrivo neanche troppo in ritardo all'appuntamento con Greta. Facciamo la strada insieme tutte le mattine e la cosa più bella è mettersi davanti al portone dell'ingresso di scuola e osservare tutti i ragazzi che entrano ed escono. Ora mi sento un po' meno in imbarazzo ma il primo giorno è stato terribile.

La mia attenzione viene però catturata da qualcos'altro.

Il ragazzo "misterioso" si sta dirigendo verso di me e ora mi guarda fisso negli occhi. Per un attimo mi sento spaesata, impreparata. Dopo due passi (che a me ovviamente sembrano durare dieci minuti) l'indecisione pervade il suo viso e si gira, si sistema lo zaino e se ne va. Tutto ciò mi confonde. Perché? Voglio dire, non poteva venire a parlarmi? Ma forse il mio turbamento non derivava da questa, ma da un'altra domanda. Perché volevo che mi venisse a parlare? Era un ragazzo come molti altri, in fondo. O forse no? No, forse non era come tutti gli altri. Il suo viso, la sua espressione, ecco cosa c'era di diverso. I suoi lineamenti indicavano una vita vissuta davvero fino in fondo, a differenza mia. Forse è per quello che mi attrae, mi incuriosisce. Questo turbine di pensieri vengono però subito interrotti dalla voce un po' stridula di Greta

«Ohoo! Ali? Ci sei? La smetti di fissarlo? Ma come devo fare io con te?!»

«Non lo so Greta, guarda che non ho fatto nulla di male! Mi... non lo so, non lo so. È strano quel ragazzo!»

Mi sto agitando, sento che le mie guance si stanno riscaldando, forse mi sento oppressa. No, non lo so. Non lo so neanche io.

Greta mi guarda, diventa leggermente pallida e mi dice

«Alice? Stai bene? Cos'hai? È successo qualcosa? In questi ultimi giorni è successo qualcosa? Vuoi parlarne?»

Ecco. Non lo so neanche io, questo è il problema. Per non risponderle, borbotto un

«Mhhhh.... Boh, no.»

Dopo due minuti di imbarazzo totale incontriamo Sofia che ci salva da quella situazione. Subito inizia a parlare a macchinetta di un ragazzo che non ho nemmeno capito chi sia ma nè io nè Greta la stiamo ascoltando. Dopo cinque minuti così finalmente decidiamo di entrare a scuola per affrontare cinque noiosissime ore. La classe è quasi piena e i posti in fondo all'aula sono stati già occupati da ragazzi più furbi di noi che invece di stare lì fuori a non fare niente sono entrati in classe, così ci sediamo in seconda fila. Dopo tre ore di matematica mi accorgo che quel ragazzo di sta mattina non c'è.

Durante l'intervallo Sofia vuole fare un giro per la scuola e la accompagniamo.

Con Greta iniziano i soliti commenti su tutto e tutti. Scandali, scoop e pettegolezzi vari sui ragazzi del liceo. Quello vive sotto i ponti, quell'altro ha entrambi i genitori in prigione per spaccio e così via... così da un semplice pettegolezzo di qualcuno nascono delle vere e proprie leggende che la maggior parte delle volte sono inventate di sana pianta.

Ma dopo poco arriva il momento più terribile. La campanella. In quel preciso istante ti ricordi che in quell'intervallo dovevi fare trecentocinquantamila cose come pedinare qualche ragazzo carino a caso, mangiare perché stai per svenire dalla fame, andare da quella prof che è sparita senza dirti il voto, andare in bagno e così via.

Finalmente dopo due ore in cui ho dormito (ma shh non ditelo a nessuno) suona un'altra campanella, ma questa volta non è quella tano temuta della fine dell'intervallo, ma della fine delle lezioni. Felicità.

Tornata a casa non faccio niente di particolarmente interessante. Faccio i compiti, mi addormento sul libro di storia e mangio. Poi vado a letto.

La vera storia di Alice F.Where stories live. Discover now