Capitolo 28

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«Ehi Alex! Noi siamo già qui, te dove sei?»

Mi risponde subito

«Sto arrivando, dieci minuti e sono lì»

Perfetto.

Vedo che Greta sporge la testa cercando di sembrare il più naturale possibile per vedere cosa stavo scrivendo, credo che abbia visto che era Alex e ormai non c'è più scampo.

«Era Alex, ha detto che arriva tra dieci minuti.»

«Ahh okok, sei contenta?» mi chiede

«Che diavolo di domanda è! Boh, non lo so, si direi di si, cioè nella media diciamo.»

«Secondo me invece sei molto contenta perché arriva Alex»

È incredibile, non le sfugge niente. Ma proprio niente, neanche le minime cose. Nota tutto.

Sono davvero così contenta? Si, probabilmente si, lo sono. E perché poi? Basta Alice, smettila con le domande stupide e concentrati per essere il più naturale possibile perché tra poco arriva. Detto, fatto. Vedo una piccola figura da lontano che si avvicina sempre di più, eccolo. Credo che ci abbia già notate perché viene verso di noi con passo sicuro. È vestito come al solito, quasi tutto di nero.

«Ciao! Come va?» ci chiede sedendosi vicino a noi

«Ben dai e te? Cosa hai fatto di bello oggi pomeriggio?»

La conversazione va avanti e, dopo le classiche domande banali e noiose, iniziamo a parlare un po' del più e del meno, niente di particolarmente interessante. Ma tutto quello che esce dalla sua bocca, anche la cosa più stupida sembra esserlo. Mi affascina ma ancora non riesco a capirlo, non so, c'è qualcosa di strano, di diverso. Quando sono con lui non mi accorgo dello scorrere del tempo. Ad un certo punto inizio ad indagare sulla sua vita, su dove viveva prima e cosa gli era successo.

«Sai, è così difficile per me parlarne» mi confida

«Ma non sei obbligato, dimmelo solo se ti va»

«No no, ora ti racconto, mi farebbe molto bene parlarne. Io non sono nato qui, ma in un paesino in campagna. Dopo soli pochi mesi di vita i miei genitori sono morti in un incidente.»

Man mano che va avanti vedo i suoi occhi velarsi sempre di più dalle lacrime. Mi dispiace così tanto. Vorrei abbracciarlo, vorrei poter fare qualcosa ma rimango lì impalata, incantata dal suo racconto. Vorrei non avergli mai chiesto niente di tutto ciò.

«Allora i miei parenti» continua «troppo indaffarati per tenermi, mi hanno lasciato in un orfanotrofio dove sono stato costretto a vivere fino a qualche mese fa.» Ora c'è una lacrima che solca il suo viso, nel suo percorso irregolare si riflettono delle piccole luci, le stelle.

«Sai che io ho saltato vari anni di scuola e ora ho diciotto anni. Fino a quando non sei maggiorenne sei costretto a restare nell'orfanotrofio, dove per altro non è che ci tengano così tanto a te. È il loro lavoro, fanno il necessario.»

Ora sta singhiozzando e mentre camminiamo la sua figura viene scossa più volte e le lacrime scorrono adesso senza sosta. Sembra distrutto. Non so, mi sembra invecchiato. La sua faccia è segnata dal dolore. A un certo punto troviamo uno spiazzo nell'erba e ci sediamo, lontani dalla musica e dalla caotica festa. Ci sediamo un accanto all'altro e parliamo di tutto di più ma adesso, mentre chiacchieriamo, è così difficile pensare a quello che diciamo. Davanti abbiamo un po' di alberi non fitti e attraverso i rami si possono vedere la luna e le stelle. Poi succede. Lui si avvicina, sempre di più e mi bacia.

In questo momento è tutto così maledettamente perfetto che inizio quasi ad odiarlo, sapendo quanto mi mancherà tra solo dieci minuti.

È successo tutto così, non me ne rendo conto ma sono felicissima. Il profilo della sua mascella in controluce si staglia sul cielo stellato.

E io non posso fare a meno di fissarlo.

Così spero di imprimerlo bene nella mente, come se fosse da poter riguardare quando voglio.

Avevo fatto male? Ma chi può stabilire ciò che è bene e ciò che è male?

Mi sento confusa.

Alice, sei impazzita? Cosa stai dicendo? Basta, ormai la mia mente viaggia da sola e i pensieri sono diventati incontrollabili. Una volta da piccola andai in uno zoo e rimasi impressionata dai colibrì. Ecco, ora i miei pensieri erano come dei colibrì, liberi ed imprendibili.

Sento il telefono squillare. È il mio. Odio a prescindere la persona che mi sta chiamando per aver rovinato questo momento. Greta. Le rispondo.

«Ehi, ma dove sei finita? Non ti troviamo più...»

«Sono a fare una passeggiata con Alex. Dobbiamo andare?»

«Eh si, dovremmo iniziare a muoverci.»

«Ok, allora vi raggiungo.»

Ci alziamo e Alex mi accompagna all'entrata della villa.

Così velocemente come era successo stava finendo. Piano piano, come un ricordo che negli anni si sbiadisce sempre di più, ora ci stavamo allontanando dal quell'attimo così bello.

Ci salutiamo con un bacio di sfuggita quando vediamo in lontananza Greta e Sofia.

Subito Greta mi salta addosso

«Allora? Cos'è successo?»

E sono costretta a raccontarle tutto per filo e per segno.

La vera storia di Alice F.Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum