Capitolo 8

87 44 9
                                    

Sbatto le palpebre un paio di volte prima di mettere a fuoco l'ambiente che mi circonda. Mi trovo in una stanza, fatta interamente di cemento e ciò spiega i brividi di freddo che corrono lungo il mio corpo. Non ci sono finestre e nessun arredamento, sono sdraiata su un materasso sottile pieno di macchie di sangue, accanto a me un bicchiere di alluminio colmo d'acqua. Improvvisamente sento sete, così bevo l'acqua tutta d'un fiato e ne necessito altra, ma non c'è. La porta apparentemente di ferro è chiusa e non sento alcun rumore provenire da dietro di essa. Dove sono? Perché sono qui? Non trovo voce per gridare e non ho le forze di alzarmi. Così richiudo gli occhi e lascio che la stanchezza mi addormenti di nuovo. 

«Levàntate! » urla qualcuno battendo il piede contro il materasso. Apro gli occhi trovandomi davanti un uomo molto alto e con la barba nera, impugna un ARX160 che a guardarlo mette paura. «Muévete!» continua a gridare facendomi venire il mal di testa. Mi trovo nella stessa stanza di prima, con la differenza che adesso è piena di uomini che mi fissano completamente seri. Mi alzo dal materasso sentendo un leggero capogiro, lo stomaco brontola e ho una sete tremenda. Sfortunatamente non vedo il bicchiere di prima essere stato riempito. 

  «Carlos está afuera y quiere verte.»  dice un altro uomo e capisco veramente poco, ma riconosco il nome di Carlos, quindi suppongo voglia portarmi da lui. Mi lascio trascinare da loro fuori, vedo un lungo corridoio con le luci spente, e una volta attraversato quello, delle scale di ferro si innalzano davanti a noi. Mi arrampico come fanno gli altri e una porta sul soffitto si apre rivelando tanta luce e un profumo di cibo. Sembra di guardare il paradiso. Esco da quella specie di buco nero trovandomi davanti una stanza enorme, ben arredata, con mobili nuovi e lucenti mentre delle ampie finestre senza tende riflettono il panorama di una città che non conosco. L'ambiente sembra spruzzare migliaia di dollari da ogni angolo. L'uomo con la barba che mi ha svegliata di sotto, mi fa accomodare su uno dei divani in pelle, in attesa di qualcuno. Quel qualcuno è Carlos, lo riconosco subito grazie alla foto che Scott mi fece vedere tempo fa. E' giovane, alto e molto magro. Porta gli occhiali da sole, una catena d'oro al collo e tanti anelli sulle dita. Il corpo snello è fasciato da un completo color panna con tanto di una cravatta oro. Sembra uscito da qualche film d'azione dove lui è il Boss e tutto il mondo gli lecca solamente i piedi. Il sorriso che ha stampato in faccia mi fa capire che è abbastanza divertito dalla situazione. 

  «Quale onore!»  agita i suoi gioielli in aria mentre si siede sulla poltrona davanti a me e accavalla le gambe «Ho sentito che morivi dalla voglia di conoscermi.»

  «Già.»  ingoio la rabbia e decido di stare al suo gioco. Non devo provocarlo, ma neanche lui deve provocare me. 

  «Ho un volo per New York tra dieci minuti, ti bastano per darmi almeno un motivo per cui non dovrei ucciderti?» il suo accento spagnolo si sente moltissimo e gli da un certo tocco di fascino. 

  «Sono sicura che il tuo jet privato può aspettare; e si, dieci minuti mi possono bastare anche perché come hai detto tu, ho solo un motivo abbastanza valido per convincerti a non uccidermi. Anzi, per convincerti a non ordinare ai tuoi uomini di spararmi.»  dico cercando di rimanere calma. Non voglio fargli capire che in realtà me la sto facendo sotto dalla paura.

Carlos ridacchia mentre versa un liquore nel suo bicchiere, poi fa un sorso e leccandosi le labbra mi guarda di nuovo «Ti ascolto allora, Lex.» 

  «Abbiamo un nemico in comune.»  gli dico sentendo la testa girare più forte, ma ignorando il dolore continuo a parlare «Kurt Davis.»

Carlos sgrana gli occhi sorpreso «Tuo padre?» io annuisco e lui con un cenno della mano fa andare via tutti i suoi uomini. Si posiziona meglio sul divano totalmente attento e interessato alla mia proposta. 

  «Non è una fregatura.»  sottolineo «Voglio davvero uccidere mio padre per motivi che sicuramente non hai voglia di ascoltare perché riguardano la mia infanzia e ciò che sono, quindi spero davvero in un tuo aiuto.»

  «I Torres non si alleano con i Davis.»  risponde in tono piatto. 

  «Qua non ci sono i Davis a contrattare, ci sono solo io. Non posso cambiare le mie origini e il mio sangue appartiene ai Davis, ma la mia vita no. La mia vita non appartiene a mio padre, e io voglio davvero eliminarlo. Se mi ucciderai avrai perso un enorme aiuto che ti serve siccome si tratta di una persona che io conosco alla perfezione, se mi lascerai andare ucciderò papà prima di regalarti la soddisfazione di averlo ucciso per conto tuo, e se invece deciderai di tenermi con te, allora ti prometto che non ti tradirò mai e che troveremo Kurt Davis. Ma una volta ucciso lui, voglio la libertà e il rispetto da voi Torres, e che nessuno della tua gente metta piede a Illinois.»  

Dopo il mio discorso aspetto con ansia la reazione di Carlos, che non tarda ad arrivare; scoppia in una sonora risata e per un momento penso che mi stia prendendo in giro. 

  «Io ti adoro, ragazza.»  dice tra le risate. Beve un altro sorso di liquore e torna serio «Accetto la tua proposta.»

Sorrido soddisfatta e gli stringo la mano per terminare l'accordo. Ho un altro giorno da vivere, quindi no...questa non è la mia fine. Questo è l'inizio.


Above the chaosWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu