Capitolo 44

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- 2 giorni al colpo

Per tutta la settimana non ho fatto altro che torturarmi le unghie con i denti, fumare e strappare i fogli del calendario giornaliero con foga. Ho costantemente Dastan nella mente, e rimprovero me stessa per non essermi offerta come ostaggio al posto suo. Se gli dovesse capitare qualcosa, sarà solo colpa mia, e non potrei perdonarmelo mai. Nel corso delle nostre vite, lui ha fatto anche fin troppo per me, e io non sono stata in grado di ripagarlo come avrei voluto. L'ho persino respinto quando ha cercato di rivelarmi i suoi sentimenti. 

Ora, la casa è così vuota senza di lui! E l'ansia mi sta divorando dentro. Non riesco a distrarmi in alcun modo. E di certo il comportamento ostile di Connor non è d'aiuto. E' passata una settimana, eppure continua a evitarmi e a fissarmi con freddezza. La cosa che più mi tormenta, è il fatto che non ho la minima idea del perché si stia atteggiando così. Harry ha cercato di spiegarmi, di mettermi in guardia sulle piccole cose, ma non c'è alcuna logica in tutto ciò. Mostrare la mia sfiducia nei confronti dello zio in modo plateale è stata la mia condanna, una condanna che non ho alcuna intenzione di scontare, perché le mie parole sono state delle semplici supposizioni. Connor si sta comportando da ragazzino immaturo, e probabilmente è proprio questa la sua vera natura. Nascondersi dietro discorsi seri, dietro uno sguardo seducente e una pistola, che tra parentesi non sa usare bene, è stato da idioti. E io sono la prima ad essere un'idiota, perché ci sono cascata. 

«Hai intenzione di consumarlo?» La figura di Harry dietro di me mi fa sussultare, così abbasso il braccio che regge la pistola e mi giro a guardarlo. «Tra l'altro, stai finendo tutte le pallottole», dice rivolgendo lo sguardo verso il manichino a cinquanta metri da noi. Le imbottiture sono consumate e strappate in alcuni punti. 

«Mi sto allenando», rispondo secca e mi metto in posizione, pronta a sparare, ma il riccio tira la pistola dalle mie mani. 

«Stai esagerando», mi ammonisce nascondendo la pistola dietro la schiena. 

«Che diavolo ne vuoi sapere tu?» sbruffo e sistemo i capelli in una coda bassa. Ho la felpa sudata e anche i jeans si appiccicano alle mie gambe. Il cielo è nuvoloso e sembra che a momenti inizierà a nevicare. Tra due giorni arriva ufficialmente dicembre, e mi chiedo come andrà a finire la mia via. 

«Il pranzo è pronto, comunque», il riccio mi porge nuovamente la pistola e, dopo che la afferro, si incammina verso casa. Decido di sparare altri due colpi, centrando perfettamente il manichino, dopodiché seguo i passi del mio fratellastro. 

Una volta in casa, trovo già tutti seduti a tavola. Così mi lavo velocemente le mani nel piccolo bagno, che si trova infondo al corridoio, e poi raggiungo gli altri. Charlize ha preparato gli spaghetti e già solo l'aspetto mi fa venire l'acquolina in bocca. Sono seduta accanto a Connor, e se devo essere sincera, avrei voluto evitare, ma era l'unico posto libero. Siamo vicinissimi, e i nostri gomiti si sfiorano diverse volte mentre cerchiamo di finire il pasto velocemente, entrambi ansiosi di prendere le giuste distanze. Quando Connor fa di tutto pur di guadagnare un paio di centimetri lontano da me, la domanda sorge inevitabile nella mia mente: stiamo ancora insieme? 

 Quando Connor fa di tutto pur di guadagnare un paio di centimetri lontano da me, la domanda sorge inevitabile nella mia mente: stiamo ancora insieme? 

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