Capitolo 18

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Il giorno successivo passo la maggior parte del tempo rinchiusa nel magazzino insieme a Scott e Martin, in cerca di mio padre. E' più difficile di quanto pensassi rintracciarlo e molti dei suoi seguaci che conoscevo, erano morti da tempo. Avevo quattordici anni quando iniziai a lavorare per lui a New York, ci spostammo a Las Vegas subito dopo, e successivamente in Florida. Da lì mi ha spedita a Rockford definitivamente, e non ho più avuto sue notizie. 

  «Il giorno in cui Kurt mi ha chiamato per dirmi che il capo dei messicani si chiama Carlos Torres, era a Granite City. Ho rintracciato la chiamata»  mi informa Scott girando sulla sedia con le rotelle. 

  «E' successo più di tre settimane fa» rispondo grattando la nuca. Cosa ci faceva a Granite City? Stava spiando Mason? Dovrei informare il Signor Styles che lo stupratore della sua ex fidanzata, nonché mia madre, è venuto nella sua città a spiarlo? La storia si sta complicando più del previsto. «Non ci resta altro che aspettare che sia lui a chiamarci, a quel punto gli dirò che voglio vederlo o roba simile.»

  «Non fare troppo la sentimentale, altrimenti se ne accorgerà» consiglia Martin e io annuisco. 

Più tardi arriva Dastan con il pranzo; ha comprato i panini da un fast food e le birre fresche. Ci voleva proprio! 

  «Scoperto niente?» domanda Dastan addentando il suo panino. 

  «Non sappiamo dove si trova momentaneamente, ma sappiamo che circa un mese fa ha curiosato a Granite City. Probabilmente la storia tra mia madre e Mason ancora non gli è andata giù, perciò o cerca di uccidere il Signor Styles, oppure c'è dell'altro che non sappiamo»  rispondo sorseggiando la birra frizzantina. 

  «Ma con il tuo ammiratore che intenzioni hai?» ridacchia Scott, so già a chi si riferisce. 

  «Vuoi dirgli che sei sua sorella?» continua Dastan e io alzo gli occhi al cielo. 

  «Sorellastra» preciso «E per ora vorrei concentrarmi più su mio padre. E a proposito, dobbiamo organizzare qualche partita di poker nel fine settimana, i soldi stanno finendo.»

  «Mi metto subito all'opera» dice Dastan terminando il suo panino. Prende in mano il cellulare e si allontana dal magazzino. 

  «Io torno a casa, per darmi una rinfrescata. Avvisatemi subito se ci sono novità» dico ai due ragazzi seduti intorno ai computer. 

 «Si, certamente. Ho in mente una cosa, quindi ti aggiornerò appena possibile» risponde Scott. Li saluto ed esco dal magazzino, abbassando la serranda. Salgo sul furgone sporco e parto verso il cimitero. Fa leggermente freddo, così accendo l'aria condizionata al minimo e alzo il volume della radio. Le chiavi sbattono contro il cruscotto quando prendo qualche buca mentre una bottiglia d'acqua rotola sul tappetino. 

Parcheggio il furgone fuori dal cimitero, non volendo fare tutto il giro per metterlo vicino casa mia. Una volta passato il cancello, vedo Damon pulire una lapide con un panno. Lo saluto con una mano e lui si alza dall'erba verde. 

  «Ciao bellissima, come stai?» mi stringe in un abbraccio quasi soffocante «Ho pensato che potrei fare la guardia di notte insieme a Matt e Thomas.»

  «Damon, non ce n'è bisogno. Ora sto bene, ed è tutto passato» lo rassicuro. 

  «Comunque hai visite. Gli ho detto che può aspettarti fuori dalla porta.» 

 «Chi è venuto a trovarmi?» corrugo la fronte. 

  «Connor»  cosa ci fa lui qui? Saluto Damon e mi avvio verso casa, oltrepasso alcuni alberi e intravedo il tetto triangolare innalzarsi nel cielo. Sulle scale davanti la porta è seduto un ragazzo biondo, è Connor. Tiene le braccia sulle ginocchia e sembra pensieroso, poi mi vede arrivare dai cespugli, quindi si alza all'improvviso, correndo verso di me. 

Mi getta le braccia al collo «Grazie a Dio sei qui!»

  «Ma che fai?!» lo allontano da me, ma lui continua a sorridermi. 

  «Quando mio zio mi ha detto che gli Styles ti hanno portata via con loro, sono andato fuori di testa. Sarei venuto a cercarti, se solo mio zio non mi avesse rinchiuso in casa. Solamente qualche ora fa mi ha detto che ti hanno lasciata libera. Stai bene?»  

«Si, sto bene» rispondo. 

  «Sei fortunata ad essere viva, solitamente Mason non lascia andare via nessuno, soprattutto se sono stati all'interno della cupola» dice molto informato. Mi prende la mano e se la rigira tra le sue «Sicura di stare bene?»

  «Ti ho detto di sì» ritiro la mia mano e salgo qualche gradino «Ora se non ti dispiace, dovrei cambiarmi.»

  «In realtà mi dispiace, speravo di parlare un po' con te.»  

  «Non abbiamo molto da dirci» gli faccio notare, lui resta deluso. 

  «Voglio recuperare il nostro rapporto»  sale i gradini verso di me. I suoi occhi speranzosi mi guardano intensamente. 

  «Quale rapporto? Stai scherzando spero»  scoppio in una risata finta. 

  «Lex, per favore. Ti ho già detto quanto mi dispiace per quello che è successo. Ti ho pure spiegato com'è andata la storia. Non sono una spia, ti puoi fidare di me.»  

  «Connor, tuo zio mi odia, e non puoi stare qui.» 

  «Voglio solo esserti amico, non m'interessa più lavorare per te» dice. Il vento scompiglia i suoi capelli all'insù e mi fa venire i brividi. L'aria si sta raffreddando. 

 «Devo andare» abbandono la conversazione entrando dentro casa e chiudendo la porta alle mie spalle. Essere amica di Connor non sarebbe male, anche perché si era già integrato nel mio gruppo, ma resta pur sempre un traditore, proprio come indica il tatuaggio sul suo collo. E' colpa sua se sono finita in questo casino, se sono stata rapita, torturata, se ho esaurito tutte le mie forze. Ma è anche vero che ho avuto la possibilità di parlare con Mason e scoprire che mio padre è veramente un verme, grazie a Connor che ha fatto la spia. In un certo senso (contorto) lui mi ha fatta incontrare con Mason, una persona che era molto importante per mia madre. Da un lato sono felice di aver ascoltato quella storia. 

  Spalanco la porta di casa ed esco di nuovo nel freddo «Nel fine settimana Dastan organizza delle partite di poker, se vuoi venire» urlo a Connor, che si gira verso di me con un sorriso stampato in faccia. 

  «Verrò sicuramente!» risponde prendendo la bici dal terreno. Ci monta su e pedala via tra i cespugli. Io sorrido come un ebete e rientro in casa. 

Above the chaosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora