Greta.

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Io e Valeria decidemmo di prenderla con calma. In realtà lo disse lei, dopo avermi baciata ad aver avuto una sottospecie di attacco di panico a causa della sua stessa azione si era calmata e mi aveva sorriso. Quella ragazza era tanto meravigliosa quanto emotiva, e quel bacio che l'aveva fatta letteralmente tremare per almeno cinque minuti consecutivi mentre cercavo di tranquillizzarla e spiegarle che era tutto apposto, a me non era dispiaciuto per nulla. Ma infondo la nostra forte amicizia era l'unica sicurezza che avevo allora, ero tanto pazza da buttarla al vento per una relazione dal finale incerto? Le piacevo, di questo ne ero sicura. Ma che fosse stato solo un attimo di preoccupazione tale per cui i suoi neuroni ed i suoi ormoni avessero iniziato ad urlare e correre strappandosi i capelli, non lo sapevo. Dopo aver avuto la bionda nel mio letto, avevo imparato a non dar troppo peso a quello che accade quando si è sopraffatti dalle emozioni. Una cosa è sicura però:avrei sniffato candeggina altre mille volte per baci come quello. Nel frattempo ero finita in terapia. Vedevo una strizzacervelli di nascosto da tutti pagandola a peso d'oro con i risparmi di una vita. Mi sentivo fragile, avevo bisogno di qualcuno che riuscisse metaforicamente a lanciarmi secchiate d'acqua fredda sul volto. Mi diceva spesso di fare qualcosa di stimolante, e le mie alternative erano:fare sesso o inventarmi qualcosa. Un po' di autocoscienza mi suggerì che effettivamente scappare ogni sera da un letto diverso non era così stimolante, così mi accontentai del sesso fai da te e puntai sulla seconda triste opzione. Mi iscrissi per cui ad un torneo di pallavolo e magari tra una battuta, una schiacciata, ed il didietro perfetto dell'allenatrice riuscivo a non pensare alla mia drammatica vita per un po'.
Un'altra cosa che mi diceva la mia strizzacervelli era di passare tempo con la mia famiglia, nonostante volessi scappare ogni istante, di affrontare il mio disagio, il mio malessere e restare. E così stavo facendo. Mio padre non ragionava più, non camminava più da solo, non vedeva più, per cui non si faceva più molta conversazione in casa. Mia madre lo aiutava a cibarsi con alimenti triturati e fatti in poltiglia, lo lavava e lo metteva a letto, poi si sdraiava accanto a lui per tenerlo sott'occhio, ed io di fianco a lei. Guardavamo la tv assieme fin quando gli occhi non diventavano pesanti, poi tornavo in camera mia e crollavo in lacrime, era sempre quella la routine. Per un periodo avevo dimenticato tutto. Niente piu università, niente più Mercury, niente più amici, più donne, niente di niente. E poi un giorno come tutti gli altri, mentre mia madre ribolliva qualche verdura per cena, me ne stavo seduta accanto a mio padre fissando la sua bellezza rovinata dalla malattia. Gli occhi azzurri che mi aveva tramandato erano spenti, avevano assunto un colorito grigiastro, il viso sempre sorridente era ora perso e confuso, smagrito e sofferente. Gli presi la mano e mi strinsi a lui sussurrando un ti voglio bene, lui strinse la mia e si appoggiò istintivamente su di me. Quando sentii il suo corpo rilassarsi cominciai a piangere forte e non lo lasciai fin quando mia madre non tornò nella stanza poggiando tristemente la cena sul ripiano più vicino ed unendosi a noi. Papà ci aveva lasciate.
Furono giorni orrendi quelli seguenti. Al funerale si presentano tutti, tutti i miei parenti, tutti i miei amici, le compagne di squadra, le donne delle mie sveltine, persino Dominik, Tanya ed Emma che qualcuno aveva certamente avvisato. Ricevetti condoglianze da tutti e vidi gente piangere tutto il giorno. Tutti cercano di esserti di conforto in quei momenti, nessuno sa il dolore che provi davvero. Ci misi parecchio a realizzare che eravamo rimaste solo in due. Per circa un mese non misi piede fuori di casa. Mia madre spesso mi pregava di farlo, perché non sorridevo più. Studiavo molto per distrarmi, ma non davo alcun esame. Palleggiavo contro il muro della veranda di casa, ma non partecipavo più agli allenamenti. Ricevevo chiamate su chiamate, parlavo ore con Valeria la sera prima di andare a dormire, ma non la vedevo mai. Eravamo diventate tremendamente affettuose l'una con l'altra, spesso dicevamo di voler stare assieme, in un posto qualsiasi, solo a stringerci, magari ci sarebbe scappato un bacio, ed una sera dandole la buonanotte un ti amo mi scivolò via dalle labbra senza che nemmeno me ne accorgessi. Non me ne pentii, era surreale ma nonostante i miei dubbi su giusto o sbagliato, sapevo di averlo voluto. Il giorno dopo lei si presentò all'entrata di casa mia, agitando qualche pacchetto di patatine con una mano e sollevando due scatoline di cheesburger ancora caldi con l'altra. Sorrisi, e chissà da quanto non lo facevo.
«Mi sei mancata» mi disse, e me lo ridisse, e me lo ridisse ancora altre mille volte durante la serata. Con la bocca piena, con le mani in faccia, con la faccia tra i miei capelli, immersa sotto le coperte del mio letto...
Ci stringemmo e ci scappò un bacio, due, tre, molti. Sorrisi tanto quella sera. Quando andò via mi sembrò che fosse stata li con me solo cinque minuti, ed invece era stata li ben tre ore. Quello che provavo era complicato. Mi sentivo male nel sentirmi bene, mi deprimeva sapere che avevo riso apertamente, spontaneamente, che ero stata felice per un po'. Che stessi diventando pazza?
Smisi di rispondere anche alle chiamate di Valeria per cui, e continuai a crogiolarmi in quello che avevo identificato come senso di colpa, nei confronti di mio padre. Lui, l'unico uomo della mia vita, colui che mi aveva amata come mai nessuno, se ne era andato via, ed io ridevo felice mangiando cheesburger e baciando una ragazza.
Fissavo dalla finestra mia madre prendersi cura dell'unica piantina posta sulla nostra veranda, quella che aveva comprato e di cui era pazzamente orgoglioso lui. Meglio una sola piantina, amata e curata a dovere, che un giardino di piante appassito. Erano le parole che aveva usato per consolare mia madre quando aveva subito un intervento che le aveva tolto la possibilità di avere altri bambini. Io al tempo avevo solo quattro anni, quella pianta era li da allora.
Quando finì si presentò nella mia camera, nello stesso tempo il mio cellullare sul letto vibrava fortemente il nome di Valeria.
Mia madre ripiegò la testa su un lato come un cucciolo ed il suo volto marcato dagli ultimi anni prese un'espressione serena.
«A papà Valeria piaceva tanto, sai?» disse trasmettendomi la stessa serenità.
«Ah si?»
«Lui aveva un certo istinto per le brave persone. Potevi impazzire e ribollire dentro per Emma, lui la chiamava effimera attrazione. Mentre con lei- impugnò il mio cellullare- con lei sorridevi senza neppure accorgertene.»
Chinai verso il basso la testa sorridendo.
«È la mia migliore amica»risposi vedendola lasciare l'aggeggio e camminare verso l'uscita.
«Questo dipende da te» furono le ultime sue parole, ed appannò la porta alle sue spalle.
Ci pensai tutta la notte senza chiudere occhio, alle 5.00 di mattina ricevetti un messaggio da Valeria. "Fai una valigia, mettici tutto il necessario. Non ti permetto di tirarti indietro".
Io lo feci davvero.
Cinque ore dopo lei era parcheggiata sotto casa mia. I capelli sciolti ed un sorrisino soddisfatto nel suo pic-up blu lucente che di vecchio ed arrugginito ormai aveva ben poco. Mamma sulla soglia della porta lo fissò affascinata quanto me, poi mi tirò uno spintone.
«Vai, che aspetti?!» ed in un attimo io e la mia valigia fummo catapultate fuori dalla porta. Mollai il masso sul retro ed entrai nell auto che odorava di vaniglia. Sul cruscotto un pinguino di peluche e la piccola statuina della regina Elisabetta la cui manina dondolava salutando. Ridacchiai silenziosa
«Gliela riporto sana!» assicurò Valeria a mia madre ingranando la prima. Mia madre in risposta annui contenta con la testa.
Qualche metro piu avanti lontane dagli occhi di mia madre accostò nuovamente e si voltò verso di me
«Mi devi qualcosa?»
La fissai incuriosita senza capire.
«No?» risposi.
«Oh si», replicó lei attirandomi un un bacio profondo e dolce.
Quando ci dividemmo mi sentii un attimo intontita.
«Ok, però adesso non andare nel panico o ci andremo a schiantare velocemente sul palo di fronte» risi.
«Sento dell'ironia nel tuo tono di voce? Ragazzi, Greta è tornata.»
Partì di nuovo, nessuna destinazione, solo un lungo viaggio, le nostre mani intrecciate sul cambio marce, ed il passato da lasciare alle spalle.
Greta era tornata!

Augurandovi un bel Greta ending vi invito a passare a leggere la meravigliosa raccolta della mia cara amica alex-tennex, e che sia di vostro gradimento.
A presto con l'epilogo di LSB- ad occhi chiusi!

LSB- Ad occhi Chiusi.Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang