2. Una donna sulla strada.

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«Allora, Kaycee, ti muovi o no?»

«U-un attimo!» Kaycee sospirò dopo essersi messa le mani sulla testa. Il suo riflesso la copiò e lei ebbe timore che, da un momento all'altro, anche il corpo dall'altra parte del vetro si comportasse e si muovesse differentemente da come stava facendo lei. Non riusciva a trovare delle spiegazioni plausibili a ciò che in precedenza aveva veduto e che stava ancora vedendo... o forse non ce n'erano e basta.

Che avesse immaginato tutto e stesse diventando pazza? Che quel flash fosse stato solo un dannato incubo? Dopotutto ne aveva fatti molti altri simili. Eppure quell'attimo di ricordo della serata precedente era così vivido, così come il colore dei capelli che aveva toccato e mosso o quegli occhi azzurri che l'avevano guardata malamente...

«Kaycee, Calvin se ne va e ti lascia a casa se non esci subito!» Sentì intanto dire dall'altra parte della casa.

No, non poteva continuare a temporeggiare: tanto, comunque si fosse comportata, sua madre sarebbe entrata lo stesso e l'avrebbe vista. Inoltre avrebbe dovuto muoversi... mica poteva trovare altre scuse per non andare a scuola! Era tornata normale e, se si fosse inventata che aveva la febbre, la maggiore avrebbe comunque scoperto che non era vero. «Mamma, vieni un secondo!» Decise di urlare la figlia di Eveline prima che lei potesse continuare a chiamarla dal corridoio come se si trovasse in un film horror.

Mise un asciugamano sul petto facendo finta di asciugarsi per non far vedere la cicatrice e, non appena quella entrò nel bagno borbottando, l'espressione di Kaycee assunse una maschera di dispiacere. «Ho dimenticato di preparare i vestiti. Potresti per favore prendermi una felpa e un pantalone qualsiasi?»

«Sei pazza? Se resti spogliata un secondo di più ti raffreddi, con questo freddo! Copriti che arrivo.»

La donna in quel momento fu più veloce di quanto sarebbe stato flash se si fosse trovato al suo posto: nemmeno tre secondi e quest'ultima, con la sua folta chioma riccia e mora -Kaycee avrebbe voluto tanto ereditarla da lei-, consegnò i vestiti senza nemmeno guardarla.

Kaycee quindi si vestì in fretta e furia, passò tre strati di mascara sulle ciglia e, pettinatasi i capelli -sempre un con un certo timore-, uscì dal bagno e preparò velocemente lo zaino. Ora che ci pensava, avrebbe potuto domandare a Eveline come e quando fosse tornata a casa la sera prima -magari l'avrebbe aiutata a costruire gli eventi precedenti e a capire il motivo per il quale si fosse fatta quella cicatrice sul petto-, ma non sapeva come dirglielo.

Di sicuro la madre avrebbe pensato di avere una figlia pazza -«Come fai a non ricordarti cosa hai fatto ieri, scusa?»-.

Doveva trovare un modo per farlo senza destare sospetti e capire se effettivamente stesse davvero diventando una psicopatica, ma quale? Non esiste. Scosse la testa e si diresse decisa verso il corridoio: non poteva chiederglielo in quel momento, non davanti a Calvin. Lo avrebbe fatto con calma quando fosse tornata a casa, sì: ora doveva solo andare a scuola e non pensare agli avvenimenti precedenti.

Doveva solo mettere il cervello in stand by per un po' di ore e passare il resto della giornata con i suoi amici, senza avere timore che il suo aspetto avesse potuto cambiare... forse erano delle semplici allucinazioni oppure, nel momento stesso in cui si era guardata allo specchio, era ancora in uno stato di dormiveglia e aveva immaginato ogni cosa.

La cicatrice, beh... quella forse se l'era procurata da sola e non ricordava come. Non c'era nulla di sovrannaturale in tutto ciò, continuava a ripetersi per convincere se stessa mentre salutava Calvin con un abbraccio e un bacio sulla guancia. Quella visione che ho avuto quando ho ucciso un uomo è stata un frammento del sogno che sicuramente avrò fatto questa sera, diceva alla sua mente nello stesso momento in cui congedò anche sua mamma e, sistemato lo zaino sulla schiena e il giubbotto di pelle sulla sua felpa rossa e gigantesca, uscirono entrambi fuori.

Xìtoni- l'albero della disgraziaWhere stories live. Discover now