11. Ìnternet o internèt?

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Dopo aver percorso vari metri io, Tancredi e Kaycee arrivammo a destinazione. Sembrava di esserci trasferiti in un pianeta diverso: era tutto tranquillo, le stelle cominciavano a spuntare pian piano e il giardino su cui vi erano varie abitazioni era pulito, con pochi fiori di cui non si riusciva a capire il colore. O forse non ci ho dato peso, fatto sta che si accesero i lampioni sparsi in tutta la città e riuscimmo a distinguere ciò che avevamo davanti.

A separarci dalla casa di Tancredi e Kaycee vi era un fiume. E non un semplice fiume: più che altro sembrava un piccolo oceano, tanto era grande. O una piscina, forse detto così rende di più. «Come la attraversiamo?» Domandò a quel punto Kaycee.

Era già stanca: voleva solo andare a dormire. La capivo! Pensate me, che ero... no, non posso dirvelo cos'ero. Non ancora, almeno.

Tancredi si voltò verso di lei. «C'è un ponte. Non lo vedi?»

«Dove?- Ah, eccolo.» Sollevata, la Nuova si avviò assieme poco più lontano, alla sua destra, e attraversarono la distesa in legno. «Ti sarà d'aiuto questo fiume.» Diceva intanto il biondo platino, indicando l'acqua che scorreva sotto di loro.

Il suono delle piccole onde provocate dal liquido che si muoveva, assieme alla notte e al silenzio che li accerchiava, rendeva l'atmosfera più viva e rilassante. Alla Xìtone venne voglia di tuffarcisi.

Poi tornò nel mondo reale -se così quello potesse esse si definito-. «Per le prove di domani?»

«Esatto.»

«E... è difficile?»

«Ti ci dovrai solo abituare. Sai nuotare?»

E se avesse dovuto imparare a fare acrobazie o stili che non aveva mai provato? Non ci sarebbe mai riuscita! Infatti Kaycee rispose, in tono intimorito: «Sì, ma non ai livelli dei professionisti.»

«Non importa. Se sai galleggiare sarà tutto molto più semplice.»

«Oh. Perfetto, allora.» Menomale! Però aveva ancora tanta ansia per il giorno successivo.

Rimasero in silenzio per tutto il tragitto che fecero per attraversare il ponte e godemmo della bella atmosfera di quel villaggio; poi, un po' più illuminate dall'interno, riuscimmo a notare un bel gruppo di piccole casette di legno, una di fianco all'altra. La Nuova notò cinque file di dieci case ciascuno.

Però... molto precisi e organizzati, questi Xìtoni.

Osservò tutto con ammirazione, poi si voltò verso Tancredi. «Sono tutte identiche... come facciamo a capire qual è la nostra?»

«Quelle con le finestre illuminate sono tutte abitate, non le spegniamo neanche quando dormiamo per far capire che i Nuovi non devono entrarci. Quelle con le luci spente sono libere... scegli.»

La rosa si staccò da Tancredi e cominciò a girovagare, notando le abitazioni quadrate non molto grandi. Si domandò se sarebbero bastate delle casette così piccole, dato che pareva ci fosse solo una stanza al loro interno, e soprattutto come avrebbero fatto a dormire entrambi là dentro. Se ne andò nel panico: Kaycee era claustrofobica e non sopportava che dovesse vivere, seppur pochi giorni, in un posto così stretto. Nonostante sapesse che erano tutte della stessa larghezza cercò comunque (e disperatamente) una che fosse un po' più grande... ma niente. Gli Xìtoni non avevano sbagliato nel costruirle nemmeno di un millimetro. Si trovava nell'ultima fila quando udì la voce del suo mentore che le urlava: «Guarda che non la trovi la villa col giardino che tanto piace a noi italiani... sono identiche! Quindi muoviti a trovarne una spenta, se no lo faccio io.»

«Aspetta...» La Nuova sbuffò e pensò che doveva essere proprio un idiota, se pensava che non sapesse guardare. Ormai arresa e stanca, passò davanti all'ultima casa della quinta fila, che era spenta, e decise che quello sarebbe stato il luogo perfetto: lontana dagli altri e vicino agli alberi. Come piaceva a lei. La casa accanto era spenta e così la terz'ultima, mentre quella frontale era abitata. Non avrebbero avuto problemi.«Vieni, è l'ultima!»

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⏰ Última atualização: Feb 01, 2022 ⏰

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Xìtoni- l'albero della disgraziaOnde histórias criam vida. Descubra agora