6. Il Nobile Tancredi (Parte 2).

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"Devo fare qualcosa..."

"Non puoi fare niente." Ripetè Tancredi in tono annoiato per la decima volta. Kaycee si stava guardando allo specchio della grande cameretta e stava osservando la sua trasformazione da circa un quarto d'ora: le orecchie erano diventate appuntite come quelle dello Xìtone e gli occhi si stavano colorando di blu. Doveva esserci un modo per bloccare quel ridicolo teatrino! "Non credo che non ci sia alcun modo, Tancredi... tu lo conosci! Per favore..." Urlò guardandolo attraverso il suo riflesso.

"Ascoltami bene, ragazzina." Il biondo platino si alzò dal letto e per la seconda volta Kaycee poté vederlo in tutta la sua grandezza e, diciamolo anche, bellezza. I capelli leggermente mossi gli si erano appiccicati sulla fronte, le braccia enormi e muscolose erano poggiate sui fianchi e gli occhi erano diventati più scuri. Che avesse perso la pazienza? Beh, secondo me sì, ma la nostra ragazza questo non l'aveva ancora capito. Dopotutto non conosceva Tancredi, non sapeva come sarebbe parso uno Xìtone quando si fosse arrabbiato e l'uomo non sembrava di certo il tipo di persona (o essere) che si innervosiva facilmente. Kaycee si voltò verso di lui, stringendo i pugni e guardandolo male. Non aveva di certo paura di colui che le stava rovinando la vita! "Che? Che vuoi?"

"Cos- Ma come osi?" Tuonò quello. Era rimasto sorpreso -insomma, in tanti anni di servizio poche persone avevano avuto il coraggio di trattarlo in un modo così brusco, soprattutto dopo aver saputo che lui era uno degli Xìtoni più importanti del suo pianeta-, quindi si guardò intorno e fece un sorriso nervoso, come per dire "è proprio scema". La rosa intanto lo stava guardando e non sembrava dar segno di sciogliere quell'espressione minacciosa che faceva tanto divertire il Nobile. "Io non ti sopporto adesso e devo farlo per una settimana intera? Ma stiamo scherzando? Per Axìus..."

"Axìus?" Gli fece eco Kaycee.

Tancredi sbuffò e si buttò sul letto, stendendosi completamente e facendo segno alla ragazza di mettersi di fianco a lui. La mano ora era finita sulla sua faccia, come se avesse lavorato per una giornata intera e fosse tornato a casa solo in quel momento -in realtà aveva solo osservato Kaye per tutto il tempo e aveva trovato dei diversivi per non far vedere ai genitori che la loro bambina, a pranzo, era riuscita a fermare l'acqua; aveva spostato il tovagliolo e nascosto la posata del padre finché lei non si fosse sbrigata a mettere tutto a posto e poi le aveva parlato nei suoi sogni- e forse sì, per un semi-Dio che è abituato a giocare a carte con Quesdior tutto il giorno e a comandare a destra e manca tutti i suoi sudditi, un lavoro del genere con una ragazza del genere è molto stressante. "È il Dio dell'Aria, il mio padre adottivo."

"T-tuo padre è un Dio? E... esiste un Dio dell'aria?" Kaycee non sapeva se essere a un tratto interessata e curiosa o se volesse solo torturare il suo padrone finché non le avesse detto come tornare alla vita che aveva sempre avuto. Dovette combattere con sé stessa per un mucchio di tempo prima di arrivare ad ascoltare le sue parole senza finire il litigio con l'altra lei, perché ciò che stava spiegando Tancredi era davvero interessante -beh, sarebbe stato più bello se lo avesse letto in un libro e non fosse lei la protagonista- e l'aveva rapita.

"Se mi fai parlare, magari potrò spiegarti tutto. E smettila di rimanere in piedi e di guardarmi così, per l'amor degli Axidàri!"

Ma che lingua sta parlando, questo qui?, pensò la ragazza mentre eseguiva esitante i suoi ordini. Quando Tancredi la vide così vicino spalancò gli occhi, pensando: mi ha davvero ascoltato senza fare storie? Quanti progressi!

E io mi divertivo a leggere i loro pensieri e a vederli comportarsi in quel modo strambo e bello allo stesso tempo.

"Beh, allora?"

Xìtoni- l'albero della disgraziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora