8. Il viale dei sogni.

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Sempia.

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Erano passati un po' di minuti da quando Kaycee e Tancredi avevano iniziato a camminare sotto il cielo rosa pastello; entrambi avevano cessato di parlare ma Kaycee, nonostante si convincesse di non porre altre domande per paura di conoscere le risposte, aveva voglia di dire un sacco di cose. Tancredi invece camminava in modo molto tranquillo, le mani posizionate dietro la testa e l'aria soddisfatta di chi era certo di avere una persona nelle proprie mani e poterla trattare come più gli piaceva: in quel momento era lui ad "avere il potere".

Il problema era solo uno: Kaycee poteva sembrare buona, allegra, positiva e calma ma quando qualcosa non le andava bene, qualcuno la trattava male od osava metterle i piedi in testa, diventava un'altra persona: era indipendente e non permetteva a nessuno di comandarla; aveva il suo punto di vista e faceva sempre ciò che voleva. In questo aveva preso da sua madre; al contrario, il papà si adeguava e se non gli andava giù qualcosa cercava di parlarne con calma, in modo trovare una soluzione che andasse bene per tutti. Kaycee non era così. Lei non riusciva a mantenere la tranquillità in situazioni del genere... soprattutto se erano così assurde!

Ancora non si capacitava di essere davvero lì, il tutto le sembrava affascinante e brutale al tempo stesso: affascinante perché aveva sempre sognato di vivere in un mondo diverso, magico e nuovo; brutale perché sapeva che senza la sua famiglia e i suoi amici sarebbe impazzita e, se non c'erano loro, allora non voleva esserci nemmeno lei. Chissà cosa avrebbe detto Calvin di tutto ciò, o Arthur, che credeva negli alieni e amava come loro la magia! Avrebbe dato un braccio per poterci parlare anche un solo secondo! Se avesse fatto in tempo ad avvisare Calvin di tutto ciò che stava succedendo avrebbe trovato assieme agli altri un modo per andare a prenderla, nel caso non fosse riuscita a raggiungere l'Albero Della Disgrazia. Oppure no. Come avrebbero fatto a viaggiare su due pianeti diversi? Forse era un bene che non sapessero niente... se fossero finiti nei guai per colpa sua non se lo sarebbe mai perdonato e poi con la sosia -era dura ammetterlo, per la ragazza- sarebbero stati tranquilli e non preoccupati, sapendo che la vera Kaycee era in un altro pianeta e chissà se sarebbe tornata sulla terra.

Basta pensarci, si disse a un certo punto, prima che gli occhi diventassero lucidi, certo che riuscirò a raggiungere l'Albero Della Disgrazia: tornerò a casa e rivedrò tutti.

Smise di parlare da sola quando il suo mentore si voltò verso di lei con un'aria interrogativa, meravigliato del fatto che fosse così silenziosa. Quasi Kaycee non lo ringraziò per averla destata da tutto: ora che la stava guardando negli occhi doveva zittire anche la sua testa e non avrebbe più avuto modo di pensare al suo mondo e a deprimersi. «Passa avanti a me, Nuova: non voglio averti sulla coscienza nel caso tu scappi e ti perda.»

La ragazza sbuffò ed eseguì i suoi ordini in silenzio, facendo spalancare gli occhi dell'Axidàre: che i Nobili avessero compiuto un miracolo? Nemmeno il tempo di pensarlo che la ragazza si mise vicino a lui e, riflettendo sul fatto che dovesse sapere tutto di Xitònio, almeno fino a quando ci fosse rimasta, cominciò a parlare e Tancredi si disse che la prossima volta non avrebbe dovuto cantare subito vittoria. Prima di tutto volle sapere dove stessero andando e glielo chiese.

«Ti faccio conoscere Sempia. Guardati attorno, Nuova, al posto di stare con la testa abbassata: vedi lo spettacolo che è la nostra città.»

Quando Kaycee alzò il capo, eseguendo gli ordini di Tancredi che una cosa buona l'aveva detta, quasi non restò meravigliata e si domandò come avesse fatto a non accorgersi di alloggiare in un posto meraviglioso: tutta la città era un immenso prato verde -aveva l'aria di essere molto più morbido e pulito rispetto a quelli sulla Terra-, il quale era interrotto solo dalle strade di pietra liscia che portavano a varie strutture. Di fronte a loro, poco più lontano, vi era un cancello e dei rami intrecciati di un marrone molto scuro che circondavano quello che doveva essere un parco; ogni tanto sul prato si susseguivano piccoli laghi, qualche pozzo e fiori che sembravano fatti di luce. Alla sua destra il susseguirsi di due file di alberi, una di fronte all'altra, con le chiome rosa o verdi innalzate verso l'alto fino a scontrarsi le punte a vicenda, facendo filtrare dai rami una luce un po' più flebile; attorno avevano luci gialle che a Kaycee ricordarono le decorazioni che metteva a natale sui muri della sua stanza. Vicino ad alcuni si presentavano anche delle panchine, o almeno così sembravano da lontano, e aveva l'aria di essere un posto molto romantico... solo che non riuscì a vedere più di tanto perché era molto distante da loro. «Tancredi.» Lo chiamò curiosa Kaycee, bloccandolo per la veste perché stava per procedere. «Cos'è quello?» e indicò ciò che l'aveva colpita.

Xìtoni- l'albero della disgraziaWhere stories live. Discover now